Nel mondo ci sono decine di milioni di sordi; decine di migliaia sono solo in Italia, e solo il tre per cento di loro si laurea, contro il 25 generale. Nessuno però aveva mai pensato a come migliorare le loro possibilità di studio, per esempio nel seguire una lezione universitaria. L'idea è venuta a Pedius, una ex startup e oggi oggi piccola azienda grazie a risorse che garantiscono «un orizzonte di sostenibilità più ampio», come racconta il fondatore Lorenzo Di Ciaccio. Pedius ha creato uno strumento utilizzabile dalle persone sorde mentre assistono a una lezione universitaria. Studenti che possono fare estrema fatica, avendo deficit di udito, a seguire le parole del docente.
Un problema accentuato dalla pandemia e dai collegamenti da remoto che ne sono scaturiti. Così nel 2022 sono stati lanciati quindici dispositivi speciali per l'università La Sapienza di Roma: «La nostra app è inserita su tablet che sono collegati al microfono dei professori; mentre questi parlano, genera sottotitoli in tempo reale», spiega alla Repubblica degli Stagisti Di Ciaccio, ingegnere ex consulente informatico e volontario della Caritas diventato poi imprenditore sociale.
Il progetto è nato grazie a un bando pubblico: «Il Servizio disabili dell'ateneo ha individuato noi come interlocutori per fornire un sostegno agli studenti sordi». È partita poi una gara pubblica «attraverso cui è stata acquistata la licenza del software da parte dell'università». In questo modo gli studenti «possono usufruire del servizio in modo gratuito». La collaborazione con La Sapienza è iniziata l'anno scorso «e il modello in futuro sarà implementato». L'obiettivo, prosegue il fondatore, «è creare una sorta di realtà aumentata che evidenzi i punti più importanti delle lezioni», semplificando dunque l'attività di prendere appunti. Un metodo «non solo per disabili» ma valido per tutti, dato che per accedervi basta l'acquisto della licenza software. Il sistema è sbarcato già anche all'estero, «all'università di Hong Kong e di Hannover in Germania». Mentre l'attività di Pedius, che conta 40mila utenti sparsi in 14 paesi del mondo, prosegue anche nel suo filone principale, quello della comunicazione telefonica per persone sorde.
L'ispirazione per far telefonare le persone sorde era nata in Lorenzo Di Ciaccio nel 2012 dopo aver visto in tv «la storia di un ragazzo sordo, Gabriele, che aveva avuto un incidente automobilistico a Roma e non era riuscito a contattare l'ambulanza». Una vicenda che, racconta lui, «che mi è sembrata assurda, con tutta la tecnologia che avevamo!». Di lì l'idea un'applicazione per consentire ai sordi di chiamare via telefono, e poi la messa a punto nel 2013 di Pedius che funziona «come Whatsapp, ma invece di inviare un messaggio fa partire una chiamata». In realtà «le persone sorde con una giusta logopedia possono parlare, quindi possono decidere con Pedius di scrivere o anche di parlare al telefono, oppure di utilizzare una voce artificiale, e dall'altra parte la persona farà lo stesso, o scrivere o parlare, e quindi vedere il suo messaggio trascritto».
Il problema che si poneva all'inizio era però come rendere sostenibile il progetto. L'obiettivo di Di Ciaccio era «realizzare quello che mi piaceva fare con il volontariato... ma dovevo anche portare a casa la pagnotta!». I primi due anni dopo l'avvio della startup, ammette, «siamo stati senza stipendio perché tutto quello che avevo era stato investito per lanciare l'azienda e i primi stipendi sono stati per i collaboratori». La questione era anche l'importo da chiedere ai clienti, in questo caso portatori di disabilità. «Non volevamo che il servizio fosse percepito come un'elemosina, al contrario: la decisione era di trattare gli utenti come clienti a tutti gli effetti».
Il servizio prevede infatti venti minuti al mese di chiamate gratuite, per il resto si paga come se fosse un abbonamento telefonico. «Il prezzo è basato sul mercato: la nostra visione, anche se impopolare, era quella di creare vera uguaglianza, e quindi applicare prezzi di mercato».
Le aziende hanno iniziato a mostrare interesse – prima Enel, poi anche Banca d'Italia e Acea. Pedius aiuta le imprese a rendere più accessibili i propri servizi di assistenza clienti, come i call center nei casi di problematiche da risolvere, e in più abilita servizi specifici per l'inclusione dei dipendenti aziendali affetti da sordità.
Il momento decisivo è stato però, racconta l'imprenditore, all'inizio, «quando lavoravamo con un modello beta e una comunità di cento persone sorde. Una di loro si chiamava Monica, «aspettava un bambino, si è sentita male e grazie a quella versione iniziale di Pedius è riuscita a chiamare il suo medico». Tutto è finito bene, «lei ci ha scritto una mail bellissima, che abbiamo stampato in ufficio, per ringraziarci. Per noi è stato come ricevere il primo stipendio».
Nell'ambito dell'imprenditoria sociale la tecnologia, dice Di Ciaccio, «non viene mai usata per scopi unicamente commerciali» e il traguardo primario non è il profitto bensì «massimizzare l'impatto». Non a caso Pedius, che ha la sede principale a Roma, ha appena aperto una sede operativa a Hong Kong. «Un terzo della popolazione sorda del mondo vive in Cina, eppure non ci sono tanti strumenti per i sordi come per esempio negli Stati Uniti». Investendo negli States i vantaggi sarebbero stati maggiori, ma se si va nella direzione dell'impresa sociale «si deve essere sostenibili e al contempo rifiutare compromessi in conflitto con i principi che si portano avanti». Non guardare insomma solo ai possibili guadagni, bensì al beneficio della collettività: in questo caso, quella cinese.
Ilaria Mariotti
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