Tirocini in Piemonte, com’è cambiata la situazione dopo la pandemia

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 20 Nov 2023 in Notizie

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Più della metà dei giovani neodiplomati e qualificati riesce a trovare un’occupazione dopo uno stage extracurriculare in Piemonte: è una delle evidenze presenti nel report della Regione e dell’Agenzia Piemonte Lavoro. Nel periodo tra il 2018 e il 2022 il Piemonte si è distinto in positivo anche per i tirocini per l’inclusione sociale, con la stessa percentuale di soggetti che riesce ad avere un reddito al termine del programma. C’è però anche un aspetto negativo e riguarda i più istruiti: è aumentato di un terzo il numero di dottori di ricerca che a fine stage rimane a casa senza lavoro.

Questi dati vanno confrontati con quello che accade su scala nazionale e internazionale. Per esempio, riguardo allo sbocco occupazionale il Piemonte con i suoi sei giovani su dieci inseriti nel mondo del lavoro a stage terminato è in linea con quanto succede in Europa dove, secondo l’ultima indagine Eurobarometro, il rapporto è simile visto che sono sette su dieci a trovare un lavoro a fine tirocinio.

Se, però, si confrontano i dati con quelli nazionali si scopre che il Piemonte addirittura raddoppia gli esiti occupazionali. Prendendo in esame il biennio 2019 – 2020, infatti, otto tirocinanti su dieci a un anno dal termine dello stage hanno avuto un rapporto di lavoro, pari appunto al doppio di quello che avviene a livello nazionale, secondo il Rapporto per le comunicazioni obbligatorie 2020.

«Questo dato si connette sicuramente alla situazione economica piemontese in ripresa, da un lato, e all’utilizzo in molti casi improprio dello strumento del tirocinio, che è servito nella coda della pandemia ad inserire giovani nelle aziende, necessari per il passaggio generazionale» commenta Anna Maria Poggio della Cgil Piemonte, alla Repubblica degli Stagisti, che però sottolinea anche come «specie nelle piccole e medie aziende, anche artigiane, il tirocinio, che come è noto non è un vero rapporto di lavoro, spesso è utilizzato per non pagare giovani dipendenti in “prova”». In aggiunta, per l’anno in corso, tra guerra, inflazione e rincari energetici, continua a spiegare la sindacalista, le aziende sono state fortemente scoraggiate dall’investire nella manodopera futura; e il forte aumento dei tirocini extracurriculari registrato nella regione durante gli anni del Covid fino al 2022 è controbilanciato da una notevole flessione in atto proprio ora.

Se invece si guardano i risultati dei tirocini per l’inclusione sociale, più della metà dei tirocinanti del Piemonte riesce ad avere un reddito al termine del programma e anche se a prima vista sembra un traguardo esiguo, in realtà è il triplo di quello che succede su scala nazionale. La percentuale di attivazioni è comunque bassissima, intorno al cinque per cento negli ultimi cinque anni, questo perché si tratta di «tirocini molto difficili», spiega Poggio: «Sia le aziende pubbliche sia le private spesso preferiscono pagare le sanzioni sul collocamento obbligatorio piuttosto che intraprendere percorsi che poco si coniugano con i concetti di efficienza e iper produttività, oltre che rischiare situazioni difficili da gestire all’interno del proprio personale». Per questo motivo «probabilmente sarebbe necessaria una specifica formazione verso il personale dipendente, dirigente e l’azienda stessa per gestire processi di vera inclusione sociale nei luoghi di lavoro» suggerisce la sindacalista: «In Piemonte, ad esempio, la sperimentazione ha prodotto risultati positivi solo nella cooperazione di tipo B, [ndr. le cooperative sociali che si occupano della gestione di attività finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate nei settori dell’industria, commercio, servizi e agricoltura] dove è più facile attuare veri percorsi di inclusione di soggetti svantaggiati».

E poi c’è il dato relativo ai dottori di ricerca: in questo caso i risultati per il Piemonte sono negativi. Nel 2019, infatti, è aumentato di un terzo il numero di neodottorati che a fine stage rimaneva a casa senza lavoro, quando invece in Italia, secondo i dati Almalaurea, quell’anno in pratica tutti i neodottorati trovavano un’occupazione (ben nove su dieci).

Il report va ad aggiornare una precedente analisi in cui era rimasto fuori proprio il periodo pandemico, maggiormente colpito dal punto di vista occupazionale. Nei cinque anni tra il 2018 e il 2022 in Piemonte sono stati attivati più di 149mila tirocini extracurriculari: l’analisi si sofferma su quelli che sono stati non solo attivati ma anche conclusi in questo arco di tempo, ovvero circa 120mila. L’obiettivo è «valutare, per ogni tirocinio conclusosi nell’anno di riferimento, la sussistenza di un rapporto di lavoro nel periodo successivo di dodici mesi dalla conclusione dello stesso».

In realtà per “rapporto di lavoro successivo” sono considerati anche i lavori socialmente utili, i Cantieri di lavoro e gli ulteriori tirocini. In quest’ultimo caso, che è bene ricordare non è un vero contratto di lavoro, si cerca di capire se è stato attivato nella stessa azienda ospitante e quali possano essere le variabili che hanno influito su questo esito. Se due stage su dieci non sono seguiti da alcuna contrattualizzazione, per la restante parte c’è un rapporto praticamente identico tra un contratto nella stessa azienda del tirocinio e in un’altra ditta. La possibilità di avere un lavoro successivo è maggiore se lo stage giunge alla sua naturale scadenza.

L’analisi risulta, però, in parte incompleta. Se lo scopo degli stage extracurriculari è quello di inserire in un contesto occupazionale lo stagista e questi, alla fine, si trova a cominciare un nuovo tirocinio o a partecipare a una misura come i Cantieri di lavoro, una misura della durata massima di 260 giorni e comunque dedicata solo agli over 45, è evidente che l’obiettivo primario non ha avuto successo.

Il settore che attrae il maggior numero di stagisti è quello dei servizi, in cui nel quinquennio ci sono più di 11mila tirocini attivati all’anno, con una perdita di circa 4mila unità nel 2020, causa pandemia Covid. Seguono commercio, con commessi, baristi e camerieri, e industria. Se si analizza, invece, il grande gruppo professionale di inserimento, sono richiesti più stagisti nei settori esecutivi nel lavoro di ufficio e in quelli qualificati nelle attività commerciali e nei servizi, a cui seguono artigiani e operai specializzati e le professioni tecniche. Fanalino di coda le professioni non qualificate, in cui in cinque anni c’è stato un forte calo di nuove attivazioni.

Altro dato interessante è quello relativo al grado di istruzione dei tirocinanti: le più “stagizzabili” sono le persone con diploma di istruzione secondaria superiore, seguite da chi ha una licenza media e solo dopo da chi ha un titolo universitario. Il dato è stabile nei cinque anni in esame. Così come quello dell’età: la categoria fino ai 29 anni è quella con più tirocinanti, probabilmente anche grazie, sottolinea il rapporto, a misure specifiche come la Garanzia Giovani, che era rivolta appunto a soggetti tra i 15 e i 29 anni.

Il report analizza anche qual è il tipo di contratto firmato al termine dello stage: solo per metà è di lungo periodo. «L’inserimento dei tirocinanti in Piemonte e poi la conferma spesso avvengono in apprendistato o con contratti a tempo determinato, molto meno a tempo indeterminato» conferma Anna Maria Poggio della Cgil Piemonte. Più è alto il livello di istruzione più possibilità ci sono di trovare un lavoro a fine tirocinio: per i soggetti svantaggiati o i disabili ci sono molte meno chance.

C’è poi, in conclusione, un’analisi nel tempo sui tirocinanti coinvolti che mira a verificare la situazione occupazionale a sei e a 12 mesi. Nelle quattro annualità considerate (la quinta, il 2022, non può essere considerata in questo caso) il risultato è sempre positivo per i tirocinanti che hanno concluso l’esperienza in quel determinato anno. Con un dato in crescita nel lungo periodo.

Per quanto il report cerchi di analizzare la situazione lavorativa di tutti gli stagisti in Piemonte dal 2018 al 2022, in realtà non riesce a prendere in esame tutti i dati significativi dello scorso anno, il 2022 appunto, che avrebbero aiutato a capire meglio la ripresa eventuale post pandemia; non è quindi possibile un’analisi puntuale degli effettivi benefici dei tirocini nell’inserimento occupazionale post pandemia. Bisognerà aspettare, quindi, l’eventuale nuovo aggiornamento per verificare se alcuni trend emersi, come il non sempre effettivo inserimento per chi ha concluso un tirocinio di inclusione sociale e la difficoltà maggiore per i neo dottorati di trovare un’occupazione stabile, siano confermati anche dall’analisi degli esiti dei tirocini attivati nel 2022.

Marianna Lepore

Foto di apertura di Annie Spratt da Unsplash

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