Ieri i giovani sono scesi in piazza contro l'alternanza scuola lavoro. Uno sciopero indetto dalle sigle di rappresentanza degli studenti delle scuole superiori e sostenuto da molte altre realtà. Il messaggio: non vogliono essere sfruttati. A una come me, che da quasi un decennio si batte per i diritti degli stagisti e contro lo sfruttamento, viene da piangere.
Ma ragazzi, che state dicendo?
Dite che non è giusto che facciate esperienze di lavoro, che alla vostra età dovreste solo studiare sui libri. Da anni però è ormai assodato che uno dei motivi per cui in Italia la disoccupazione giovanile è così alta è che non c'è un buon dialogo e coordinamento tra sistema scolastico e mondo del lavoro. Ci sono dati statistici incontrovertibili che dimostrano che in tutti i Paesi dove l'alternanza scuola-lavoro viene realizzata, come Svizzera Austria e Germania, il tasso di disoccupazione giovanile è bassissimo. Noi abbiamo quasi il 40%, uno dei tassi più alti d'Europa. Vogliamo farci qualcosa o ce lo teniamo così?
Dite che non volete svolgere mansioni semplici, umili, di fatica come servire hamburger. Eppure vi è un enorme valore formativo, a 17 anni, a imparare come si sta in un negozio. Come si serve un cliente. Come ci si rapporta con il proprio superiore, come si arriva puntuali e in ordine, come si sta sul posto di lavoro. Sì, anche per chi fa il liceo, anche per chi pensa che il cameriere non lo farà mai nella vita (e poi, chi lo sa?), un'esperienza di qualche settimana a fare un mestiere non di concetto è più che utile. È prezioso.
Dite che 200 ore sono tante. Ma 200 ore sono 25 giorni. 25 giorni da diluire nell'arco di 3 anni. E quanti ce ne vogliono prima che ciascuno di voi, che nella maggior parte dei casi non ha mai messo giustamente piede prima in un luogo di lavoro, anche solo capisca dov'è e come si deve muovere? Pensate davvero che un'azienda possa usarvi per sostituire i suoi dipendenti? No. I 17enni in alternanza scuola-lavoro non sono appetibili a questi fini. Altri lo sono, e io mi batto tutti i giorni da molti anni per fermare lo sfruttamento. Ma proprio perché mi batto contro lo sfruttamento, so riconoscere lo sfruttamento. E no, fare 3 settimane in alternanza in un ristorante o un'officina meccanica o un ufficio comunale non è sfruttamento.
Ancora sulla durata: per gli istituti tecnici e professionali le ore sono 400. Di nuovo, si tratta di 50 giorni. Da diluire in tre anni. Di cosa stiamo parlando?
C'è tanta confusione, a partire dalla terminologia. Ho letto articoli di giornale ridicoli, che mischiavano le vostre esperienze in alternanza scuola-lavoro con i tirocini curriculari degli studenti universitari. Una confusione inaudita e pericolosissima. Forse li avete letti anche voi, forse hanno confuso anche voi. La verità è che i vostri percorsi non andrebbero chiamati stage, perché sono una cosa diversa. Perchè VOI siete diversi. Siete studenti, siete nella stragrande maggioranza dei casi ancora minorenni o neomaggiorenni, e i vostri percorsi formativi durano pochissimo, quasi sempre meno di un mese. Per questo ho già lanciato mesi fa alla ministra Fedeli la proposta di trovare una denominazione ad hoc per queste esperienze, per esempio "work experience", eliminando completamente la dicitura "tirocini" che può trarre in inganno, ed elaborando un quadro normativo ad hoc.
Certo, ci sono stati brutti casi. E' vero. Ad alcuni di voi è capitato di essere messi a fare cose completamente slegate dal progetto formativo che vi era stato prospettato. Aziende sconsiderate, che non avevano capito nulla di cosa volesse dire ospitare uno studente in alternanza scuola-lavoro. Queste storture vanno denunciate. Ma bisogna anche avere la pazienza necessaria a che la cultura dell'alternanza scuola-lavoro prenda piede anche in Italia. E sopratutto non bisogna buttare il bambino con l'acqua sporca.
L'alternanza scuola-lavoro è preziosa per il vostro futuro. Non per il mio. Non per quello dei vostri genitori, o dei vostri insegnanti, o del ministero dell'istruzione o del governo. Per il vostro futuro. Per darvi le basi per essere cittadini più consapevoli, lavoratori più consapevoli.
La cosa migliore sarebbe offrire agli studenti, all'interno dell'alternanza, percorsi di work experience in linea con gli studi. Mandare gli studenti di liceo classico in uno studio legale, in un museo, in un'agenzia di comunicazione. Mandare quelli dello scientifico in uno studio di architettura, o presso l'ufficio di un ragioniere, o in una società informatica.
Mi seguite? State annuendo? Attenzione però. Perché questo vuol dire anche mandare i ragazzi dell'alberghiero in un albergo, o un ristorante. Vuol dire mandare quelli dell'Itis in un'autofficina.
Però – anzi, perciò – questa coerenza rischia anche di diventare una gabbia. E sopratutto, ci vuole tempo per trovare le aziende disponibili a ospitarvi, ragazzi. Non tutte vi vogliono. È molto impegnativo accogliervi, se vi si vuole accogliere bene. Ecco perché a volte il sistema del "match" salta, e le scuole vi mandano dove possono, presso le aziende che hanno dato la disponibilità a ospitare studenti in alternanza, senza fare particolare caso alla coerenza del settore di attività di quelle aziende con i vostri percorsi formativi.
Allora c'è da gridare allo scandalo, se si viene assegnati a un fast food? La domanda vera è: si può diventare più consapevoli di come funziona il mondo servendo per qualche giorno hamburger? Certamente no, se si hanno 25 anni, magari un titolo di studio, e si ambisce a trovare un lavoro e a mantenersi. Altrettanto certamente sì, però, se si hanno 17 anni, e quell'esperienza è solo un modo per "assaggiare", per pochi giorni, il mondo del lavoro dopo aver tanto studiato sui libri, e con la prospettiva di tornare subito dopo a quei libri.
E allora una domanda ve la faccio io, ragazzi che siete scesi in piazza a protestare. Voi che considerate umiliante e inappropriato passare due o tre settimane a servire hamburger o a disporre scatolette nello scaffale di un supermercato, e che sicuramente sapete che tutti i mestieri sono degni, siete consapevoli che centinaia di migliaia di persone fanno questo per vivere, tutti i giorni? Si alzano la mattina e svolgono esattamente quelle mansioni, per otto ore al giorno, per portare a casa lo stipendio con cui poi pagano i libri per mandare i loro figli – alcuni dei quali siete proprio voi, sì – a scuola.
Non fate, vi prego, l’errore di denigrare questi mestieri. Di giudicarli privi di contenuto formativo. Non pensate che non vi sia formazione nell'imparare come si dispone la merce su uno scaffale, come si risponde alla lamentela di un cliente, come si rispetta la consegna di un compito assegnato dal capo, come si imparano le fasi della preparazione di un prodotto. Non sono mestieri degni solo quelli in cui non ci si sporcano le mani.
Un periodo "on the job" in un supermercato è un'esperienza preziosa anche per chi nella vita punta a diventare un(a) supermanager, o un(a) grande avvocato-a, o presidente(ssa) del consiglio. Imparare, scoprire con umiltà come funziona il mondo del lavoro, anche partendo dai mestieri più semplici, consente di capire meglio il mondo.
E anche se così non fosse, un'esperienza del genere comunque almeno un risvolto positivo ce l'ha di sicuro: stimola a rispettare le persone che lavorano, che ci servono al tavolo quando siamo al ristorante, che ci mostrano le magliette nei negozi, che ci accolgono nei posti dove noi siamo i clienti e loro gli inservienti. È un bel bagno di realtà. Magari non proprio piacevole, ma educativo.
Lo so che è una posizione scomoda, la mia. Lo so che sarebbe più facile per me dirvi quello che vi dicono tanti altri, sobillarvi, dirvi “fate bene a protestare! Che vergogna! Uno studente non dovrebbe essere usato per queste mansioni degradanti!”. Ma se c’è una cosa che ho preferito fin qui sopra ogni altra, nel mio lavoro, è l’onestà intellettuale. E se voglio essere onesta con voi, devo dirvi che tutto questo livore verso l’alternanza scuola-lavoro non ha ragione di esistere. Che nessuno vi sta sfruttando. Che state avendo delle opportunità – più o meno ben organizzate, più o meno ben strutturate – di “assaggiare” il mondo del lavoro. Chi dice che queste opportunità non sono importanti, che sono umilianti, usa parole forti, fa la voce grossa e ottiene i titoli di giornale. Io invece voglio parlare alla vostra testa, non alla vostra pancia.
Penso, ragazzi, che avreste molte cose per cui protestare. I fondi per il diritto allo studio che sono stati troppo scarsi per troppo tempo; adesso sono aumentati, finalmente, ma la verità è che non sono mai abbastanza. Il sistema didattico vetusto. Le dotazioni tecnologiche ridicole nelle scuole. La mancanza di un sistema di orientamento serio, che vi aiuti a scegliere al meglio cosa fare dopo le superiori.
Avreste tante cose per cui battagliare. Non sbagliate bersaglio.
Eleonora Voltolina
Community