Roma e innovazione, accoppiata inconsueta per la Città Eterna, eppure «questa città sa essere altro dalla solita narrazione su turismo e buon clima, suoi asset più tradizionali» afferma Barbara Marcotulli di Innova Camera, azienda della Camera di Commercio di Roma per l'innovazione. Lo scenario è la conferenza di apertura della settima edizione di Maker Faire, fiera sulla creatività e le nuove tecnologie che apre i battenti questo fine settimana lasciando presagire un'affluenza da record se i numeri dello scorso anno verranno confermati: 105mila presenze registrate nel 2018, tanto da trasformarla nel principale evento al di fuori degli Stati Uniti dove la community delle Maker Faire ha visto la luce.
E proprio a Roma ha sede per esempio Translated, startup dedicata alle traduzioni fondata da Marco Trombetti, che oggi ha tra i propri clienti anche Google e Amazon. Funziona perché, spiega Trombetti, «tradurre costa meno che generare contenuto, anche se il mondo si sta allenando per produrre macchine che lo creino». Tanto che «non so bene su quale dei due aspetti lavorare, e questo dilemma si applica a diversi campi dell'industria». Il difficile per un 'maker' è infatti stare al passo con un mondo in continua e rapidissima evoluzione come quello dell'intelligenza artificiale. E permanere sul mercato con le proprie – a volte rivoluzionarie - idee.
Già agli inizi del movimento culturale dei makers, nato nel 2005 su iniziativa della rivista dedicata all'hi-tech Make fondata da Dale Dougherty nella Bay Area di San Francisco, era chiaro come «la combinazione tra ingegno e tecnologie quali Arduino e stampanti 3D», come si legge sul sito della rivista, «abbia portato l'innovazione verso la manifattura, l'ingegneria, l'industria del design e l'istruzione». Un gruppo di inventori insomma, che non si ferma al proprio genio, ma che da freak (o più correttamente geek) comincia a diventare imprenditore e a lanciare start up. E infatti alla Maker Faire, organizzata dalla Camera di Commercio di Roma, «business, education e consumer si mescolano e creano una magica alchimia: si impara, ci si diverte e si fanno affari».
Il senso più profondo di Maker Faire è «far incontrare le persone di tutte le nazionalità e scambiarsi idee» spiega dal palco della convention di lancio del mega evento nel distretto 'culturale' romano, di fronte al museo Maxxi, il cofondatore Massimo Banzi. A Maker Faire si possono vedere «esempi positivi di persone che poi da lì fanno nascere carriere». Un modello che punta a ispirare, perché quello a cui si ambisce «è per esempio che una bambina visiti la fiera e tornando a casa dica di voler diventare una scienziata, e magari trovare la cura per il cancro».
Cambiare il mondo in meglio, insomma, ma anche monetizzare le proprie idee. Gli esempi non mancano. Uno su tutti quello di Niccolò Gallarati, 37enne fondadore di GaraGeeks insieme al socio Davide Viganò. La Repubblica degli Stagisti lo intervistò nel lontano 2015, agli albori: oggi la startup è ben posizionata sul mercato, con il primo prodotto, una ricarica per cellulare alimentata a energia solare. Anche loro sono passati per Maker Faire: «Conoscevo la manifestazione dalla stampa statunitense» racconta Gallarati: «Visitai l'edizione del 2014 e ne rimasi folgorato: finalmente la cultura dei makers celebrata anche in Italia». Così inviarono «in extremis il nostro neonato progetto, ancora allo stadio prototipale, e fummo selezionati per il nostro stand». Fu «una sfida anche a livello logistico: trasportavamo da Varese a Roma due stazioni di ricarica a energia solare alte tre metri e pesanti cento kg l'una».
I frutti non si vedono sul momento, «ma il feedback avuto da centinaia di visitatori ci ha permesso di rifinire quello che allora era un prototipo, in un prodotto oggi installato in 20 città italiane». Il che «non si è tradotto in vendite, ma ci ha aiutato a ottenere articoli sulla stampa, indispensabili per far conoscere una nuova idea». E poi c'è tutto il discorso del fare network: «Ho conosciuto persone geniali come Alessandro Ranellucci (informatico oggi nel team del governo per la Trasformazione digitale, ndr) e Cory Doctorow (autore e attivista per il Creative Commons, ndr), ma anche stretto importanti amicizie. Questo è probabilmente il più grande risultato».
Tante altre, alla conferenza, le storie di innovatori di successo. Tra gli speaker Sara Krugman, designer e consulente in ambito sanitario, la cui professione è nata da un problema di salute, il diabete, contro cui combatte da bambina. E ancora Brenda Mboya, esperta di robotica impegnata in un’iniziativa per consentire ai bambini africani di approcciarsi all’intelligenza artificiale. E poi Antonio Bicchi, professore di Robotica dell'università di Pisa, e Alejandro Miguel San Martìn, ingegnere della Nasa.
Fino a domenica 20 ottobre la fiera di Roma ospiterà gli stand dei 600 progetti selezionati, oltre a workshop, seminari, laboratori. «Preparatevi a un pubblico eterogeneo: molti curiosi con tante domande, tra i quali però potrebbe nascondersi un imprenditore o un potenziale cliente con cui potrebbe nascere un seguito» avverte il fondatore di GaraGeeks. Il consiglio è di «tenere traccia di tutti i contatti interessanti con i quali scambiare i biglietti da visita, per poi fare il follow-up a fiera terminata». Con un occhio sempre vigile ai social, per cui «traete vantaggio delle persone che si fermeranno per strappare un like alla vostra pagina Facebook: i social rimangono un economico mezzo di comunicazione per mantenere un contatto».
L'importante è in fin dei conti tenere allenata la curiosità: questo il messaggio di Luca Parmitano che dalla Stazione spaziale internazionale ha salutato la platea della conferenza. «Io imparo ogni giorno cose nuove con esperimenti scientifici per comprendere meglio il nostro ambiente e noi stessi». Non bisogna «mai smettere di fare domande, che sono più importanti delle risposte» ha ricordato, perché «il compito di noi adulti è proprio di educare i giovani alla scoperta».
Ilaria Mariotti
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