Rossella Nocca
Scritto il 13 Ott 2020 in Notizie
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L'università è ricominciata e il temuto crollo delle nuove iscrizioni nell'anno del Covid-19 non c'è stato, anzi. A giudicare dai dati provvisori, si sta registrando una crescita di immatricolazioni.
Dopo il semestre di didattica a distanza e sedute di laurea da remoto, in quasi tutte le università italiane in queste settimane si sta intanto avviando una nuova esperienza: il sistema misto, in cui convivono didattica in presenza e a distanza. Se infatti le lezioni negli atenei sono riprese in sede, le disposizioni anti Covid-19 consentono di accogliere solo circa il 50 per cento degli studenti in aula. Le università si sono quindi attrezzate con applicazioni e piattaforme di prenotazione online. Una volta esaurito il numero di posti, viene proposta allo studente la lezione online, da seguire in contemporanea da casa. Per garantire a tutti la possibilità di seguire in presenza, sono previsti turni alterni.
In alcuni atenei, per garantire la ripresa almeno parziale delle attività è stato necessario prevedere spazi temporanei. A Padova l'università ha a disposizione il polo fieristico di Rovigo, un cinema e una parrocchia; a Firenze un cinema multisala; mentre la Luiss di Roma ha allestito appositamente due tensostrutture. Le indicazioni principali per chi torna in sede sono poche e semplici: distanziamento minimo di 1 metro, obbligo di mascherina anche da seduti durante la lezione, autocertificazione della temperatura corporea al di sotto di 37.5.
«Da noi le lezioni sono cominciate il 28 settembre» spiega alla Repubblica degli Stagisti Eugenio Gaudio, rettore dell'università La Sapienza di Roma «ed entro fine ottobre saranno avviati tutti i corsi. Tendenzialmente gli studenti sono divisi in due/tre gruppi, che si alternano una settimana ciascuno in aula».
L'Anvur, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, è al lavoro per monitorare la nuova esperienza di insegnamento.
«Insieme alla rete European association for quality assurance in higher education stiamo avviando uno studio sull'efficacia della didattica a distanza» dice il presidente Antonio Felice Uricchio «e nelle prossime settimane sottoporremo studenti, governance e docenti a questionari di valutazione. Le università stanno lavorando con impegno e ne misureremo i risultati».
Senza dubbio la pandemia, con tutte le difficoltà e le disomogeneità del caso, ha accelerato una svolta tecnologica da tempo evocata.
«L'auspicio è che questa fase sia colta non solo come tragedia, ma come opportunità per l'Università per migliorare la qualità della formazione e della ricerca» aggiunge Uricchio, già rettore dell'università di Bari «attraverso un utilizzo della tecnologia sempre più spinto e modalità didattiche duali per abbattere i costi di mobilità senza perdere il senso di comunità e le relazioni sociali e prestando sempre attenzione anche al profilo psicologico dello studente».
Nonostante le incertezze, c'è tanta voglia di normalità, e il ritorno allo studio ne rappresenta una parte importante a cui non si intende, per fortuna, rinunciare. «Chi ha chiuso le immatricolazioni vede già un incremento direi diffuso su tutto il territorio» ragiona Ferruccio Resta, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) e rettore del Politecnico di Milano «e anche le pre iscrizioni degli studenti stranieri mostrano in alcuni casi incrementi incoraggianti».
Un buon segnale, se si pensa che l'Italia è penultima in Europa, davanti alla Romania, per quota di giovani laureati, pari al 27,6 per cento a fronte della media europea del 40 per cento.
Il rettore Gaudio conferma la tendenza alla crescita. «A Medicina, su cui abbiamo già i dati definitivi, abbiamo registrato una richiesta del 10 per cento superiore rispetto al 2019. Per gli altri corsi avremo dati certi a fine dicembre, ma già possiamo rilevare un aumento di 3mila iscritti. In particolare, oltre che per Medicina, sono cresciute le domande per i corsi di laurea in Lettere e filosofia, Scienze politiche e Ingegneria informatica, che sono poi i punti di forza dell'ateneo».
Questo probabilmente anche per effetto del pacchetto di agevolazioni previsto dall'università per scongiurare un crollo delle immatricolazioni. «Abbiamo innalzato la no tax area, fissata dal governo a 20mila euro, fino a 24mila» illustra Gaudio «e previsto, per gli Isee fra i 24mila e i 40mila euro, una riduzione delle tasse fino all'80 per cento. E ancora, abbiamo aumentato le borse di studio per reddito e merito di 1 milione e mezzo, per un totale di 5 milioni di euro». A queste misure straordinarie, si sommano quelle già previste dall'ateneo romano, come la riduzione delle tasse per gli appartenenti allo stesso nucleo familiare e l'esenzione completa per i meritevoli con una media superiore a 27.
Fra le altre iniziative volte a incentivare le iscrizioni, citiamo quella dell'Università di Padova che ha introdotto un contributo alle matricole per l’acquisto di computer di alta gamma con importi che vanno dai 240 euro (Isee da zero a 20mila euro) ai 180 euro (Isee tra i 20mila e i 50mila euro). E ancora, la possibilità di richiedere una Sim dati gratuita di 60 giga al mese e, per chi ha un Isee fino a 50mila euro, un contributo di 500 euro per l’affitto per i fuori sede e di 350 euro per i pendolari.
Nei decreti che si sono succeduti da inizio pandemia a oggi il governo ha stanziato 165 milioni per supportare le iscrizioni e innalzare la no tax area. Dal mondo accademico e associazionistico non manca un appello a dare continuità all'investimento sulla formazione, a più livelli.
«Il sistema universitario è cronicamente sottofinanziato» conclude il rettore de La Sapienza «con un definanziamento che negli ultimi 15 anni ha raggiunto il venti per cento. Il nuovo Ministro ha già introdotto un'iniezione di risorse, con un aumento del dieci per cento sul fondo di finanziamento ordinario, segnale che salutiamo con favore. Ora va intrapresa una fase che veda gli studi, la ricerca e l'internazionalizzazione dell'università quali driver di sviluppo del Paese».
Il presidente Crui manifesta segnali di ottimismo a riguardo: «Il Covid-19 sembra aver rimesso al centro del dibattito pubblico il ruolo della scienza per la sicurezza e la salute. I luoghi in cui quella stessa scienza viene esercitata, innovata, sistematizzata e insegnata si chiamano università. Siamo fiduciosi nel fatto che, quando si dovrà decidere come investire il cosiddetto Recovery Fund, i decisori avranno ancora ben chiara questa evidenza».
«Se prima esisteva un problema di sovraffollamento delle aule, oggi la situazione è inevitabilmente peggiorata» sottolinea Camilla Guarino, coordinatrice di Link Coordinamento Universitario, tra le associazioni scese in piazza lo scorso 26 settembre per chiedere il diritto allo studio per tutti «e se si fosse investito sull'edilizia scolastica ora la situazione sarebbe diversa. Senza contare che ci sarà sicuramente un aumento degli idonei non beneficiari di alloggio, a causa della necessità di garantire il distanziamento anche negli studentati».
Non basta contenere l'emergenza sociale sul breve periodo: occorre pensare al futuro.
«In questa fase chiediamo di investire sul diritto allo studio e di rendere l'università gratuita. Se quest'anno si è riusciti a tamponare, ora servono misure strutturali» aggiunge Guarino «non solo per tornare alla normalità pre crisi per per avere una situazione migliore. Se non è questa un'occasione per rimediare e puntare su ricerca e sanità allora quando?».
Rossella Nocca
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