«Stage in Commissione UE, una delle esperienze più formative nel mio campo»

Maura Bertanzon

Maura Bertanzon

Scritto il 25 Gen 2015 in Storie

Dal 1° al 31 gennaio è aperto il bando per candidarsi agli stage per la Commissione europea. La Repubblica degli Stagisti raccoglie le testimonianze di chi ha già fatto questa esperienza: ecco quella di Lorenzo Marchese. 

La comunicazione è dappertutto. Ne sono convinto. Tanto che inizio così la mia presentazione su LinkedIn. La mia passione per la comunicazione discende dalla mia passione per la politica. Secondo me non possono esistere in maniera separata. Qualsiasi attività pubblica ha bisogno di comunicazione. Per questo ne ho fatto la mia professione. Oggi sono un free lance. Un consulente indipendente in relazioni pubbliche, comunicazione  e affari europei a Bruxelles, ma la mia storia inizia in Italia, 27 anni fa. Sono nato ad Alessandria. Lì ho frequentato il liceo classico fino al terzo anno. Poi ho vinto una borsa di studio per il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico: 32mila euro per due anni, per concludere la mia formazione superiore a Trieste, con quello che viene chiamato baccellierato internazionale , concentrando gli studi su sei materie e in particolare, per me, in storia, filosofia e letteratura italiana. Ne sono venuto a conoscenza grazie a un bando regionale, mi sono candidato e ho passato due fasi di selezione, regionali e nazionali. La borsa copriva tutti i costi, compreso vitto e alloggio presso le strutture della scuola, e mi ha permesso di ottenere un diploma valido per l'ammissione universitaria in più di 80 Paesi al mondo. 

Dopo la maturità, volevo continuare a studiare filosofia. Per questo ho cercato un'università inglese, sia per la metodologia di studio, sia perché mi sembrava offrisse opportunità di carriera dopo il corso di studi. Mi hanno preso a Warwick, dove ho studiato per tre anni, dal 2006 al 2009. Le tasse universitarie erano di circa 3mila sterline l'anno, a cui bisognava aggiungerne almeno 800 euro al mese per vivere. In questo periodo ho potuto contare molto sul sostegno dei miei: non ho fatto lavori particolari per mantenermi, se non una breve esperienza estiva di un mese, tra il primo e il secondo anno di università, come insegnante di inglese in Polonia, per bambini tra gli 8 e i 12 anni, in un villaggio dal nome poco pronunciabile: Przytok. L'annuncio l'ho trovato nel dormitorio dell'università. Mi sono detto: perché no? Ho mandato il mio cv e mi hanno preso, anche se ero l'unico non madrelingua a insegnare inglese! Verso la fine del triennio, ho iniziato a guardarmi intorno per entrare nel mondo del lavoro. Vedevo però che molte posizioni richiedevano un master, così mi sono iscritto, sempre a Warwick, a un master in filosofia continentale (quella che da noi sarebbe "filosofia del Novecento"). Anche qui, l'appoggio della mia famiglia è stato fondamentale per mantenermi. I costi si aggiravano intorno alle 4mila sterline.

Nello stesso periodo sono stato molto attivo in diverse attività studentesche: sono stato responsabile della comunicazione sia per la società studentesca di Amnesty international che per la società studentesca di filosofia, oltre che presidente studentesco del club di Tai Chi. Questa parte della mia carriera universitaria è stata molto importante per il mio futuro: non erano esperienze pagate, ma era comunque richiesto un certo impegno. E' lì che ho imparato i rudimenti della mia professione ed è in quel periodo che è nata la mia passione per la politica europea. Così, terminati gli studi, ho deciso di venire a Bruxelles. Mi sembrava il posto giusto dove stare e maturare. Mentre cercavo lavoro, ho iniziato a studiare francese e dopo quattro mesi ho trovato un posto da stagista come assistente al segretario generale di Lymec, l'associazione giovanile di ALDE, il gruppo politico dei liberali europei. Era uno stage con un contratto belga di "immersione professionale", pagato 700 euro al mese, da marzo a luglio 2011. Un buon rimborso. Di certo non abbastanza per essere indipendenti, ma potevo contare ancora su un leggero aiuto dalla mia famiglia. Per Lymec mi occupavo di comunicazione, organizzazione di eventi, editing di testi, social media, ma avevo già deciso, una volta conclusa l'esperienza, di fare un altro master, questa volta in studi europei: sentivo che la mia conoscenza della materia non era ancora abbastanza approfondita. Di nuovo, altro giro di candidature. Questa volta mi hanno preso alla London School of Economics, al master in "European Studies: Ideas and Identities". Un anno di corso, da settembre 2011 a ottobre 2012, su cui ho investito molto, anche a livello economico (le tasse universitarie erano di quasi 16mila sterline). In parallelo mi sono impegnato come responsabile della comunicazione per la Società europea degli studenti della LSE. E' stata un'altra esperienza fondamentale per il mio futuro, perché mi ha consentito di entrare in contatto con una rete molto estesa di esperti di materie europee, nonché di organizzare eventi con ospiti di rilievo: membri del Parlamento europeo (come Niccolò Rinaldi) o economisti riconosciuti a livello inglese o internazionale, come Yannick Naud. A Londra, poi, ho deciso di unire finalmente la mia passione per la comunicazione a quella per la politica: mi sono iscritto al partito Italia dei Valori e, come attivista, sono diventato responsabile per la comunicazione per il Regno Unito e, in seguito, assistente del direttore della comunicazione per gli italiani all'estero. Ho contribuito, ad esempio, alla costruzione del sito internet per le elezioni nazionali del 2013 e ho imparato moltissimo sulle tecniche di comunicazione pubblica e politica. Verso la fine del master, ho mandato la mia candidatura per lo stage alla Commissione europea. 

Dopo la prima fase di scrematura, sono entrato nel famoso bluebook, ovvero nella lista dei candidati che possono essere chiamati dalle varie Direzioni generali. A volte le unità cercano profili specifici, attraverso una ricerca per parole chiave. Ma chi è nel bluebook sa che è anche il momento di contattare gli uffici a cui sono interessati per mettersi in luce. Qualcuno usa la parola lobby. Secondo me non è corretto. Si tratta semplicemente di cercare di farsi conoscere, come si farebbe in qualsiasi momento uno cerchi lavoro. A me interessava la Direzione Generale per la Comunicazione: ho cercato quali fossero i direttori a cui mandare una mia presentazione mirata. Su quattro richieste, mi hanno contattato per due colloqui. E alla fine mi hanno offerto un tirocinio al Servizio del Portavoce, nell'unità "Cittadini e Budget", con il classico rimborso da mille euro al mese.

Il Servizio di Portavoce è quello che ha il compito di interfacciarsi con i media, esprimendo la voce ufficiale della Commissione. Ho imparato come quello che succede alla Commissione viene raccontato alla stampa e penso ancora che quella sia stata una delle esperienze più formative per la mia carriera anche per la fortuna di lavorare con un grandissimo professionista nel campo delle relazioni pubbliche. Come stagista, aiutavo il portavoce per il budget, Patrizio Fiorilli, a preparare le risposte per i giornalisti e nella ricerca di dati di background, in quello che considero il momento più delicato e importante di tutto il dibattito politico europeo: era in fase di approvazione il Multiannual Financial Framework, ovvero il quadro delle politiche di spesa per il settennato 2014-2020. 

Al termine dello stage, volevo comunque restare a Bruxelles. Ho mandato quasi 60 curriculum e un mese dopo, nell'aprile 2013, ho ricevuto un'offerta di contratto a tempo determinato come project e communication officer per il Cefic, l'associazione delle industrie chimiche europee (European Chemical Industry Council), occupandomi di relazioni con i media, promozione di eventi, campagne di comunicazione online o offline. Di sicuro lo stage in Commissione ha avuto il suo peso nel curriculum. È un'esperienza che dà lustro anche se, nella comunicazione, credo sia ugualmente importante sviluppare competenze  tecniche con esperienza sul campo. Il mio contratto si è concluso un anno dopo, nell'aprile 2014, in un momento in cui il mercato del lavoro a Bruxelles non era molto aperto. 

Così mi sono creato da solo la mia opportunità: l'interesse che ho riscontrato per potenziali attività di comunicazione mi hanno spinto a diventare un consulente indipendente, un libero professionista. Nell'ottobre scorso ho aperto una partita iva belga. L'ho scelta non tanto per la tassazione, che non è poi così diversa da quella italiana (l'iva nel settore dei servizi è al 24% e tra contributi e tasse se ne va circa un terzo delle entrate lorde), quanto per la burocrazia: è molto forte anche qui in Belgio, ma almeno cerca di aiutare il lavoratore e non di ostacolarlo. Ai miei clienti, al momento principalmente formati da associazioni internazionali, offro pacchetti su misura con un impegno tra le 40 e le 50 ore mensili. La mia attività è ancora in fase di avviamento: sono partito a ottobre con un solo cliente e con un fatturato limitato. Ma l'attività sta crescendo e conto, entro giugno, di arrivare a un guadagno netto di almeno circa duemila euro al mese.

Non escludo di tornare in Italia prima o poi. Non credo che sia una causa persa a livello di possibilità di cambiamento, anche per i giovani. Conosco ragazzi della mia età che hanno trovato buoni posti di lavoro. Non dico che non tornerei in Italia perché non offre opportunità. Solo che ne offre meno di altri. Anche qui a Bruxelles non è facile, ma al momento amo troppo questa città. Per me questa città è il punto di incontro tra il nord e il sud. Credo che prenda il meglio da tutte le culture europee: un'organizzazione abbastanza efficiente del welfare, ma anche un clima culturale vivo e un atteggiamento verso la vita piuttosto rilassato, oltre alla capacità di accoglienza verso tutti. Troverei il modo di restarci in ogni caso, anche se non ci fossero le istituzioni europee. 

testo raccolto da Maura Bertanzon

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