Contratti stagionali, «Lavoravo senza riposo settimanale e per 10 ore al giorno: ho perso 13 chili»

Luisa Urbani

Luisa Urbani

Scritto il 28 Ago 2019 in Storie

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La Repubblica degli Stagisti compie in questo mese di agosto un viaggio nell'universo del lavoro stagionale: articoli e storie che focalizzano questo particolare segmento del mercato del lavoro, con le sue luci e ombre. Questa è la storia di Martina Marconi, 19enne di Grottammare, per la quale il lavoro estivo è stato un'esperienza molto negativa.

Ho iniziato a lavorare nel periodo estivo sin dal primo anno delle superiori
perché ho sempre desiderato essere, anche se in maniera limitata, autonoma rispetto ai miei genitori. Ho fatto i lavori più disparati in base alle richieste del momento: parrucchiera, barista, cameriera, gelataia. Io abito a Grottammare, una località balneare in provincia di Ascoli Piceno, nelle Marche.  È una zona non molto viva d’inverno, ma che d’estate viene presa d’assalto dai turisti: una situazione ideale per me e molti miei coetanei che, una volta finita la scuola, cerchiamo un “lavoretto” per toglierci qualche sfizio e pesare di meno sulle tasche di mamma e papà.

A Grottammare, come anche in altri paesi della costa marchigiana, è facile lavorare in estate: basta un semplice passa parola e il gioco è fatto. Il problema però è trovare un’occupazione che possa definirsi tale e che non che sia uno sfruttamento camuffato da lavoro.

In cinque anni di attività di ogni tipo ho stipulato un solo contratto come lavoratrice stagionale. Le restanti prestazioni lavorative le ho svolte tutte in nero, senza nessun tipo di tutela.
A fine mese venivo pagata in contanti, senza che questo venisse registrato da nessuna parte. Il contratto l’ho avuto solo quando sono stata assunta in una gelateria della mia città. Si è trattato però di una tutela che si è fermata sulla carta: la realtà è stata del tutto diversa.

Questa esperienza come gelataia risale a due estati fa. Essendo ancora minorenne, secondo quanto scritto nel contratto, dovevo lavorare massimo fino alle undici di sera. Per tutta l’estate, però, non sono mai andata via dal locale prima delle tre di notte, facendo ogni giorno circa nove-dieci ore di lavoro, al contrario delle 6 stabilite nel contratto.

Anche i giorni di riposo non coincidevano con quanto pattuito: lavoravo sette giorni su sette. Lo stipendio variava a seconda del numero di ore che facevo, anche se non ho mai capito come venisse calcolato perché le ore non erano quelle previste nel contratto. Ogni mese perciò percepivo una cifra diversa, che mi veniva consegnata in contanti. Il mese di agosto, che è quello in cui ho guadagnato di più, ho ricevuto un po’ meno di mille euro lordi.

Mancati riposi e turni eccessivi hanno reso il lavoro in gelateria un’esperienza terribile: in tre mesi ho perso tredici chili. 
La cosa che più mi dispiace è stato constatare che, nonostante tutto l’entusiasmo che mettevo nel lavoro, le condizioni non cambiavano mai: sempre quei turni e sempre zero riposi. Senza dubbio ho imparato un nuovo mestiere, ma... a costo della mia salute! È stata un’esperienza inutile nella prospettiva di un’occupazione più stabile dato che dai modi di fare dei miei titolari percepivo che non c’era nessuna intenzione di assumermi, ma che quel tipo di rapporto di lavoro era solo un modo per trovare una ragazzina qualsiasi per “fare la stagione”.

A loro non interessava farmi crescere professionalmente, bastava avere qualcuno che tenesse aperta la gelateria. Certo avrei potuto far notare ai titolari le loro mancanze, ma cosa ci avrei guadagnato? Mi avrebbero accompagnata alla porta e il giorno dopo avrebbero chiamato un’altra ragazza.
Il problema di queste situazioni è che noi giovani non abbiamo nessun tipo di potere e tra il lavorare troppo e il non lavorare, siamo costretti a scegliere la prima opzione.

Fortunatamente quello della gelateria è solo un brutto ricordo. Ora ho appena conseguito la maturità e sto lavorando, ma con un contratto di lavoro a chiamata, in un bar della zona e mi sto trovando bene. Il futuro? Nonostante tutte le esperienze che ho vissuto, non ho perso la voglia di mettermi in gioco e di intraprendere nuovi lavori. In un primo momento avevo anche pensato di proseguire gli studi, poi, proprio qualche settimana fa, ho ricevuto una proposta di lavoro come sub-agente di assicurazioni. Il nuovo impiego partirebbe da settembre e sono quasi sicura di accettare. Del resto entrambi i miei genitori lavorano in quel campo, quindi seguirò le loro orme!

Testimonianza raccolta da Luisa Urbani

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