La selva oscura delle partite Iva: come e perché aprirne una nel 2015

Marta Latini

Marta Latini

Scritto il 17 Apr 2015 in Approfondimenti

La Repubblica degli Stagisti inizia oggi un viaggio, passo dopo passo, nella selva oscura delle partite Iva: “oscura” perché un rapporto di lavoro autonomo implica una serie di scelte, spesso complesse, e per fare quella giusta bisogna capire quali siano le conseguenze. Già il primo passo, l’apertura della partita Iva stessa, entro e non oltre trenta giorni dall’inizio dell’attività, è preceduto da un bivio: secondo l’indagine del sindacato Nidil Cigil quattro su dieci sono false. Significa che in realtà servono a camuffare un effettivo rapporto di subordinazione, in modo particolare se si ha a che fare con fatturati inferiori ai 25mila euro l’anno e con un monocommittente, quando cioè la prestazione è svolta per un unico datore di lavoro.

Questa immagine
- partite Iva sane versus partite Iva malate - è bene stamparsela in testa, può essere un ottimo antidoto nel mondo in cui si è appena messo piede. Dopodiché le operazioni non sono né difficili né lunghe: letteralmente la partita Iva è un codice, una catena di undici numeri rilasciata dall’Agenzia delle Entrate a cui bisogna presentare domanda, compilando il modello AA7 (per soggetti diversi dalle persone fisiche ovvero soggetti collettivi come le società) o il modello AA9 (per imprese individuali e lavoratori autonomi). Inoltre, chi volesse avviare un’attività imprenditoriale deve aggiungere alle cose da fare anche la comunicazione unica, la procedura necessaria a realizzare tutti gli adempimenti amministrativi.

L’aspirante titolare della partita Iva è libero di scegliere se sbrogliare il tutto da solo oppure affidarsi a un commercialista, il quale per l’apertura richiede tra i 50 o i 100 euro in media. Questo servizio iniziale però potrebbe anche essere gratuito, è un passaggio abbastanza veloce (qualche ora, online) e in ogni caso il costo dipende anche dal tipo di rapporto che si intende instaurare in futuro per la consulenza.

Sicuramente un consiglio di un commercialista è utile nella parte più ostica, la scelta del regime fiscale, che non risponde alla matematica, bensì combina una serie di elementi a disposizione del lavoratore: il genere di attività, la situazione personale e una stima indicativa di quanto si andrà a fatturare.

Il decreto Milleproroghe del governo Renzi ha prodotto ad oggi una sorta di coabitazione parallela del nuovo regime dei minimi - introdotto dalla Legge finanziaria - con il vecchio regimi dei minimi esteso a tutto il 2015. Questo è rivolto a chi ha meno di 35 anni e a tutti gli altri con un limite di cinque anni, le condizioni non sono state modificate: tassazione sostitutiva Irpef del 5%, tetto di guadagni massimo sotto i 30mila euro, contributi Inps (gestione separata) al 27%. Il nuovo regime forfetario invece è scollato da vincoli di durata e di età, è però legato ad un’aliquota sostituiva del 15% e a una serie di soglie di ricavi e compensi stabiliti dalla Finanziaria, in base ai diversi settori professionali, oscillando tra i 15mila e i 40mila euro annui. Accanto a questi due regimi c’è poi il cosiddetto regime ordinario, destinato in teoria a fatturati più alti, con aliquota Iva minima al 22% e Irpef minima al 23%.


Oltre al quadro della normativa sui regimi, nel kit del neofita non possono mancare le istruzioni per maneggiare due attrezzi imprescindibili: fatturazione e dichiarazione dei redditi. La fattura, emessa in duplice copia e con un numero progressivo indipendente dal committente, contiene alcuni elementi obbligatori: i dati personali dei due soggetti, il numero della partita Iva di chi la emette, l’oggetto della prestazione, i corrispettivi e gli altri dati per la determinazione della base imponibile, l’aliquota e l’ammontare dell’imposta.

Ci sono poi due date da tenere a mente: il primo versamento delle imposte il 16 giugno dell’anno successivo alla data di apertura della partita Iva e la prima dichiarazione dei redditi da inviare entro il 30 settembre, tramite modello unico. Le spese deducibili riguardano tutti costi inerenti alla professione, dalla cancelleria alle trasferte, dall’affitto per lo studio alle consulenze di terzi, fino ai convegni e agli aggiornamenti.

Addentrarsi nella selva oscura non è spesso lineare, per questo oltre ad avere informazioni di base, è sicuramente d’aiuto far riferimento alle confederazioni dei liberi professionisti come Confprofessioni, gruppi attivi di categoria quale Iva sei partita (creata per ingegneri e architetti) oppure associazioni di freelance, come Acta. E soprattutto è sempre il caso di confrontarsi con le persone già in possesso di una partita Iva, con l’obiettivo di sfruttare i primi mesi per organizzare il proprio network professionale, pensando già ad ampliare la platea di clienti.

Marta Latini

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