Eleonora Voltolina
Scritto il 22 Ott 2019 in Interviste
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Anna Ascani è una delle parlamentari più giovani mai elette in Italia – giusto la settimana scorsa ha compiuto trentadue anni, ed è già al suo secondo mandato da deputata. Da sempre è attenta ai temi dell'occupazione giovanile e degli stagisti, tanto che alla scorsa tornata elettorale ha anche sottoscritto il “Patto per lo stage” proposto dalla Repubblica degli Stagisti ai candidati al Parlamento e ai consigli regionali. Umbra, laureata in Filosofia, nella passata legislatura ha fatto parte della Commissione Cultura, scienza e istruzione, accumulando competenze che l'hanno portata poche settimane fa a diventare viceministra dell'Istruzione, università e ricerca scientifica nel nuovo governo “Conte 2”, nato dalla collaborazione tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle – il ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, è infatti un esponente del M5S.
Ecco cosa pensa Anna Ascani di orientamento, alternanza scuola lavoro, tirocini e diritto allo studio, e cosa ha intenzione di fare nel suo nuovo ruolo.
(Nell'intervista, raccolta mentre Ascani è su un treno, ci diamo del tu. È quello che facciamo nella vita, conoscendoci ormai da molti anni ed essendoci trovate molto spesso a lavorare e dibattere insieme).
Come vi “spartirete” i compiti col ministro?
Dal lato più formale ci sono le deleghe – cioè i temi che verranno ufficialmente assegnati a ciascuno di noi – che però ad oggi non sono ancora state stabilite. La cosa più importante è che, pur avendo sensibilità e orientamenti diversi, noi faremo squadra. Più che spartirci i compiti insomma c'è la volontà di fare sintesi, e l'accordo raggiunto nei giorni scorsi con i sindacati è la testimonianza esatta di quello che sto dicendo: siamo riusciti ad avere l'accordo delle forze politiche e sindacati su un percorso che dia uno sbocco ai precari della scuola e faccia ordine sul tema di come si diventa insegnanti.
I tuoi tre obiettivi prioritari da viceministra.
Il primo: sostenibilità e scuola a impatto zero – a livello energetico, ambientale, da tutti i punti di vista. Siamo tenuti a dare una risposta ai tanti ragazzi che stanno scioperando per dirci che questa è una cosa importante. La seconda priorità: la fascia zero-sei anni. In legge di bilancio c'è la gratuità degli asili nido: dobbiamo garantire l'accesso, anche perché i dati ci dicono che chi ha avuto l'opportunità di frequentare il nido poi raggiunge risultati migliori nel proseguo della vita. Terza priorità: la lotta alla dispersione scolastica e all'abbandono universitario. Come diceva don Milani, “il principale problema della scuola sono i ragazzi che perde”. E bisogna costruire un ponte vero tra scuola e università.
Parliamo di alternanza scuola-lavoro, che adesso ha cambiato nome in PCTO, “percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento”... Ti convince la nuova denominazione?
A me francamente non appassionano i nomi, mi interessa la funzione dell'alternanza scuola lavoro: dare la possibilità ai ragazzi di fare un'esperienza di formazione è importante. È chiaro che i ragazzi non debbano essere mandati al McDonald's, ma non è che perché ad alcuni ragazzi sono capitate esperienze sbagliate che dobbiamo rinunciare in toto allo strumento. Vorrei che mettessimo da parte l'ideologia e al centro la pratica. Si può fare alternanza nelle associazioni non profit, nelle biblioteche pubbliche... per i ragazzi è un bene! Il mondo del lavoro richiede competenze: quanto prima si acquisiscono, meglio è.
Nella legge di bilancio approvata a fine 2018 dal governo “Conte 1” i fondi destinati a questa attività sono stati più che dimezzati, scendendo da 125 milioni a 50 per l'intero pacchetto. Stessa sorte per il monte ore complessivo – passato da 400 a 210 per gli istituti professionali, da 400 a 150 per i tecnici e da 200 a 90 per i licei. Si tornerà a puntare sull'alternanza? I fondi saranno aumentati nella legge di bilancio prossima ventura?
Per ora non è oggetto dei primi passi di questo governo. Io però posso dire che spingerò perché si torni a dare un finanziamento adeguato e un numero maggiore di ore all'alternanza scuola lavoro. Magari non quelle che erano previste prima del taglio, che forse erano oggettivamente troppe; ma comunque più di adesso.
Orientamento: il rapporto AlmaDiploma 2018 dice che alla vigilia della conclusione degli studi il 45% dei diplomati del 2016 dichiara che, potendo tornare indietro, non sceglierebbe lo stesso corso nella stessa scuola; un ulteriore 25% dei diplomati cambierebbe sia scuola sia indirizzo. Similmente, il rapporto AlmaLaurea 2018 sul Profilo dei laureati rivela che un laureato su tre non sceglierebbe lo stesso ateneo e lo stesso corso. Cosa si può fare per diminuire questa fetta insoddisfatti a causa di scelte sbagliate?
Bisogna potenziare l'orientamento: lavorare sul fatto che scuole e università si parlino di più. Con l'alternanza scuola lavoro abbiamo introdotto uno strumento che tocca l'ultimo triennio, ma non basta. Ancora capita spesso che dopo la maturità i ragazzi scelgano di fretta, a settembre, disorientati. Le risorse per fare più orientamento ci sono, perché i nostri governi le hanno stanziate: bisogna però strutturare questi percorsi, far conoscere ai giovani gli sbocchi lavorativi.
E il passaggio precedente, quello tra medie e superiori?
Qui c'è il grande tema della riforma dei cicli, bisogna capire se come sono strutturati ora funzionano. Ma non possiamo pensare di fare eventualmente una riforma così importante facendola calare dagli uffici del ministero; dobbiamo confrontarci col mondo del scuola, con insegnanti e pedagoghi.
Il portale di orientamento del Miur “Io scelgo io studio” ha un profilo Twitter che risulta aperto nel 2013 ma mai usato, con una trentina di tweet e 350 follower in tutto; idem il profilo Youtube, con soli 250 abbonati al canale e meno di dieci video; e la sezione “Chiedi all’esperto” non funziona. Non è una vetrina irresistibile... Lo potenzierete?
Credo che il Miur debba fare un salto in avanti notevole nella gestione delle tecnologie. Abbiamo fatto un piano nazionale Scuola Digitale per le scuole che tutto sommato le ha portate abbastanza avanti, però la digitalizzazione del ministero stesso ancora fatica: dobbiamo avere delle interfaccia più potabili per ragazzi e famiglie, per tutti coloro che hanno voglia di interagire col mondo della scuola. Quindi sicuramente è un lavoro che va fatto. Però non so se lo farò personalmente, perché ancora le deleghe non sono state assegnate.
La Repubblica degli Stagisti, su commissione dell'assessorato al lavoro del Comune di Milano, ha quest'anno realizzato una “mappatura” dei tirocini svolti sul territorio milanese da cui è scaturito anche un focus sui curriculari, per i quali non esiste nessuna rilevazione sistematica ufficiale e che quindi rimangono sempre nell’ombra. La mappatura ha permesso di censire oltre 22mila tirocini di questo tipo avviati nel 2017. Poiché i curricolari si svolgono durante periodo di studi, spesso potrebbe essere utile avere una formula “part-time” che consentisse al giovane di non dover interrompere completamente l'attività di studio. Purtroppo la modalità part-time non è ancora così diffusa: dalla mappatura risulta che abbia riguardato solo il 15% circa dei curricolari. Non potrebbe aver senso potenziare l'opzione dei tirocini part-time per studenti universitari?
Francamente non era una cosa a cui avevo mai pensato: potrebbe essere una buona idea. Di certo il tirocinio curricolare è uno strumento importantissimo nel percorso universitario, ma ha bisogno di essere messo un po' meglio a regime. Tutti noi che abbiamo fatto l'università negli anni in cui si cominciava a ragionare di tirocini obbligatori per laurearsi sappiamo che quel percorso ha dei difetti, e spesso non è un vero orientamento: rischia di essere invece un momento nel quale ci si stacca dallo studio senza vedere poi effetti concreti nei rapporti col mondo del lavoro. Probabilmente poter avere un part-time che ti consenta comunque di mantenere attiva la tua esperienza di studio ma nel contempo di mettere il naso fuori dal mondo dello studio potrebbe essere positivo.
Tema sostenibilità economica. Gli stagisti curricolari ricevono una indennità mensile? Non si sa: spesso i soggetti promotori, cioè le università, non monitorano questo aspetto, e sappiamo che purtroppo i tirocini curricolari sono ancora il più delle volte gratuiti: nel 90% dei casi, per esempio, per quanto riguarda l’università Statale. C'è una proposta di legge a firma Massimo Ungaro sui tirocini curricolari, che tra le altre cose propone anche una indennità minima per tutti gli stage con durata superiore a un mese: c'è la possibilità che la riprendiate in considerazione?
Certo: con Massimo in realtà avevamo lavorato insieme, quando era ancora nel PD, sul tema tirocini. C'è però un problema di sostenibilità, e dobbiamo trovare il modo di renderli poi appetibili lo stesso per le realtà che ospitano i tirocini: cioè dobbiamo evitare il rischio che poi i tirocini non si facciano più. Sicuramente non si può pensare di lavorare gratis, è una follia, abbiamo parlato tante volte con voi della Repubblica degli Stagisti di questo tema dello tirocinio che si configura troppo spesso come lavoro gratuito. Certamente c'è un periodo di semplice formazione, che però appunto è un mese e non più di un mese, e poi bisogna che ci sia un compenso minimo. Dobbiamo aprire un tavolo con le università, con le aziende, con le realtà che ospitano questi tirocini, per trovare una sintesi percorribile – magari anche ripartendo dai testi di legge che ci sono, perché no.
A onor di cronaca, quando noi facevamo la prima battaglia contro la gratuità, chi ci contrastava diceva proprio che i tirocini sarebbero diminuiti perché c'era il rischio che le aziende non volessero più tirocinanti se si fosse introdotta una indennità minima obbligatoria. E invece il numero di tirocini extracurricolari...
...è cresciuto, certo. Ma anche perché si è dato un sostegno a questo tipo di formula. Quindi dobbiamo trovare un modo per far sì che funzioni anche coi curricolari. Io non è che dico che non funzionerà: dico che bisogna sostenere il fatto che funzioni. Sono sempre stata contraria alla gratuità e dall'inizio di queste battaglie, quindi figuriamoci se cambio idea adesso!
Sei stata una sostenitrice della legge 107, la cosiddetta riforma della “Buona Scuola”, e per questo c'è chi nell'ambito della scuola prevede “frizioni e attriti quando si parlerà di questioni sensibili come per esempio la chiamata diretta o il bonus premiale”. Di che frizioni potrebbe trattarsi?
Mi pare che la crociata contro la 107 abbia fatto il suo tempo – casomai il difetto di quella legge è che tante cose che erano previste, soprattutto nelle deleghe, non sono state attuate! – e che adesso sia ora di aprire un'altra fase. Gli strumenti che noi avevamo messo a disposizione sono validi: se qualcuno ha idee diverse sul come utilizzare il bonus docenti, o su altro, ce le faccia vedere e ne parleremo. Non ho mai avuto un approccio ideologico, neanche nei confronti delle cose che ho proposto e che ho difeso: e rifiuto l'approccio ideologico da parte degli altri.
Diritto allo studio. Ci sono 103 milioni di euro nel bilancio del ministero, per l'anno scolastico in corso, per la “fornitura dei libri di testo in favore degli alunni meno abbienti delle scuole dell’obbligo e secondarie superiori”. Non so se per le superiori basti... basta?
Tutto sommato sì, queste risorse bastano a coprire soprattutto le fasce più deboli: poi si può anche ragionare di ampliare alla cosiddetta fascia media che oramai – ci dicono i sociologi – non esiste più, e quindi ha bisogno di un sostegno a sua volta. Però più che di risorse in questo caso specifico il tema è di funzionamento: il grande problema del diritto allo studio per quel che riguarda i libri è infatti che i rimborsi arrivano a consuntivo, per cui uno si trova a iniziare la scuola secondaria di primo grado – le scuole medie, per intenderci – e a sostenere il costo dei libri, dopo non averlo sostenuto nella scuola primaria; e questo comporta per le famiglie una spesa enorme. Dobbiamo trovare il modo di non dare i soldi a consuntivo, ma all'inizio. L'altro problema è il costo dei libri, io l'ho detto anche alla Fiera Didacta partecipando a un seminario sul costo dei libri e il supporto digitale: dobbiamo ragionarne con gli editori, perché nonostante tutto ancora i libri costano ancora troppo.
Decliniamo invece il diritto allo studio rispetto all'università. Nella scorsa legislatura sei stata firmataria di una proposta di legge, a prima firma Marco Meloni ed altri, volta ad “assicurare la piena attuazione delle disposizioni sul diritto allo studio universitario”. Una proposta di legge che risulta “assegnato in data 26 febbraio 2015” ma che poi non è stata mai discussa. Cosa invece si può fare oggi per il diritto allo studio degli studenti universitari?
Il primo grande problema è che si tratta di una materia concorrente, e che in particolare è affidata alle Regioni l'erogazione delle borse. Questo fa sì che ci siano tante Regioni in Italia nelle quali non si riesce a dare la borsa agli idonei, quindi abbiamo circa 7.500 ragazzi che risultano idonei non beneficiari. È anche vero che molte Regioni provvedono mettendoci del proprio: io vengo da una Regione virtuosa, in Umbria abbiamo sempre assicurato il cento per cento delle borse di studio e credo sia un bel vanto, ma non va sempre così nel resto d'Italia. Quindi sicuramente serve un intervento economico sul Fis [il fondo integrativo statale, ndr], un incremento che serva a coprire gli idonei non beneficiari. Dopodiché, anche qui bisogna mettersi seduti con le Regioni a capire perché ci sono così tante differenze in Italia sulla modalità con cui si gestisce questa partita. Tra parentesi, noi avevamo fatto una riforma costituzionale che tra le tante cose rendeva il diritto allo studio una materia di competenza statale. Era un mio emendamento, tra l'altro, ma purtroppo come sappiamo quella riforma non è mai passata – e quindi il diritto allo studio è tuttora di competenza concorrente.
Un'altra proposta di legge che hai firmato negli anni scorsi è quella di Lia Quartapelle sul finanziamento di “programmi di tirocinio curriculare ed extracurriculare per studenti universitari e laureati presso l'amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e presso gli uffici della rete diplomatico-consolare all'estero”: i cosiddetti Maeci-Crui. Che per ora però sono finanziati solo con una cifra molto piccola – gli studenti ricevono 300 euro al mese dalle loro università e i tirocini durano 3 mesi, dunque si può stimare che l'investimento del ministero in questa iniziativa sia di poco superiore a 1 milione di euro all'anno. Prevedete di aumentare le indennità che i partecipanti ricevono, e/o aumentare il numero di persone – al momento circa mille all'anno – che potranno sfruttare questa occasione?
Credo che anzitutto bisogna lavorare sul numero: è una platea ancora troppo ristretta. Nei limiti e nelle costrizioni della legge di Bilancio – che come sappiamo è molto complicata – penso che questa sia una delle questioni su cui lavorare, e poi bisogna lavorare anche sull'importo che i ragazzi ricevono.
Potreste anche riaprirlo per i neolaureati? Quando era gratuito era così, mentre ora vi possono accedere solo gli studenti universitari.
Ne parleremo anche con Lia Quartapelle.
Ultima domanda. Nel 2014 con Ivan Scalfarotto e altri avevi perorato la “distribuzione di profilattici e di materiale informativo nelle università e nelle scuole secondarie superiori, per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili”. Tornerai a occuparti di questo tema?
Diciamo che non è direttamente competenza mia, ma sicuramente serve una educazione sulla sessualità...
[la linea è disturbata, cade]
Ecco, c'è una censura in atto... Riproviamoci.
Sì! [ride] Serve una educazione sulla sessualità fatta in modo da generare più consapevolezza nei ragazzi, che oggi sono esposti a messaggi da ogni genere da questo punto di vista...
[La linea cade di nuovo. Anna Ascani manda un sms per concludere la sua risposta, l'ultima di questa intervista]
È chiaro che c’è una parte di provocazione nella questione profilattici. Quello che invece resta e che ci riguarda come Miur è l’educazione alla sessualità dei ragazzi, perché c’è un tema di consapevolezza che non si può ignorare.
PS: chissà se alla viceministra potrebbe piacere il progetto “Making (of) Love” (qui il crowdfunding attualmente in corso, sono stati già raccolti oltre 35mila euro!), un film sul tema della sessualità degli adolescenti “scritto e diretto da otto ragazzi italiani”, esplicito e senza tabù, che ha l'ambizione di essere poi distribuito nelle scuole. Forse è un po' presto per chiederglielo.
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