Emilie Turunen, pasionaria dei diritti degli stagisti al Parlamento europeo: «L'Italia è fra i Paesi messi peggio»

Andrea Garnero

Andrea Garnero

Scritto il 17 Set 2010 in Interviste

Emilie Turunen, 26enne danese del Socialistisk Folkeparti e vicepresidente del gruppo dei Verdi in Europa, è la più giovane deputata del Parlamento europeo. Nel luglio scorso ha curato un rapporto sulla disoccupazione giovanile e gli stage nell'UE che è stato approvato all’unanimità dal Parlamento europeo. L’abbiamo incontrata a Bruxelles per approfondire i temi del suo rapporto e ascoltare la voce, flebile in Italia, di una nostra coetanea in politica.

Quali sono le principali conclusioni del rapporto?
Penso che siano sorprendentemente chiare, nonostante siano il frutto di un compromesso tra le varie  famiglie politiche, i conservatori, i socialisti, i verdi e i liberali. Ci sono due cose che vale la pena menzionare in particolare: il rapporto richiede di elaborare una carta di qualità degli stage per definire quanto può durare lo stage e che gli stage abbiano un reale valore formativo e siano retribuiti. In secondo luogo la risoluzione chiede delle garanzie per evitare che i giovani europei restino disoccupati per più di quattro mesi e che venga quindi loro offerto un lavoro o una formazione.
Quali sono i paesi più a rischio per la disoccupazione giovanile e l’abuso di stage?
La disoccupazione giovanile è una questione molto seria in tutti i paesi. Siamo nella stessa situazione degli anni ’80 e siamo a rischio di perdere una generazione intera specialmente nell’Europa del sud e dell’est. La Spagna è l’esempio peggiore, con il 42% dei disoccupati tra i giovani. Sugli stage non abbiamo statistiche purtroppo. Da quanto ho capito in questi mesi di lavoro, mi sembra sia un problema particolarmente sentito in Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e anche in Spagna e Portogallo.
Forse è per questo che così tanti italiani vengono a Bruxelles per uno stage nelle istituzioni europee. Visto che in Italia non esiste di fatto una regolamentazione sugli stage mentre c’è a livello UE…
Non sempre purtroppo. Il mio rapporto è molto chiaro anche nei confronti delle istituzioni europee perché abbiano un comportamento esemplare al proposito mentre spesso non ce l’hanno. Ci sono casi di cattivi stage anche in queste istituzioni.
La risoluzione dà un’indicazione politica. Ora come si può passare alla fase legale e imporre agli stati membri di implementare le disposizioni che avete approvato?
Per prima cosa, dovremmo redigere una carta di qualità degli stage. Personalmente ho già cominciato a lavorare al proposito con il Forum Europeo dei Giovani e la Commissione ci dovrebbe supportare. Per essere approvato deve passare attraverso la procedura legale standard in cui la Commissione lancia la proposta, il Consiglio e il Parlamento la approvano e poi ovviamente gli stati dovranno tradurla nella legislazione nazionale. Tuttavia, chiederei a tutti gli stati membri di definire una regolamentazione al proposito per velocizzare il processo – mentre a livello europeo ci limiteremmo a definire un minimo comun denominatore.
In Italia la testata online Repubblica degli Stagisti sta portando avanti una Carta dei diritti come quella di cui parla. Da chi dovrebbe essere approvata? Dalla Commissione? Dagli stati nazionali? Dalle regioni che hanno alcune competenze per quanto riguarda la formazione?
Ci sono molti attori in questo momento sul tema. Credo sia importante approvare la Carta a livello nazionale per prendere in considerazione per bene le specificità di ogni paese e mercato del lavoro. A livello europeo si tratterebbe piuttosto di indicazioni e linee guida generali.

Nella sua esperienza di lavoro sul tema, trova che ci sia una sensibilità politica sul tema degli stage? Normalmente si sente parlare di precarietà o di disoccupazione, ma non tanto di stage…

È un tema che sta acquisendo importanza. Probabilmente ancora per un po’ non sarà in prima pagina ma tra politici e organizzazioni giovanili si sta prendendo coscienza della sua centralità. Dovrebbe davvero essere un tema di discussione pubblica, perché si parla del futuro della nostra generazione che è stata particolarmente colpita dalla crisi. Siamo la fascia più vulnerabile e avremmo bisogno di supporto dal resto della popolazione, perché siamo noi che terremo in piedi il welfare del futuro.
Lei ha 26 anni, è una ragazza ed è la più giovane eurodeputata. Guardando dall’Italia lei è un panda in estinzione. Com’è successo?
In Danimarca abbiamo una cultura politica più aperta. Nel parlamento nazionale abbiamo diversi deputati della mia età: almeno due del 1984 e diversi altri under 30. E’ più raro avere un giovane a Strasburgo perché normalmente questa carica era vista come una sorta di pre-pensionamento – ma ora le cose stanno cambiando, anche per l’importanza maggiore che sta acquisendo il Parlamento Europeo. In Danimarca presiedevo l’organizzazione giovanile del mio partito, la più grande del paese. Il partito mi ha chiesto di candidarmi e gli elettori mi hanno dato il loro supporto.
Com’è il lavoro al Parlamento Europeo? Esiste un approccio generazionale alle questioni, una sorta di lobby giovanile?
Nonostante io sia giovane, faccio parte di un movimento di sinistra ecologista che va al di là delle divisioni di età sui temi di giustizia sociale e ambientale. Ovviamente ho una maniera di pensare un po’ diversa dagli altri, soprattutto nel modo di comunicare, l’uso dei social media. Ma non esiste una lobby giovanile al momento, forse dovremmo crearne una…
Lei viene da un’esperienza di partito. Dove può formarsi un giovane leader del 2010? Dai partiti? Dai sindacati studenteschi? Da altre organizzazioni?
Credo ci siano molti posti in cui lavorare per il proprio paese e l’Europa. Ho cominciato in una ONG lavorando sul traffico delle donne cambogiane, un impegno molto diverso da quello formalmente politico, sono stata in un’organizzazione studentesca. Poi sono entrata nella politica partitica, ma comunque ci sono molti altri attori. Credo che, anche se non si riconoscono in un partito, i giovani possano trovare un posto in cui portare avanti le loro idee e dove sentono di poter fare la differenza. C’è molto da fare per costruire forti organizzazione studentesche, forti sindacati…
Ha parlato di social media. Che uso fa dei social network? Il Parlamento Europeo ha lanciato l’iniziativa “Tweet your MEP” per mettere in contatto gli eurodeputati con i propri elettori internauti. Cosa ne pensa?
Penso sia un’ottima idea. Forse sono un po’ vecchia, ma nella vita personale non uso moltissimo Facebook, però è uno strumento molto importante per comunicare con gli elettori. Sto imparando ad usarlo, e probabilmente mi viene più spontaneo per questioni anagrafiche che agli altri eurodeputati. Credo sia un’ottima cosa che il Parlamento lanci queste iniziative per aprirsi ai cittadini.

Il lavoro per Emilie Turunen non finisce qua, dunque. La Commissione ha tre mesi di tempo per rispondere alla risoluzione. In seguito si dovrà passare alla fase di messa in pratica da parte delle istituzioni comunitarie e nazionali. Il percorso è lungo, ma i principi sono chiari. Continueremo a seguire Emilie Turunen e il suo importante lavoro.

Andrea Garnero

L'intervista è stata realizzata attraverso la collaborazione tra Lo Spazio della Politica e la Repubblica degli Stagisti. Alla Turunen è stata consegnata anche una copia, tradotta in francese, della Carta dei diritti dello stagista.
Questa intervista rappresenta la prima tappa di uno speciale sul tema del lavoro dal punto di vista globale, curato dal 24enne Andrea Garnero per Lo Spazio della Politica. Dopo la Turunen, Garnero andrà in altri continenti ad ascoltare esperienze di imprenditorialità giovanile e soluzioni contro la crisi.


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