Rossella Nocca
Scritto il 25 Mar 2020 in Interviste
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Gaetano Manfredi, classe ’64, dal gennaio di quest'anno è ministro dell’università e della ricerca. La Repubblica degli Stagisti lo ha intervistato sui provvedimenti del decreto "Cura Italia" che hanno interessato i laureati in medicina, con l’introduzione della laurea abilitante, e la gestione dell’emergenza da parte del mondo universitario, con lo stanziamento di un “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca” pari a 50 milioni di euro.
Il provvedimento della laurea abilitante permetterà a 10mila neo laureati di accedere alla professione. Quando saranno operativi?
Lo saranno in tempi brevi, che dipenderanno dai vari ordini dei medici. Le procedure si stanno sveltendo, anche perché gli 8mila neo laureati che si erano iscritti all’esame di Stato sono già in possesso della certificazione e di tutti i requisiti. Ora è solo una questione burocratica.
Con quali modalità i nuovi medici saranno immessi nel servizio sanitario nazionale?
Si stanno preparando una serie di bandi nelle regioni e nelle unità territoriali. I neo medici potranno operare come sostituti di medicina generale, nelle guardie mediche, nella continuità territoriale. Potranno dare sostegno alla medicina di territorio, che ha un ruolo molto importante nella risposta all’epidemia, perché la maggior parte dei malati sta a casa. Noi vediamo solo la punta dell’iceberg, ma esiste un’altra prima linea, che è anch’essa importante.
Perché dalla bozza di decreto è sparito lo stanziamento di 5mila contratti di formazione specialistica aggiuntivi?
Non è stato possibile inserirlo per motivi di tipo contabile: quello delle borse di specializzazione, infatti, è un investimento pluriennale, mentre il provvedimento emergenziale prevede una copertura solo per il 2020. Tuttavia stiamo lavorando sulla possibilità di ampliare gli stanziamenti nel prossimo bando, fermo restando che le 9mila borse già previste sono il numero più alto messo in campo negli ultimi anni. Dovremo trovare un equilibrio, perché abbiamo un doppio canale: da una parte le scuole di specializzazione, dall'altra i corsi di medicina generale, che l’epidemia ha dimostrato essere un grande tema.
Quali saranno le prime destinazioni del nuovo fondo per l’emergenza destinato all'università?
Cercheremo innanzitutto di supportare le università che hanno fatto investimenti in tecnologie e che oggi sono impegnate nella didattica a distanza con numeri enormi. Dal nostro monitoraggio, a inizio settimana scorsa abbiamo registrato già ben 500mila studenti che seguivano i corsi di laurea online, 5mila laureati e varie decine di migliaia gli esami. Poi guarderemo alle altre necessità, a partire dalla ricerca, per questo abbiamo coinvolto anche i vari Collegi.
Ci sono alcune categorie il cui ruolo non è forse abbastanza riconosciuto?
Probabilmente sì, e ho lavorato molto sulla questione con la Protezione civile e la task force per cercare risorse ulteriori. Ad esempio ogni anno abbiamo soli 75 specializzati in malattie infettive: un numero irrisorio perché probabilmente si è pensato che il problema delle malattie infettive fosse superato. Oggi invece ci accorgiamo che gli infettivologi sono importanti e che sono state fatte valutazioni sbagliate. La natura ci dimostra ancora una volta che si torna sempre al punto di partenza.
Quale sarà la prima sfida del post emergenza?
Ora che bisogna fronteggiare l’emergenza tutti pensano alla ricerca farmaceutica, al vaccino, alle tecniche per il controllo. Uno dei grandi temi del dopo Coronavirus sarà ripensare le priorità della politica di investimento per rendere il mondo più sicuro. Dopo questa crisi globale, forse l’evento più importante dopo la seconda guerra mondiale, bisognerà fare una riflessione profonda. Il ruolo della formazione e della ricerca deve essere centrale nella società contemporanea, in un mondo globale sempre più fragile.
Intanto dobbiamo aspettarci nuove misure restrittive in tempi brevi?
È una battaglia quotidiana, speriamo che le misure adottate finora riescano a impattare, ci sono già segnali positivi. Dobbiamo adottare misure che abbiano senso e non farci prendere dal panico. Ad esempio la chiusura dei supermercati la domenica rischia di rivelarsi una misura peggiorativa, perché si affollano ancora di più e si crea ansia. Tenere a casa sessanta milioni di persone non è facile ed è importante gestirne anche la psicologia.
Rossella Nocca
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