Decreto Crescita, come cambiano gli incentivi per far rientrare gli expat (e non solo) in Italia

Antonio Piemontese

Antonio Piemontese

Scritto il 31 Lug 2019 in Approfondimenti

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Il decreto legislativo 147/2015 all'articolo 16 ospita una norma di agevolazione per chi trasferisca in Italia la propria residenza fiscale dopo un periodo di lavoro o studio all'estero di minimo 24 mesi. Il testo, recentemente modificato dal Decreto Crescita, è strutturato in modo da rendere fiscalmente vantaggioso per i "cervelli" il trasferimento in Italia, siano essi cittadini che tornano in patria o stranieri che (a determinate condizioni) abbiano deciso di trasferirsi per la prima volta nel Belpaese. Ecco tutto quello che c'è da sapere.

C'è un limite di età per partecipare? 
No, nessun limite anagrafico.

I benefici per gli impatriati sono aperti a tutti gli italiani?
Sì, e non solo. La norma, nella parte dedicata alla seconda platea (comma 2 dell'articolo 16), specifica che possono accedere ai benefici anche i cittadini comunitari o di paesi extra-comunitari con i quali l'Italia abbia sottoscritto e ratificato una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale. In questo caso i beneficiari devono essere in possesso di una laurea (di qualsiasi livello, anche conseguita all'estero). Il comma 1 invece è aperto ai cittadini comunitari ed Extra UE a prescindere dal titolo di studi.

Serve essere laureati? 

La platea del comma 1 non ha bisogno di un titolo di studio specifico, ma deve solo avere lavorato all'estero almeno due anni dimostrando anche la residenza fiscale nel paese straniero e trasferire poi la residenza fiscale in Italia lavorandovi per almeno due anni. Gli stranieri che volessero invece usufruire della misura secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 16 devono, invece, avere una laurea, anche se conseguita all'estero.

È previsto un numero massimo di impatriati a cui sarà possibile concedere il beneficio? 

La norma non prevede un numero massimo di impatriati che possono accedere al beneficio.

C'è un contingentamento riguardo al numero di stranieri che potenzialmente potranno richiedere l'accesso alla misura?

La norma non prevede un limite massimo di risorse o un numero di lavoratori che possono potenzialmente accedere al beneficio fiscale. Chiaramente i lavoratori non comunitari per venire a lavorare in Italia dovranno continuare a rispettare la normativa vigente in materia di regolazione dei flussi migratori di cui al decreto legislativo 286/1998.

Serve dimostrare di essere stati iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero?

La versione della norma antecedente alla novità introdotta dal Decreto crescita richiedeva l'iscrizione all'Aire. Le novità del decreto crescita (comma 5-ter) hanno modificato il requisito: il richiedente dovrà risultare precedentemente residente all'estero ai sensi delle sole norme italiane (con obbligo di iscrizione all'Aire) ma in alternativa potrebbe risultare residente all'estero secondo criteri sostanziali ai sensi dell'articolo 4 delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Esempi di tali criteri di fatto sono il possesso di una abitazione permanente all'estero o avere fuori dall'Italia 'il centro degli interessi vitali'.

La cittadinanza italiana è un requisito indispensabile?

No. Come visto, oltre ai cittadini italiani possono fare domanda anche i cittadini degli altri Paesi dell'Unione Europea, nonché di paesi extra-comunitari con i quali l'Italia abbia sottoscritto e ratificato una convenzione per evitare le doppie imposizioni. Questo se si rientra nella platea del comma 2. Il comma 1 come risultante dopo le novità del decreto Crescita, oltre a richiedere due anni di lavoro all'estero, non specifica requisiti di cittadinanza o anagrafici ai beneficiari del bonus.

Possono fare domanda anche i dipendenti di enti pubblici?

Se si tratta di enti pubblici stranieri, la risposta è certamente sì. Se invece di enti pubblici italiani, non possono fruire dell'incentivo coloro che - in funzione di questo rapporto - hanno lavorato all'estero a meno che il comando (o distacco) non abbia comportato un sostanziale mutamento di incarichi e responsabilità rispetto al ruolo lavorativo originario prima del periodo trascorso all'estero.

A quanto ammonta la riduzione dell'imponibile fiscale?

In tutti i casi si parla di una riduzione di almeno il 70% dell'imponibile fiscale, per ambo i sessi, per cinque anni d'imposta a partire da quello del trasferimento. Sarà possibile aumentare la percentuale di sconto dal 70 al 90% dell'imponibile per i lavoratori che trasferiscano la propria residenza in una delle otto regioni del mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Inoltre, la durata del bonus salirà da cinque a dieci anni (con uno sconto sull'imponibile del 50% dal sesto al decimo anno) se i lavoratori hanno almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido oppure se acquistano almeno un'unità immobiliare residenziale in Italia, o dopo il trasferimento o nell'anno antecedente. Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido, durante il periodo di prolungamento dal sesto al decimo anno i redditi da lavoro sono detassati al 90%.

Come verrà calcolato?

Tecnicamente si tratta di un abbattimento del reddito imponibile ai fini del calcolo dell'Irpef. Secondo le simulazioni svolte dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro nell’approfondimento pubblicato il 30/05/2019 nel caso di un lavoratore senza figli e senza immobili acquistati al rientro, residente nel Centro Nord, con una RAL annua di euro 50.000, l’imponibile fiscale sarà ridotto al 30% per gli anni dal 2020 al 2024. Omettendo dal calcolo le addizionali regionali e comunali IRPEF, il predetto lavoratore avrà un imponibile fiscale ridotto a 13.568 euro. L’IRPEF netta da pagare sarà pertanto solo 1.492 euro in luogo di una IRPEF netta in condizioni ordinarie di euro 13.152. Il risparmio d’imposta sarà di 11.660 euro, ovvero pari al 88,66% dell’imposta complessiva.


È una misura pensata solo per i lavoratori subordinati?

No, è rivolta anche ai lavoratori percettori di rediti assimilati a lavoro dipendente (come i collaboratori coordinati e continuativi), ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi di impresa.

L'agevolazione dei cosiddetti impatriati ha una scadenza?

L'agevolazione è strutturale, pertanto non ha una scadenza. Le disposizioni a seguito delle modifiche del decreto crescita si applicano ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dal 2020.

Per godere di questo trattamento bisognerà iscriversi a qualche lista?

No, basterà specificare al momento della dichiarazione dei redditi di voler applicare la tassazione con l'imponibile ridotto secondo tale agevolazione. Il lavoratore, in sede di assunzione, dovrà comunque autocertificare il possesso dei requisiti per richiedere al sostituto d'imposta l'applicazione della tassazione su di un imponibile fiscale ridotto. 

C'è l'obbligo di spostare ufficialmente la propria residenza in Italia per godere dei vantaggi degli impatriati?
La legge stabilisce che i beneficiari devono trasferire la propria residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del decreto del presidente della Repubblica 917/1986, a partire dal periodo d'imposta 2020.

C'è l'obbligo a trattenersi per un certo periodo in Italia, per il fatto di avere usufruito del vantaggio fiscale?

Sì, per accedere all'agevolazione i lavoratori che non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni.

Cosa succede se si gode per uno o più anni dell'agevolazione e poi si decide di ritrasferirsi all'estero prima che siano trascorsi i due anni?
L'Agenzia delle entrate recupera l'agevolazione oltre ad addebitare sanzioni ed interessi.

C'è un tetto retributivo?
Non c'è per i percettori di redditi di lavoro dipendente. Ai redditi di lavoro autonomo e di impresa, il beneficio si applica nel rispetto della disciplina generale dei cosiddetti “aiuti de minimis”, contenuta nel regolamento UE nn. 1407 e 1408 del 2013 e n. 717 del 2014. Pertanto, il beneficio non può superare i 200mila euro in tre anni. L'agevolazione rileva nel periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione dei redditi in cui l'agevolazione è fruita. Nella verifica del rispetto del limite occorre considerare ogni aiuto ricevuto dal lavoratore autonomo o dall'impresa concesso in base al regolamento c.d. de minimis oltre a quello in esame.

Sono state previste delle deroghe per alcune categorie di lavoratori?

In sede di conversione del decreto legge è stata introdotta una deroga per i redditi degli sportivi professionisti impatriati, che rimangono detassati al 50%, in luogo del 70%. Inoltre, a tali soggetti non si applicano la maggiorazione dell'agevolazione spettante ai lavoratori impatriati che si trasferiscono nel Mezzogiorno, né la maggiorazione prevista in caso di più figli a carico. Infine, l'applicazione del regime agevolato degli sportivi professionisti viene subordinata al versamento di un contributo pari allo 0,5% dell'imponibile.

Le imprese che assumono gli "impatriati" avranno dei vantaggi economici?

No. Il vantaggio è esclusivamente sull'imponibile fiscale del lavoratore. Le imprese però potrebbero avere un indiretto vantaggio dovuto dall'interesse del lavoratore a percepire uno stipendio netto maggiore. Per tale motivo, gli impatriati potrebbero essere incentivati a rientrare in Italia anche in caso di RAL offerta pari od inferiore rispetto a quella percepita dall'attuale datore di lavoro estero.

[FAQ redatte con la gentile collaborazione di Dario Fiori e Antonello Orlando, esperti della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro]

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