Il percorso a ostacoli dei giovani laureati in medicina tra sfruttamento, incompatibilità e imbuto selettivo

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 23 Apr 2019 in Approfondimenti

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L’imbuto che “blocca” quasi un terzo dei medici aspiranti specializzandi, che devono attendere almeno un anno per accedere a un corso di specializzazione, è un tema molto importante. Ma cosa succede invece nel periodo grigio fra il conseguimento della laurea e l’inizio della specializzazione e che contesto vivono i “fortunati” che si aggiudicano un posto per specializzarsi? La Repubblica degli Stagisti ha raccolto la testimonianza di due giovani medici che, in attesa di specializzarsi, sono proprio ora alle prese con le prime esperienze nel mondo del lavoro. 

«Sto per cominciare la scuola di formazione specifica in medicina generale
, ma alle prossime selezioni proverò ad accedere a una specialità» racconta Claudia [il nome è di fantasia], laureata in Medicina e Chirurgia all’università di Padova. «Intanto dopo l’abilitazione ho iniziato l’affiancamento all’Avis, l'associazione Volontari italiani del sangue». L' “affiancamento” consiste nel frequentare un corso per acquisire le competenze necessarie su donazioni e idoneità, per poi presidiare i punti di raccolta il sabato e la domenica, con il compito di controllare i questionari, verificare l’idoneità dei pazienti e così via. «La paga è intorno ai 136 euro lordi per tre ore il sabato o la domenica». Tuttavia, una volta iniziata la scuola, per Claudia non sarà possibile proseguire l’esperienza, nonostante l’impegno limitato ai weekend: «Dovrò interrompere l’affiancamento, in quanto è considerato incompatibile con la scuola di formazione per diventare medico di base».

L’incompatibilità è uno degli ostacoli con cui devono fare i conti i giovani medici che si avvicinano alla professione e sono in cerca di esperienza. Ad esempio la scuola di formazione in medicina generale è incompatibile con tutte le attività libero professionistiche, come appunto l’affiancamento Avis: le uniche attività compatibili sono le sostituzioni e le guardie mediche e turistiche. Un'ulteriore beffa, considerato che i futuri medici di base ricevono un rimborso mensile medio di 966 euro, ben inferiore ai 1.600 di partenza dei medici specializzandi, a fronte del medesimo impegno full time.  


Un altro problema è l’impossibilità di fare esperienza prima dell’abilitazione. «Nei mesi in cui prepariamo l’esame di Stato avremmo il tempo di lavorare e cominciare a guadagnare qualcosa, ma quasi tutti i lavori richiedono l’abilitazione» spiega Claudia «L’unica cosa che possiamo fare sono i corsi di formazione di primo soccorso». 

E dopo l’abilitazione? Sono tante le possibilità di lavoro per i medici abilitati ma non ancora specializzati: sostituzioni, guardie mediche e pronto soccorso, presidi presso strutture turistiche, sorveglianza sanitaria aziendale etc. Offerte con retribuzioni anche apparentemente allettanti, soprattutto per chi è alle prime armi.

«Da neolaureato hai meno pretese
, e inoltre con la modifica del regime forfettario nei primi tre anni da libero professionista puoi godere di un regime agevolato» aggiunge Giovanni [anche questo nome è di fantasia], giovane medico neoabilitato a Padova: «Il problema non è tanto la paga quanto le responsabilità. Ad esempio la guardia medica si aggira sui 2mila euro al mese per circa 105 ore. Una retribuzione che non è commisurata al rischio effettivo cui si è esposti: ti dicono che dovresti gestire solo i codici bianchi, ma sei un medico e se gli altri sono impegnati hai il dovere di intervenire nell’urgenza. E ancora, per il presidio di un villaggio turistico, per due settimane ti offrono 1.000 euro, ma con la reperibilità di tutto il giorno e il rischio di dover gestire urgenze a tutte le ore».

E poi c’è il problema della specializzazione, che ad oggi permette solo a un terzo dei concorrenti di aggiudicarsi un posto. Nel 2018, a fronte di 16.146 candidati, i posti messi a bando erano solo 6.934.

La selezione su base nazionale ha introdotto quantomeno una maggiore trasparenza e meritocrazia, ma gli escamotage restano. «Ad esempio gli studenti di famiglie facoltose che non riescono a superare il test trovano il modo di farsi finanziare una borsa di studio da associazioni o enti, con l’aggiunta di posti di specializzazione ad hoc», racconta Claudia. Di recente in Veneto ha fatto scandalo il caso di un professore ordinario di Chirurgia plastica veneto, per un certo periodo direttore di una scuola di specializzazione, coinvolto in un giro di borse create ad hoc e addirittura finanziate da parenti dei candidati che non avevo superato il test selettivo. 

Quando, finalmente, si riesce a superare il “collo di bottiglia” dell’ammissione alla specializzazione, la situazione non è comunque tutta rose e fiori. «Lo specializzando in Italia non viene valorizzato né rispettato e ricopre ruoli che certo non puntano alla crescita e che non gli competono» lamenta Claudia: «Spesso si ritrova per tutto il tempo a fare cose che lo strutturato non vuole fare, come compilare le cartelle cliniche, senza mai arrivare a entrare, ad esempio, in una sala operatoria».

Oppure c’è l’estremo opposto dell’amplificazione delle responsabilità: «Gli specializzandi dovrebbero essere sempre affiancati, invece ad alcuni viene chiesto di coprire turni notturni da soli e persino di trattenersi per i successivi turni diurni».

Tutto questo al culmine di un iter già di per sè lungo e impegnativo. Al superamento del test di ammissione - ben 67mila candidati per 10mila posti nel 2018/19 - si frequentano sei anni di università quindi, una volta conseguita la laurea, si effettua un tirocinio di tre mesi fra chirurgia generale, medicina interna e medicina di base. Il successo step è l'esame di abilitazione professionale per l'iscrizione all'Albo. Infine il medico può scegliere fra il corso di formazione specifica in medicina generale, della durata di tre anni, e uno dei 52 corsi di specializzazione (area medica, area chirurgica e area servizi clinici), della durata variabile in base alla branca. Qualche esempio: cinque anni per chirurgia generale, neurochirurgia, anestesia e rianimazione e medicina d'emergenza e urgenza; quattro per dermatologia, endocrinologia e neurologia.

Per quanto riguarda gli stipendi, i medici sono al terzo posto nella classifica dei professionisti più pagati, preceduti solo da notai e farmacisti. Secondo le statistiche del Ministero dell'economia il loro reddito annuale medio ammonta a 66.600 euro, ovvero a 5.550 euro al mese. Ma la panoramica sui giovani medici precari fa intuire un forte scollamento della fascia 30-40 anni rispetto ai "veterani". Scollamento che però è impossibile quantificare in quanto l'Enpam, l'Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri, alla richiesta della Repubblica degli Stagisti di poter avere i dati (ovviamente aggregati) sulle retribuzioni dei medici under 35 ha risposto di non essere autorizzata a pubblicizzare i redditi degli iscritti. La motivazione, alquanto paradossale: per "tutelarli".

Quel che è certo è che il cammino dei giovani medici è ricco di ostacoli e punti interrogativi e la difficile esperienza di ingresso nel Sistema sanitario nazionale li induce sempre più spesso a valutare soluzioni più favorevoli per paghe e turnistiche, come il privato e l’estero. 

«A luglio tenterò il test di specializzazione» conclude Giovanni: «Avevo superato quello per la scuola di medicina generale, ma ho preferito rinunciare subito e lasciare il posto libero. Continuerò l'esperienza di affiancamento all'Avis. Per il futuro non ho un’idea fissa, quindi sono aperto ad adattarmi. So che in Italia devi fare i conti con ciò che è più spendibile e redditizio, ma spero di non trovarmi a fare un lavoro che sia un peso per tutta la vita».

Rossella Nocca

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