Il lavoro è già "smart", ma il Jobs Act non se n'è accorto

Chiara Merico

Chiara Merico

Scritto il 21 Ott 2014 in Approfondimenti

smart working

Il lavoro del futuro è sempre più smart: gli orari rigidi e prestabiliti e la presenza obbligatoria davanti alla scrivania non sono più elementi essenziali per valutare l’operato dei dipendenti, che invece, grazie alle nuove tecnologie, possono lavorare tranquillamente in mobilità (a casa, al parco, in treno, al mare) ed essere giudicati in base ai risultati effettivamente conseguiti, piuttosto che sul numero di ore trascorse in ufficio. 

Una vera rivoluzione, che è già diventata realtà: lo smartworking, olavoro agile, è già stato sperimentato in varie aziende private e in enti pubblici. Il Comune di Milano, ad esempio, ha dedicato a questa esperienza un’intera giornata, lo scorso 6 febbraio:  104 tra enti e aziende hanno aderito alla sperimentazione, proponendo ai dipendenti di lavorare in mobilità. La “Giornata del lavoro agile” ha permesso, con la semplice abolizione del tragitto casa-lavoro, di risparmiare circa 2600 ore, pari a 325 giornate lavorative di otto ore ciascuna: tutto tempo guadagnato, utilizzato dai lavoratori per riposare, o dedicarsi alle attività domestiche e alla cura della famiglia.

Il lavoro del futuro è sempre più smart: gli orari rigidi e prestabiliti e la presenza obbligatoria davanti alla scrivania non sono più elementi essenziali
per valutare l’operato dei dipendenti, che invece, grazie alle nuove tecnologie, possono lavorare tranquillamente in mobilità (a casa, al parco, in treno, al mare) ed essere giudicati in base ai risultati effettivamente conseguiti, piuttosto che sul numero di ore trascorse in ufficio. Una vera rivoluzione, che è già diventata realtà: lo smartworking, o lavoro agile, è già stato sperimentato in varie aziende private e in enti pubblici. Il Comune di Milano, ad esempio, dopo l'esperimento dello scorso anno ha deciso di replicare anche nel 2015 la "Giornata del lavoro agile": il prossimo 25 marzo sarà l'occasione, per lavoratori e aziende del capoluogo lombardo e dell'area metropolitana, di sperimentare una diversa organizzazione del lavoro e della vita quotidiana.

Lo scorso anno oltre 100 tra enti e aziende di varie dimensioni hanno aderito alla prima giornata dedicata a questa nuova modalità lavorativa, toccandone con mano i vantaggi in termini di conciliazione tra vita privata e lavoro, risparmio di tempo e riduzione delle emissioni nocive. Quest'anno le aziende interessate potranno aderire compilando la domanda sul sito di Palazzo Marino. «Per questa edizione abbiamo voluto coinvolgere anche gli oltre 40 spazi di coworking presenti in città e aderenti all'albo qualificato creato dal Comune», ha spiegato l'assessore comunale alle Politiche per il Lavoro Cristina Tajani. «Questa giornata di "porte aperte" consentirà alle persone e alle aziende che vorranno aderire di utilizzare moderni spazi attrezzati, dove trovare un appoggio dotato di wifi e altri servizi per lavorare in maniera condivisia da una postazione diversa da quella abituale».

Anche a Torino lo smartworking esiste da tempo: già nel 2012 il Comune aveva lanciato un progetto che coinvolgeva 20 lavoratori, e nel 2014 la possibilità è stata estesa a 40 dipendenti dell’ente locale
. Come Laura Ribotta, ingegnere e madre di tre figli, che ha portato la sua esperienza al convegno sul lavoro agile organizzato lo scorso ottobre a Milano, nell’ambito della kermesse “Il tempo delle donne”. «Lavoro da casa e ogni giorno devo garantire due ore di reperibilità, durante le quali rispondo alle mail e alle telefonate che arrivano al numero del Comune. Una volta alla settimana vado in ufficio». Per Ribotta il lavoro agile rappresenta una soluzione efficace per conciliare gli impegni lavorativi con la gestione della famiglia: «Non provo più quella sensazione di ansia, di fretta, la preoccupazione di non riuscire a fare tutto», ha raccontato l’ingegnere. Ma lo smartworking non è solo un’opzione destinata alle mamme, o a chi ha importanti carichi familiari: «Questa modalità consente alle aziende di attrarre nuovi talenti e di trattenere le professionalità già presenti: negli Stati Uniti e nel resto d’Europa è molto diffuso, mentre in Italia la mentalità dominante lo considera ancora un’opportunità riservata a chi ha tanti figli o a chi ha problemi di salute».

Nel nostro Paese, infatti, è ancora opinione diffusa che la presenza in ufficio fino a tardi sia un punto di merito. Sfatare questo luogo comune è uno degli obiettivi che si è posta Elisabetta Caldera, responsabile delle risorse umane di Vodafone Italia, che ha coinvolto in un’iniziativa di smartworking, partita ad aprile 2014, 3.100 sui 7mila dipendenti delle 8 sedi italiane. «Volevamo sperimentare una modalità di gestione delle risorse umane innovativa e al passo con i tempi, che fosse attraente anche per i giovani, e passare da una cultura orientata alla presenza fisica a una cultura che mette al centro gli obiettivi», ha spiegato Caldera. «Si tratta di un passo culturale molto rilevante, specie in Italia, un Paese in cui la presenza in ufficio fino a tardi è ancora considerata come l’unico modo di fare carriera». Inoltre, ha sottolineato la responsabile Hr della multinazionale, «lo smartworking non è riservato solo alle donne con carichi familiari, ma rappresenta un modo diverso di lavorare per tutti, anche per gli uomini».

Al progetto i dipendenti di Vodafone Italia hanno aderito su base volontaria. «Tra i lati negativi dell’esperienza di lavoro agile c’è la mancanza di socializzazione fisica con i colleghi, che per molti resta un’esigenza», ha spiegato Caldera. «Per questo abbiamo deciso di proporre un’adesione volontaria: se lo smartworking diventa una forzatura, i risultati sono scadenti». Finora i riscontri sono stati positivi, anche da parte dei capi, all’inizio i più restii. «Li abbiamo formati con corsi appositi, perché molti di loro, più gli uomini che le donne, temevano di non riuscire a controllare i dipendenti e ad accertarsi che lavorassero», ha precisato la manager. Non ci sono ancora dati definitivi sulla produttività, ma il gradimento sembra alto. «Nessun capo si è finora lamentato dei risultati raggiunti dai dipendenti in smartworking: le persone sono pronte per questo cambiamento», ha concluso Caldera.

Quello che manca è però una normativa che regoli alcuni aspetti fondamentali del lavoro agile
, come la sicurezza per i lavoratori che operano fuori dalla sede. Una proposta di legge bipartisan sul tema, che superava le norme esistenti sul telelavoro, era stata presentata a gennaio dello scorso anno dalle deputate Alessia Mosca (Pd), Barbara Saltamartini (Ncd) e Irene Tinagli (Sc), con l’auspicio che entrasse a far parte del Jobs Act. Ma nel testo della riforma del lavoro c’è solo un riferimento al vecchio “telelavoro”: lo smartworking, la forma di flessibilità "buona" che pure già esiste, non sembra rientrare nella lista delle priorità.

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