«Ragazze, non cercate di essere perfette ma coraggiose!»

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 31 Mag 2021 in Storie

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La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso considerato “appannaggio maschile”. La Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccontarle una a una attraverso una rubrica, Girl Power, che ha la voce di tante donne innamorate del proprio lavoro e fortemente convinte che, di fronte al merito, non ci sia pregiudizio che tenga. La testimonianza di oggi è quella di Antonella Puzzo, partner presso il gruppo EY.   

Ho trentanove anni e sono nata e cresciuta in Sicilia, a Modica. Ho studiato  ragioneria diplomandomi come perito tecnico e programmatore. All’inizio non volevo andare all’università, così ho scelto un titolo “finito”, che mi permettesse di cominciare subito a lavorare. Poi invece ho deciso di iscrivermi a Economia e commercio all’università di Catania. Era l’ultimo anno del vecchio ordinamento. 

Nel luglio 2005 mi sono laureata e a fine agosto ho mandato quattro curriculum, sì solo quattro, alle big four: Deloitte, EY, Kpmg e PwC. La mia docente del corso di  Revisione aziendale era partner di una di queste e ci aveva fatto partecipare a un gruppo di lavoro in cui erano intervenuti diversi professionisti. Mi aveva colpito così tanto la loro passione che ho pensato: “Se non riesco a entrare nella Guardia di finanza voglio fare il revisore!”. Alla fine ho accantonato la prima opzione e sono quindici anni che faccio proprio il mestiere del revisore. 

La docente mi aveva procurato un colloquio con la sua società, che aveva una sede a Catania. Io rifiutai perché ero convinta che, per quello che volevo fare, Milano offrisse più possibilità. Lei mi disse che a Milano non avrebbero mai preso una che si era laureata in Sicilia: diventò per me una sfida. 

A settembre feci il colloquio a Milano per EY, la mia prima e finora unica azienda, e a ottobre iniziai a lavorare con un contratto di apprendistato, nella vecchia formula di diciotto mesi (con i canonici tre di prova), poi trasformato in tempo indeterminato. Da allora vivo a Milano e mi trovo bene, ma rifarei mille volte l’università in Sicilia.  

Oggi faccio parte del dipartimento Assurance, che comprende 1.100 persone, nel team Audit. Nel luglio 2018, dopo i vari step di carriera, sono diventata socia. Importante è stato aver fatto anche altro rispetto al mio ambito e aver potuto accrescere le mie competenze: ad esempio per quattro anni ho fatto parte del gruppo di lavoro sul capital market, che seguiva società che volevano quotarsi in Borsa, operazioni straordinarie etc. 

Mi sento fortunata, perché quello che volevo fare si è dimostrato il lavoro vincente per me, quindi ho riscontrato nella professione le mie aspettative universitarie. Tuttavia, come dico sempre, la fortuna ci vuole ma sei tu a giocarti la partita! 

Quello che più mi piace del mio lavoro è che ogni giorno è diverso dall’altro: sono infatti una persona che si annoia molto facilmente. Altro punto di forza è il contatto umano: lavoro in un’azienda il cui asset sono le persone e io ho deciso di improntare la mia carriera sul cercare di valorizzare il contatto umano. E poi l’audit è un lavoro fondato sulla fiducia: io firmo la relazione di revisione sulla base di una strategia ideata e strutturata in condivisione con tutti i membri del team, un lavoro di squadra a 360 gradi. Seguo tanti clienti, dal consumer product, all’energy, passando dalle realtà di prodotti industriali diversificati, e ognuno prevede un team da tre a dieci persone, quindi lavoro con un centinaio di persone diverse.

Non ho mai avvertito differenze di genere, mi trovo in una realtà molto meritocratica e, riguardo il bilanciamento, da quando sono entrata a oggi sono stati fatti passi da gigante. Io stessa, con altre partner, partecipo a un progetto sul talento femminile che coinvolge donne di EY e di altre realtà per capire perché a un certo punto della carriera, spesso coincidente con la maternità, le donne si auto escludano. La mia idea è che le donne aspirano a essere perfette, quando invece dovrebbero solo essere coraggiose! A differenza degli uomini, non alzano la mano se non hanno la risposta perfetta e questo toglie loro la possibilità di poter giocare la partita. 

Io non sono sposata e non ho figli, ma non perché abbia scelto di dedicare tutto alla mia vita professionale, anzi. E non per questo mi sento una donna meno completa: ho tanti interessi e, per seguirli, ho dovuto sviluppare una forte capacità organizzativa, che è la chiave vincente. Così sono sempre riuscita a non rinunciare a nulla di quello che mi faceva stare bene, dall’andare a correre al seguire un corso di teatro o di fotografia.  

Oltre alla revisione, da dieci anni mi occupo di formazione: sono partita da quella interna e oggi curo anche delle collaborazioni di EY con le università (Cattolica, Bicocca, Bocconi), con l’ordine dei dottori commercialisti, con le business school etc. Uno dei progetti di cui vado più fiera è il Talent Lab EYF – Empower Your Future, un set di lezioni su tematiche legate al bilancio (capital market, crescita sostenibile, fiscale) rivolte a un gruppo selezionato di venti ragazzi. Nella mia esperienza il ponte tra mondo dell’università e del lavoro è stato decisivo, anche questo mi ha spinto a contaminare i ragazzi della mia professione: io all’epoca non sapevo nemmeno di cosa si parlasse e mi si aprì un mondo!

Oltre alla formazione, faccio parte del team di recruiting e partecipo alla fase finale delle selezioni, quella dei colloqui motivazionali. A settembre le assunzioni sono riprese, anche se le selezioni avvengono totalmente da remoto e anche i neo assunti lavorano in smart working, con tutte le difficoltà del caso.       
Da noi lo smart working è sempre esistito e negli ultimi anni c’è stata una forte innovazione sia in azienda sia nella revisione in particolare: questo ci ha permesso, da febbraio a giugno, di riuscire a chiudere tutti gli audit per la scadenza di bilancio del 31.12. Tuttavia il mio lavoro in questo momento storico ne risente: è difficile ingaggiare i ragazzi, fare il training on the job... Inoltre il rapporto con i clienti dura molti anni: con le società quotate addirittura nove, si diventa una famiglia e lavorando in smart inevitabilmente si perde qualcosa. La vita in solitaria è un controsenso per l’attività di un revisore, soprattutto in una big four come la nostra. E può essere alienante se non ci si danno dei confini e non si creano momenti di stacco. 

Tra i consigli che mi sento di dare alle ragazze e ai ragazzi, c’è quello di attribuire la giusta importanza ai momenti di sconforto, senza nasconderli sotto il tappeto. Quante volte mi sono detta che avrei potuto fare tutt’altro nella vita – “Non è che dovevo fare la cuoca?” . Ma la forza sta nel cercare sempre di ascoltarsi e capire cosa non va e cosa si può fare per cambiarlo. 

Quello che mi ha sempre aiutato molto è stato lavorare per obiettivi e avere dei modelli di ispirazione. Sono riuscita a seguire un mix di modelli, prendendo da più persone i punti di forza, come coraggio, ambizione, tranquillità, grinta, ma anche avendo chiari i punti di debolezza e cosa non avrei mai voluto diventare. 

Altra cosa per me importante: il non dimenticare mai da dove sono partita. Solo se ti ricordi le difficoltà che hai vissuto puoi veramente riuscire a capire quelle dei giovani e aiutarli a superarle. Quando cresci velocemente, come accade in questa realtà, il rischio è proprio dimenticare da dove sei partito. Io non mi sento realizzata né arrivata, ho ancora tanti obiettivi da raggiungere. 

E poi ai ragazzi dico di essere coraggiosi, di non lasciare mai nulla di intentato, e di essere curiosi. Oggi con il nuovo accesso diretto alle informazioni non riusciamo ad acquisire realmente i concetti, non immagazziniamo nulla. Invece bisogna porsi e porre domande, saper conoscere quello che c’è dietro alle cose, e investire su se stessi.

Apprezzo chi inventa qualcosa di nuovo, come una start up, o chi decide di restare nella sua terra – che è per me più coraggioso di chi parte – per trasformare una passione nella propria professione. Non esiste uno sbocco migliore di altri, ognuno ha il proprio, e oggi rispetto a prima spesso può prescindere da quello che si è studiato!

Testimonianza raccolta da Rossella Nocca

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