La scienza è sempre più donna. E c’è un’ampia serie di ragioni per le quali oggi, per una ragazza, può essere conveniente scegliere un percorso di studi in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Repubblica degli Stagisti ha deciso di raccontarle una ad una attraverso una rubrica, Girl Power, che ha la voce di tante donne innamorate della scienza e fortemente convinte che in campo scientifico, di fronte al merito, non ci sia pregiudizio che tenga. La testimonianza di oggi è quella di Alessandra Cimadom, partner presso il gruppo EY.
Ho quarant'anni, sono nata a Ivrea e cresciuta nel Canavese e oggi vivo a Torino. Dopo il diploma scientifico non avevo le idee chiare su cosa volessi fare da grande. Ero piuttosto impallinata per lo sport e volevo iscrivermi a tutti i costi all’Isef, ma non mi convinceva perché non mi sembrava potesse offrirmi un futuro “solido”.
Allora ho deciso di fare il test di ingresso a Scienze politiche, internazionali e diplomatiche, dal momento che le lingue erano un’altra mia passione. L’ho superato, ma dopo qualche mese mi sono resa conto che non mi piaceva. Così i miei genitori mi hanno consigliato di trovare un lavoro, intanto che cercavo di chiarirmi le idee sul da farsi. Ho iniziato a lavorare in una software house come assistente software, mi occupavo di formazione per studi professionali.
Da lì mi sono appassionata al tema e ho deciso di iscrivermi a Informatica, indirizzo Reti, all’università di Torino. Mi sembrava un ambito in forte espansione, che mi avrebbe permesso di combinare la passione per qualcosa di “matematico”, con quello che il mercato del lavoro chiedeva in termini di competenze accademiche.
Era il 2000 e quello non era propriamente un corso “per donne”: eravamo solo in tre su quasi cento iscritti. Bisogna essere un po’ “maschiacci” per sopravvivere in quell’ambiente e io, in fondo, lo sono sempre un po’ stata. Sarà che ho sempre fatto sport, dalla pallavolo all’atletica alla vela. Ancora oggi non posso fare a meno di dedicarmi regolarmente all’attività sportiva: corro, vado in palestra, nuoto. È il mio modo per rimanere equilibrata, o almeno provarci, e dare ossigeno al cervello in un mondo sempre più caotico.
A fine percorso universitario ho vinto un contratto come consulente di Motorola a Swindon, in Inghilterra. Ho partecipato a un progetto di sei mesi in un gruppo internazionale che aveva l’obiettivo di ottimizzare gli algoritmi di gestione delle reti cellulari della Cina. Progetto che ho utilizzato per scrivere la mia tesi di laurea, che è valsa la valutazione di 110 e lode con menzione di stampa e il premio di miglior tesi delle facoltà scientifiche di quell’anno accademico.
Consiglio a tutti un’esperienza all’estero, soprattutto in posti che all’apparenza sembrano poco attraenti: avere coraggio è uno degli ingredienti principali per la crescita professionale, bisogna fare quello che gli altri non hanno il coraggio di fare. Quando sono tornata in Italia ero letteralmente sommersa di offerte di lavoro, sia grazie a quell’esperienza all’estero sia grazie alla votazione di laurea.
Ho accettato la proposta di Reply, società di consulenza nata in Italia e oggi internazionale, che tre mesi prima che mi laureassi mi ha offerto un contratto a tempo indeterminato come Analyst. Ho iniziato occupandomi di telecomunicazioni nel dipartimento Qualità di Vodafone a Ivrea: valutavamo gli impatti qualitativi del lancio di nuove offerte. Poi mi sono spostata per qualche tempo a Roma per un progetto in H3G come supporto ai cinesi di Huawei, che si affacciavano sul mercato italiano sul mercato italiano per il lancio delle loro prime datacard. Mi chiamarono il venerdì per iniziare il lunedì: d’altronde le opportunità di crescita comportano sempre qualche sacrificio!
Nel 2007 mi sono spostata in Altran, una società di consulenza più grande che già un paio di volte aveva tentato di assumermi. Lì ho iniziato a occuparmi di Energia: era l’anno della liberalizzazione del mercato elettrico e mi hanno proposto di partecipare a un progetto ambizioso, che mi permetteva di riscrivere pezzi di azienda. Così ho iniziato a specializzarmi nel mercato energetico, combinando progetti di trasformazione business e progetti di trasformazione tecnologica. In tre anni sono passata da Senior Consultant a Principal Consultant.
Nel 2010 mi sono spostata in una multinazionale di consulenza a Milano: facevo progetti in Italia e in Europa, sempre in ambito Energy. Sono entrata come Manager: avevo trentun anni e mi sembrava di aver raggiunto un incredibile traguardo, entrando come dirigente, a far parte della più grande azienda di consulenza a livello mondiale. Una vera palestra professionale, dove sono stata per diversi anni e dove ho imparato tanto, diventando Senior Manager nel 2015.
Nel frattempo la famiglia è cresciuta: nel 2012 è nato il mio primo figlio, Leonardo. Combinare vita professionale e vita privata si può, con qualche salto mortale, ma si può. Ho tre figli: due nati dall’unione con il mio compagno, uno acquisito dal suo precedente matrimonio. La famiglia è fonte di energia e ispirazione e non sarei riuscita a ottenere i risultati professionali senza di loro.
Certo il supporto di una rete di fiducia in questo lavoro è strettamente necessario. Io ho la fortuna di averlo, sia dal mio compagno, flessibile nel venirmi incontro nei miei cambi repentini di agenda, sia dai miei genitori, che mi aiutano con i bambini insieme a due babysitter che si alternano. Purtroppo sono una madre poco presente fisicamente, la mattina esco di casa alle sette e mezza e rientro alle otto di sera. La famiglia è sicuramente penalizzata, ma il tempo che poi abbiamo a disposizione insieme è di qualità.
A marzo del 2019 sono entrata in EY come Associated Partner nell’area Consulting: la società aveva l’obiettivo di rinforzare la squadra nel mondo Energy e, nonostante fossi incinta di sette mesi, mi ha voluta fortemente, dimostrando una grande apertura di pensiero che mi ha convinto ulteriormente a spostarmi. EY infatti è una società che valorizza la crescita professionale delle donne e la loro capacità di trovare un equilibrio tra vita professionale e familiare. Quando sono tornata dalla maternità a novembre 2019, ho iniziato il percorso per diventare Partner, e dallo scorso 1°ottobre lo sono ufficialmente. Un risultato importante che premia il mio percorso: oggi posso dire che rifarei tutto!
Ho scelto di continuare a fare attività legate a progetti pionieristici su ambiti e tecnologie sempre diversi: è quello che mi piace di più del mio lavoro, non riuscirei mai a fare un lavoro impiegatizio. Questo nonostante lavorare a tanti progetti diversi comporti avere continua ansia da performance e necessità di imparare molto velocemente. Occorre una predisposizione innata, esercitata nel tempo e affiancata dalla soddisfazione per quello che si fa: la performance c’è solo se si riesce a esprimere serenità e passione.
Nel mio gruppo di lavoro c’è equilibrio di genere. Tuttavia, quando mi sono occupata di selezionare neolaureati, ho potuto constatare che è più difficile trovare figure femminili in ambito scientifico. Si trovano più facilmente laureate in matematica o fisica, ma molto meno in ingegneria e informatica. Oggi a mio figlio – se non avesse già scelto Medicina! – consiglierei una facoltà scientifica. In particolare, nel nostro ambito si ricercano molto ingegneri specializzati in efficienza energetica, informatici, ingegneri informatici.
Ai ragazzi dico di non perdere di vista il confronto diretto con le persone e di non scegliere sempre la strada più facile. Mi rendo conto che oggi si ha un concetto un po’ diverso di lungo termine e di relazione umana, che tuttavia credo che nel mondo del lavoro siano ancora valorizzati. Inoltre ritengo fondamentale il concetto di flessibilità – che non significa fare qualsiasi cosa, ma avere la capacità di saltare da un argomento all’altro senza troppe paure e preconcetti, avere la predisposizione a cogliere tutte le opportunità che la vita e il lavoro ti offrono.
Testimonianza raccolta da Rossella Nocca
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