Girl Power: «I miei dieci anni in SDG, da stagista a program manager di un team di trenta persone»

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 09 Nov 2019 in Storie

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Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti vuole dare voce alle testimonianze di donne - occupate nelle aziende dell’RdS network - che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" e/o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Valeria Beneduce, Program Manager presso SDG group, multinazionale di management consulting specializzata in Advantage Business Analytics, che quest'anno punta a superare i mille dipendenti in tutto il mondo.

Sono nata a Varese 37 anni fa e oggi lavoro a Milano in SDG come Program Manager di un team di circa trenta persone. 

Alle superiori ho studiato in un liceo classico con indirizzo sperimentale in Informatica; ho avuto quindi una formazione umanistica, completamente opposta alla tipologia di attività della mia attuale società, fortemente tecnica e tecnologica e orientata ai bisogni di business.

Dopo il liceo mi sono iscritta al corso di laurea triennale in Discipline economiche sociali della Bocconi, un corso improntato sulle scienze dell’economia più che sulle scienze aziendali: studiavo matematica, statistica, analisi economica più che economia aziendale, marketing e così via.


Nella scelta dell’università non ho seguito le orme familiari: mia mamma è una professoressa di lingue in pensione, mio padre, anche lui attualmente in pensione, era un ingegnere elettronico presso la Regione Lombardia; mio nonno materno, avvocato. Credo che nel momento in cui si sceglie il percorso di studi sia necessario bilanciare la passione con le esigenze del mercato del lavoro e corsi come Economia, Ingegneria e Matematica possono dare un ampio spettro di possibilità studiando materie che possono avere un risvolto intellettuale tanto quanto quelle umanistiche. 

Alla specialistica ho continuato nella stessa branca, scegliendo Economia e management dei mercati internazionali e delle nuove tecnologie, e sul finire del biennio ho fatto un’esperienza di lavoro all’estero, a Londra, dove ero già stata per viaggi studio di due-tre settimane. Ho lavorato presso la Camera di commercio italiana per il Regno Unito come assistente del Trade Fair Promotion Manager, responsabile di coinvolgere le aziende inglesi in eventi fieristici in Italia (Fiera Milano, Verona Fiere). Un’esperienza che mi ha dato modo di approfondire la lingua inglese, fondamentale oggi nel mio lavoro, e di confrontarmi con culture diverse, sviluppando una mentalità più aperta e tollerante. In entrambi i corsi ho scelto economia internazionale come materia di tesi: mi è sempre piaciuto guardare al di là dei confini internazionali, anche se poi ho deciso di coltivare la mia vita lavorativa qui in Italia. 

Dopo la laurea, nel 2008, ho cominciato a cercare lavoro tra Milano, una città piena di opportunità nonché vicina alla mia famiglia, e Londra, un posto che mi stava molto a cuore. Ho fatto diversi colloqui, soprattutto per società di consulenza, un settore che mi affascinava per la sua variabilità. Sono arrivata alla fine della selezione per lavorare in due società tra le più importanti a livello mondiale nella consulenza, e poi in SDG. Ho scelto quest’ultima perché mi ha dato subito l’idea di puntare sulla persona: dieci anni fa era una realtà più piccola rispetto ad oggi  e la sede di Milano contava meno di trenta persone – oggi i consulenti a Milano sono circa 110, su circa 300 totali in Italia e quasi 1.000 in tutto il mondo. 

Mi ha convinto il fatto di non essere solo un numero, e di poter diventare da subito parte attiva di un team e di un progetto. Sono entrata come stagista e sono diventata manager. Non cambiare lavoro in questi dieci anni è stata una scelta, non un relegarsi in una comfort zone, in un’era e in un ambiente come la consulenza in cui il turn over è molto alto. Dopo tre-quattro mesi di stage ho firmato un contratto di apprendistato di quattro anni, poi trasformato prima della scadenza in contratto a tempo indeterminato. Alla luce dei feedback positivi durante i primi anni di lavoro, non ho mai avuto dubbi sulle intenzioni di assunzione dell’azienda.

I primi anni sono stati di forte conflitto interiore, in quanto mi scontravo con temi fortemente tecnici e tecnologici che fino a quel momento non erano mai stati parte del mio percorso, come datawarehousing, gestione e modellazione di dati, soluzioni di front-end destinate sia ad analisi operative che ad analisi più aggregate per il top management delle aziende nostre clienti. Più però consolidavo certe conoscenze, più guadagnavo in sicurezza. In questo percorso, inizialmente molto difficile per me, ho potuto contare sul supporto familiare e su quello dell’azienda, che ha accompagnato la mia crescita assecondando le mie inclinazioni. 

La svolta è avvenuta cinque anni fa con un progetto che ha segnato il mio percorso di crescita lavorativa e personale. Si trattava di un progetto per il sito francese di uno dei nostri più grandi clienti, di cui sono attualmente Program Manager. Allora ero Senior Consultant ed ero molto operativa: avevo un capo progetto che a un certo punto ha deciso di farmi navigare da sola, “sparendo” a poco a poco. Così ho dovuto confrontarmi con i colleghi e allo stesso tempo coordinarli, oltre che gestire un cliente esigente e preciso, con cui la cura della relazione era fondamentale. Quell’esperienza mi ha fatto comprendere di aver fatto un passo in avanti nella gestione professionale e in quella delle emozioni. Da allora mi sono resa conto che  coordinare team e affrontare il cliente in maniera diretta era quello che mi piaceva fare.  

Oggi il cliente che gestisco ha attivi fra i venti e i trenta progetti contemporaneamente. Io mi occupo di coordinare il team, di allocare le risorse, di gestire i conflitti sia interni che esterni, di curare il rapporto con il cliente e le nuove opportunità, di pianificare le attività e far sì che siano completate nei tempi e nelle modalità attese. 

Una delle componenti più belle del mio lavoro è l’essere sempre in movimento, non annoiandosi mai, e questo ripaga dello stress. In dieci anni ho viaggiato tra Francia, Inghilterra, Irlanda, Stati Uniti e Cina. Quando vai a fare workshop presso i clienti all’estero ti ritrovi una o due settimane con persone appartenenti a culture diverse che devono raggiungere un obiettivo comune e la soddisfazione di partire avendo definito il piano di un nuovo progetto o decretato il successo di un progetto appena concluso è impagabile. Oltre ai viaggi all’estero, tutte le settimane vado a Firenze per almeno due giorni. Nonostante le frequenti trasferte, penso di riuscire a garantirmi un life balance accettabile e sono certa che quando verrà il momento di crearmi una famiglia potrò contare su un’azienda aperta al dialogo insieme alla quale ricercherò il giusto bilanciamento tra sfera personale e sfera lavorativa.

Quando sono entrata in SDG le donne erano molto poche – probabilmente anche per il poco marcato interesse verso il settore – e tuttavia il mio capo diretto era una donna. Oggi la componente femminile è aumentata, ma resta in minoranza, nonostante non ci sia alcuna disparità di genere nelle attività di recruiting. Non ho mai pensato che se fossi stata un uomo avrei ricevuto un trattamento diverso. Nel momento in cui una donna vive il rapporto di lavoro con un uomo come paritario, gli dà la percezione che non c’è spazio per la prevaricazione. Sono certa che in questo percorso interno il mio livello salariale è stato pari a quello di un uomo e sono anche convinta di non essere mai stata vittima di un gender gap, ma certo non posso dire che fuori il problema non esista. 

Le donne possono avere all’inizio maggiore emotività e insicurezza, ma devono saper sfruttare queste “debolezze” a proprio favore. L’intelligenza emotiva infatti può essere un plus, perché porta ad approfondire, ad andare oltre quello che viene detto, cogliendone le sfumature. Le donne della mia famiglia mi hanno sempre spinto ad andare a fondo nelle cose e ad essere tollerante con chi mi circonda. Sul lavoro il modello di manager al femminile è stato il mio primo capo, una donna giovane con caratteristiche tecniche e funzionali forti: lavorare con lei mi ha aiutato a capire che quella poteva essere la mia strada. 

Il consiglio che do alle ragazze è di non abbattersi mai, perché soprattutto nei primi anni di lavoro la fatica può essere tanta, ma lavorare sodo porterà a dei risultati. La consulenza offre opportunità a laureati di tanti ambiti diversi: qualsiasi materia scientifica ed economica può andar bene se si hanno curiosità, impegno, voglia di imparare e determinazione. L’importante è rendersi consapevoli delle proprie possibilità. Un altro consiglio è di mantenere sempre aperto il dialogo con le persone con cui si lavora, di non avere timore di confrontarsi anche con persone di seniority superiore, ovviamente sempre con rispetto ed educazione! 

Testimonianza raccolta da Rossella Nocca

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