Ilaria Mariotti
Scritto il 03 Lug 2021 in Storie
buone occasioni buone opportunità discriminazione di genere gender pay gap gendergap girl power occupazione femminile Prometeia STEM stereotipi di genere
Girl Power è la rubrica attraverso la quale la Repubblica degli Stagisti dà voce alle testimonianze di donne – occupate nelle aziende dell’RdS network – che hanno una formazione tradizionalmente "maschile" o ricoprono ruoli solitamente affidati agli uomini, in ambito Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) ma non solo. Storie che invoglino le ragazze a non temere di scegliere percorsi considerati appannaggio pressoché esclusivo degli uomini. La storia di oggi è quella di Elizabeth Jane Casabianca, senior economist per Prometeia, società di consulenza, sviluppo software e ricerca economica, tra le principali nelle soluzioni per il Risk e il Wealth Management, e nei servizi per gli investitori istituzionali a livello europeo.
Ho 36 anni e vengo da Pesaro. Come si intuisce dal mio nome, ho un papà italiano e una mamma inglese, originaria del Kent, una regione a sud di Londra. Sono quindi cresciuta in un ambiente internazionale: da piccola, durante le vacanze estive, venivo messa su un aereo e mandata in Inghilterra a passare l'estate con i nonni materni. I miei non sempre stati molto aperti in questo, e pur essendo figlia unica non mi hanno mai tenuta nel nido, ma sempre spronato a andare via.
E infatti, nel mio percorso, le esperienze all'estero sono state tante. Innanzi tutto l'Erasmus di nove mesi in Germania, a Kiel, al confine con la Danimarca. Una scelta un po' controcorrente, i miei colleghi andavano tutti in Spagna! Ma sono sempre stata un po' l'anticonvenzionale del gruppo. Quella esperienza che mi ha fatto capire come, nonostante le diverse culture, siamo tutti uguali in quanto persone. Ne è valsa la pena, ho ancora amici con cui mi sento. Sempre nel corso dell'università ho soggiornato per un altro periodo all'estero, sei mesi alla Camera di Commercio di Monaco di Baviera: si trattava di un progetto universitario chiamato Campus World.
Negli anni a seguire, perché all'università sono rimasta con il dottorato, sono stata due volte alle Nazioni Unite di Ginevra. La prima mentre scrivevo la tesi di dottorato come visiting professor, per sei mesi, per approfondire il tema degli effetti del commercio internazionale sulla povertà in America Latina. E in seguito, sempre alle Nazioni Unite, ho avuto un incarico come consulente, per due anni, al termine del quale sono rientrata in Italia per l'assegno di ricerca. Subito dopo la laurea avevo anche fatto un piccolo stage in un'azienda metalmeccanica, che si occupava di commercio estero. Ma è durato solo un mese, sentivo il richiamo dello studio.
Ed è grazie alla mia carriera accademica che è arrivata l'opportunità di entrare in Prometeia, dove sono ora inquadrata come senior economist nell'ufficio Practice e analisi economiche. Mi occupo di studi economici focalizzati su come le politiche economiche possano influire su redditi e disuguaglianze. Ed è stato il classico caso in cui ci si trova al posto giusto al momento giusto. Una ragazza del mio team attuale venne all'università a tenere un seminario su un argomento della mia ricerca. Erano a caccia di qualcuno che collaborasse con l'azienda su quelle tematiche. Io attraversavo un periodo di riflessione: all'università il lavoro resta in astratto, mentre in quel momento io cominciavo a sentire il bisogno di una maggiore praticità e dinamicità. Volevo che la mia ricerca avesse risvolti pratici più immediati: all'università i tempi tecnici sono lunghi tra ricerca vera e propria fino poi alla pubblicazione del paper. Così mandai il mio curriculum a Prometeia.
A gennaio 2016 sono entrata con un contratto a tempo determinato, poi trasformato a settembre in indeterminato, con una ral di circa 30mila euro annuali. All'università il lavoro resta in astratto, mentre io sentivo il bisogno di una maggiore praticità e dinamicità. Volevo che la mia ricerca avesse risvolti pratici più immediati, all'università i tempi tecnici sono lunghi tra ricerca vera e propria fino poi alla pubblicazione del paper. Quello che faccio oggi con il mio team è orientare i clienti negli investimenti attraverso i nostri rapporti di previsione su come andrà l'economia italiana nel breve periodo.
La mia propensione alla matematica è innata, tanto che alla superiori ho scelto Ragioneria, con specializzazione informatica. In quella sezione c'erano più ragazzi che ragazze, a differenza del ramo basato sulle lingue, considerato più “da femmine”. Una scelta tutta mia, avendo papà operaio metalmeccanico e mamma casalinga. Ma pensavo che in questo modo, se non avessi fatto l'università, avrei potuto lavorare da subito. Poi invece mi sono iscritta alla triennale in Economia e commercio internazionale di Ancona, laureandomi con 110 e lode, anche se nel frattempo ho sempre lavoricchiato come hostess e promoter per arrotondare e pesare meno sui miei.
Sono poi passata alla specialistica in Economia e impresa con specializzazione in Management internazionale. Il voto è stato 107, un po' penalizzato dal periodo dell'Erasmus in cui avevo avuto difficoltà con la lingua. E questo nonostante il bilinguismo mi abbia invece agevolato sul lavoro. Ma non me ne pento perché si tratta comunque, per l'Erasmus, di un passaggio molto ben visto dai selezionatori: non tutti si mettono in gioco partendo da soli per un paese nuovo. Fa parte della mia personalità mettermi in gioco e non mollare mai. Così è stato nel corso degli anni accademici. Quelli in cui ho più percepito forse di più lo squilibrio di genere, anche se nel mio gruppo di lavoro ci sono sempre state molte donne. All'università eravamo quasi tutte ricercatrici, e anche attualmente in Prometeia, nel mio team, siamo in maggioranza.
La presenza femminile però si sfoltisce man mano che si sale di grado. Non a caso all'università non vi erano professoresse ordinarie nel mio dipartimento. All'università le studentesse sono in tante, anzi forse la maggioranza. Poi piano piano se ne vedono di meno, non vanno avanti, e lì si avverte il famoso tetto di cristallo. Difficile dire perché: forse tendono a svalutarsi, ad accontentarsi, a gettare la spugna, condizionate dal clima esterno. Nel caso per esempio della carriera accademica temono il fatto di dover affrontare anni di precariato, di non potersi stabilizzare fino a oltre i trent'anni e mettere così in discussione gli altri progetti di vita.
Si tende così a essere meno ambiziose e a fermarsi prima. Io, per fortuna, non ho mai sperimentato nessun tipo di discriminazione sulla mia pelle, e non ho mai fatto caso al fatto di essere in minoranza in alcuni contesti, come per esempio alle superiori. Anche forse per il fatto che le mie supervisor sono sempre state donne. Solo in ambito accademico mi è capitato di pensare che avrei avuto una carriera diversa se fossi stata un uomo, perché lì sì si avverte la resistenza verso le carriere femminili.
A volte mia mamma, che è molto fiera di me ma fa parte di un'altra generazione, mi rimprovera bonariamente che mi vorrebbe più “ferma”, che non macinassi così tanto. Forse parla così perché vorrebbe un nipotino. Che è anche nei miei progetti e in quelli di mio marito, non penso la mia carriera possa essere di ostacolo quando arriverà il momento. Specialmente ora che siamo in smart working e abbiamo tutti guadagnato in tempo e produttività. Avendo più spazi sono perfino riuscita a riprendere un incarico accademico, e adesso, sempre da remoto, tengo un corso online presso la Cattolica in Scienze Bancarie.
Mi sento molto fortunata a essere arrivata fin qui. Vedo tra i miei amici che molti di quelli che hanno scelto l'università fanno fatica a trovare un lavoro, forse di più di quelli che si sono fermati al diploma. Abbiamo attraversato in pieno gli anni della crisi, ma va detto che ora molto di più rispetto al passato le materie scientifiche offrono maggiori opportunità di impiego. Ai miei tempi ancora si pensava che andando a studiare Ragioneria l'unico sbocco fosse l'insegnamento. Devo ringraziare anche mio padre che mi ha sempre insegnato che nella vita bisogna sempre studiare. È la curiosità che mi ha spinto fin dove sono, e per questo consiglio alle ragazze di oggi di lavorare sempre per raggiungere i propri obiettivi, di non tirarsi mai indietro perché abbiamo delle capacità uniche, come quella di essere determinate e saper fare bene più cose contemporaneamente. È proprio questo che ci contraddistingue.
Testo raccolto da Ilaria Mariotti
Community