«Ancora una volta a pagare il prezzo più alto sono i più vulnerabili, donne e giovani»: secondo recenti dati Istat il dodici per cento delle imprese intende ridurre l’organico quando finirà la cassa integrazione e «in questo contesto la disoccupazione giovanile potrebbe toccare il 23,5 per cento». Una fotografia sul futuro del lavoro in Italia che Massimiliano Tarantino, direttore Fondazione Feltrinelli, presenta insieme a una serie di dati poco incoraggianti per il mercato del lavoro – un crollo del pil stimato dalla Commissione europea di oltre l’undici per cento, un’impresa su tre a rischio fallimento, più di due terzi delle aziende italiane con un calo di fatturato negli ultimi sei mesi, quattro anni di lenti miglioramenti spazzati via sul fronte dell’occupazione e mezzo milione di persone che hanno perso il lavoro da inizio pandemia.
Il mercato del lavoro ha sofferto in questi mesi di chiusura e continuerà a farlo. Ma ci sono stati anche dei piccoli risultati quasi positivi, come la rivoluzione dello smart working, prepotentemente diventato realtà proprio causa Covid. Lavorare da casa però significa anche essere in grado di farlo, quindi migliorare le proprie competenze per essere al passo con i tempi e farlo attraverso la formazione, che non deve mai essere abbandonata, ricorda Andrea Malacrida, amministratore delegato di Adecco Group.
Ma non tutti hanno potuto lavorare da casa e per alcuni la pandemia e il lungo lock down hanno significato rimanere senza lavoro e senza stipendio. È capitato soprattutto alle categorie di lavoratori e lavoratrici meno contrattualizzati – quelle più a rischio proprio per la mancanza di tutele. In questo senso l’Italia è molto lontana da un concetto di dimensione europea del lavoro – nota l'avvocata Cathy La Torre – e per farlo sarebbe necessario estendere gli ammortizzatori sociali ai tanti che solo in emergenza Covid hanno avuto un aiuto economico dallo Stato: «Alcune forme di lavoro atipico sono state escluse e questo forse perché sono talmente tante che legislatore e governo si dimenticano che esistono». D'accordo Maurizio Landini, segretario generale della Cgil dal 2019, che ricorda come il governo abbia dovuto inventare in questa fase forme di tutela per una vasta gamma di soggetti. «È vero, il Governo ha fatto provvedimenti senza conoscere tutte le forme di lavoro esistenti. Il paradosso è che siamo arrivati a farli anche per i lavoratori in nero. Non dovrebbero esistere, ma poiché ci sono e senza quel lavoro non mangiano abbiamo introdotto un bonus invece di affrontare il problema».
Bonus per tutti, tranne per gli stagisti, obietta Marianna Lepore della Repubblica degli Stagisti – ricordando i grandi risultati ottenuti negli ultimi anni sul tema stage, come l’introduzione in ogni Regione del diritto a un’indennità mensile per i tirocini extracurriculari. Che restano, però, sempre in secondo piano quando si parla di lavoro, «tanto che in emergenza Covid nessuno sembrava preoccuparsi degli stagisti». E solo dopo diversi mesi alcune regioni hanno appoggiato la proposta della Repubblica degli Stagisti di introdurre un bonus per questa categoria, decisione presa da Lazio, Toscana, Valle d’Aosta, Calabria, Emilia Romagna e Marche. Uno scarso interesse verso gli stagisti che nasconde poca conoscenza sul tema, visto che la platea è tutt’altro che esigua: «circa 500mila tirocinanti nel solo 2019 in Italia, 355mila quelli extracurriculari registrati dal Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie e gli altri circa 150mila curriculari, stimati dalla RdS». E forse, rimarca Lepore, lo scarso interesse verso questa platea è causato anche dall’assenza di una rappresentanza sindacale dedicata esclusivamente a questi soggetti, che possa fare da ponte con il mondo politico.
«Sono assolutamente d’accordo che i giovani non debbano essere sfruttati, fare uno stage ma in realtà lavorare come gli altri lavoratori: se però vogliamo cambiare questa situazione dobbiamo far tornare il lavoro un elemento centrale di valorizzazione», concorda il segretario Landini, spingendosi a suggerire che questa battaglia dovrebbe essere fatta da tutto il sindacato in Europa.
Il futuro dell’occupazione in Italia non sembra roseo per i più giovani e sono ancora una volta i numeri a confermarlo. «Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro più di un giovane su sei ha perso il lavoro da marzo ad oggi e nonostante questo le qualifiche richieste aumentano, con la richiesta indispensabile di stage che spesso sono contratti di lavoro gratuito» spiega Arianna Preite, coordinatrice della testata giovanile Scomodo, formata da under 25. Preite ricorda anche il silenzio assordante sul mondo universitario, «non è stata prevista nessuna riduzione delle tasse o facilitazioni verso i giovani ora in maggiore difficoltà», con il rischio di un calo di iscrizioni. Eppure già esiste «un gap su numero di laureati nel confronto tra Italia ed Europa».
Negli ultimi anni però in Europa sono stati fatti molti progressi nell’ambito del lavoro secondo Reiner Hoffman, presidente della Confederazione tedesca dei sindacati (DGB), «ma devono essere ancorati con misure concrete. Le persone devono sentire che l’Europa protegge il buon lavoro e dobbiamo promuoverlo in Italia, porre fine alla liberalizzazione senza fine». Hoffman aggiunge che i sindacati saranno molto forti se riusciranno a portare avanti la contrattazione collettiva e che è necessaria «una nuova politica per quanto riguarda l’orario di lavoro che metta in primo piano gli interessi dei lavoratori e non solo le richieste di flessibilità dei datori di lavoro».
Livia Spera, Segretaria generale dell’European Training Foundation, ricorda come esista un mercato unico che «è stato costruito senza un’adeguata rete di protezione sociale», con la conseguenza che i lavoratori finiscono per mettersi in competizione gli uni con gli altri. Ha ricordato la situazione dei lavoratori dei trasporti che «abbiamo applaudito perché ci consegnavano pasti e medicinali a casa, o merci non essenziali, o rimpatriavano i concittadini, ma ora hanno perso o perderanno il lavoro, senza alcun diritto». La teoria di Spera è che la crisi economica abbia esasperato problemi che già esistevano: «non vinceremo mai la sfida ambientale se non vinceremo quella sociale, non sposteremo mai il traffico merci dalla strada se il lavoro dell’autotrasporto continuerà ad essere estremamente conveniente per i datori di lavoro». E lancia un allarme: «La crisi doveva essere occasione per rilanciare nuovo discorso su trasporto e lavoro, ma nei documenti programamtici preparati dalle prossime tre presidenze della Commissione europea non abbiamo letto nemmeno una volta le parole lavoro e lavoratore». Poi ricorda che il sindacato deve fare delle riflessioni perché il mondo cambia ma i metodi devono rimanere gli stessi.
Che il sindacato debba adeguarsi ai nuovi tempi è d’accordo anche Landini: «Abbiamo fatto degli errori in questi anni», riconosce il segretario della Cgil, «e da sindacalista dico che se non ci mettiamo insieme con i giovani, con i precari, per garantire i diritti di tutti non ne usciamo. Questo vuol dire cambiare il sindacato: le persone hanno il diritto di organizzarsi collettivamente e fare coalizione. Questi diritti vanno garantiti. Ma le nuove forme di lavoro, le partite iva, i lavori intermittenti, gli stagisti, questi diritti non li hanno. Perciò va ricostruita una legislazione che dia dignità al lavoro e batterci perché chi non ha diritti ce li abbia. Una battaglia che dobbiamo fare tutti assieme».
La discussione ha avuto luogo pochi giorni fa nel corso dell'evento «Riportare il lavoro al centro dell’Europa», secondo appuntamento della rassegna Forza Lavoro! organizzata dalla Fondazione Feltrinelli, moderato da Giada Ferraglioni: «Nei prossimi giorni scriveremo a tutte le associazioni di lavoratori che in questo periodo si sono messe assieme per tutelarsi, per incontrarci, metterci assieme e vedere come ottenere i diritti. Il mondo del lavoro in tutte le sue forme se vuole ottenere qualcosa si deve unire».
La proposta è interessante. E la Repubblica degli Stagisti – che non è un’associazione di stagisti, ma una testata giornalistica che da oltre dieci anni cerca di tutelarli e che in questi mesi ha raccolto gli sfoghi, i dubbi, le domande dei tirocinanti dimenticati da tutti, e che si è fatta promotrice di una proposta di un’indennità per gli stagisti rimasti a secco per mesi con tirocini interrotti, senza gli sbocchi professionali previsti – già fin d'ora dà la sua disponibilità a collaborare con la Cgil e con tutti gli altri sindacati, per battersi anche per i diritti dei tirocinanti.
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