Ilaria Mariotti
Scritto il 30 Mar 2023 in Notizie
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Sono nativi digitali perché nati e cresciuti nell'era dell'iper-informazione, ma la loro voce resta spesso inascoltata. Da questo spunto nasce l'idea dell'artista visiva Francesca Grosso, 31enne romana, che nella mostra La Voce dei Duemila – fino a pochi giorni fa in esposizione alla Casa del Municipio I a Roma – ha esposto opere realizzate con la tecnica dei calligrammi in cui si riportano le riflessioni dei giovani. Circa 250 ragazzi nati nel Duemila e da lei intercettati e intervistati. Il risultato è stato trasposto nelle sue creazioni, raffigurazioni composte tramite la scrittura. Ogni quadro contiene disegni realizzati con parole scritte, provenienti dalle interviste ai giovani ma anche da poesie e testi di autori famosi. Sono calligrammi 'artistico-sociali' li definisce il comunicato, nati dalla scrittura che, in forma libera, «non rispecchia i modelli della calligrafia ma si sviluppa come materiale pittorico».
«Nel 2018 ho messo online un video che rimandava a un form online rivolto a chi avesse appena compiuto 18 anni» racconta Grosso alla Repubblica degli Stagisti. «Mi interessava creare uno spazio ideale di scambio, di ascolto verso la generazione più giovane, che fosse anche uno strumento di crescita» chiarisce l'artista. Che non si limita ai pennini e all'inchiostro per le opere di scrittura, ma utilizza anche l’acquerello per creazioni pittoriche, oltre a mettere a punto sperimentazioni digitali per la video-arte. «Volevo che i millennials rivendicassero la propria forza di pensiero» prosegue Grosso, «e che rispondessero con forza a chi li definisce in senso dispregiativo 'nativi digitali'». Come in ogni epoca «il pensiero dei più giovani viene talvolta sminuito, se non proprio ammutolito». Nel nostro caso è quello di chi è nato immerso nelle nuove tecnologie, per la prima volta nella storia. Ma non per questo ha meno da dire rispetto a generazioni che hanno vissuto contesti diversi.
Gli intervistati sono stati chiamati a riflettere sul mondo ideale, sul significato della diversità, sulle nuove tecnologie. E ancora sulla propria percezione dell'amore, dell'attesa, della paura, del potere e della libertà, sul senso di inadeguatezza e di alterità. Diciassette in tutto le domande poste in modalità aperta. Alcune tra queste sono state: 'Cosa significa per te amare?', oppure 'Come dovrebbe essere per te la scuola?'. E poi: 'Quali sono secondo te le cause delle guerre?', 'Immagina un giorno senza Wi-Fi, come sarebbe?'. Le risposte - arrivate da tutta Italia - offrono uno spaccato sulle nuove generazioni.
Un ragazzo che si firma anonimo afferma che «Il mondo ideale è quello in cui la maggior aspirazione degli uomini non sia quella di essere superiore agli altri, ma di essere da esempio per gli altri». Non tutti si sentono liberi, «perché io ho possibilità di scegliere cosa voglio essere ma il mondo dovrebbe essere più giusto eliminando disuguaglianze economiche e sociali» dice un'altra partecipante, Federica Boasso. E ancora «Non riesco a immaginare un mondo in cui mi senta libera. Forse essere in una gabbia a volte fa comodo» sostiene Lunia.
Altri vogliono cambiare il mondo, come Lucrezia Pierri: «Mi interessa migliorare i diritti delle persone, soprattutto delle donne, che vivono in paesi in cui non possono godere di certe libertà». E poi c'è chi, come Luna, ammette: «Voglio solo far musica, non mi interessa se ciò finisce per migliorare il mondo o solo la mia vita». Sulla definizione di nativi digitali hanno per esempio opinioni diverse. Secondo Matilde Pessina «Non abbiamo vissuto il 'prima' ma non per questo siamo più dipendenti». Per Alessia Pirrello «Internet se usato bene è un ottimo strumento per unire le persone e esprimere creatività».
Ricorre la preoccupazione per l'ambiente. Carlotta Lunardi vorrebbe «sensibilizzare le persone sulla questione ambientale perché ciò che stanno facendo ora avrà una grossa ripercussione negativa per noi 'nativi digitali'». Dice Sara Pisani: «Nel mio mondo ideale gli uomini hanno ben presente di essere solo ospiti su questa Terra, tanto quanto gli altri animali e tutti gli esseri viventi, perciò vivono nel rispetto della natura».
«C'è una grande necessità di sentirsi ascoltati, considerati» riflette l'artista. «Io sono diventata in qualche modo un foglio bianco, un punto di ascolto privo di giudizi e ho cercato di lasciarmi suggestionare nella costruzione delle immagini». Così sono nati i quadri e i calligrammi, alcuni singoli e altri corali, in cui si raccontano le storie dei ragazzi. Le parole vengono cristallizzate e trascritte con lentezza. Un metodo che «diventa metafora di ascolto, dedizione e partecipazione». Qualcosa che si è perso nell'era del digitale, insieme alla scrittura manuale che, al contrario, è foriera di attenzione.
Ilaria Mariotti
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