Forum delle Risorse umane, le aziende raccontano la crisi. Marco Masella: «In Italia non investe più nessuna multinazionale»

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 21 Ott 2011 in Notizie

Crisi economica e un sistema Italia sempre più malfunzionante. Sono alcuni dei temi emersi l'altroieri alla terza edizione del Forum delle Risorse umane presso l'Auditorium Parco della Musica di Roma, appuntamento annuale per manager e addetti ai lavori nel campo del recruiting organizzato da Comunicazione Italiana - società di servizi internet ed eventi - e Aidp - Associazione italiana direttori del personale. L'evento voleva essere aperto anche ai non addetti ai lavori, e per questo un'area era dedicata alla raccolta di curriculum da parte di quattro aziende (tra di loro anche Neomobile, aderente al progetto Bollino OK Stage della Repubblica degli Stagisti), anche se a dir la verità in giro si vedevano soprattutto manager delle risorse umane e ben pochi ragazzi armati di cv.
Come prevedibile, vista la crisi che attraversa il nostro paese, nella plenaria di apertura dal titolo «Giovani, donne e welfare» si è parlato della situazione economica e politica dell’Italia, che non ne esce con una bella immagine. Tra i relatori, Marco Masella [nella foto], presidente della scuola di management di Palo Alto, che descrive una situazione allarmante, provocata in primo luogo dal fatto che le multinazionali si rifiutano di investire in Italia, nonostante lo facciano nel resto d’Europa. I principali ostacoli percepiti dalle aziende straniere? La complicazione burocratica - ad esempio la difficoltà a compilare le nostre buste paga composte da decine di voci - e l'eccessiva gravosità del fisco. Ma Masella fa riferimento anche al gender gap, che vede l'Italia al 72esimo posto nella classifica mondiale (preceduta addirittura da stati africani come il Botswana), e allo scarso rispetto dei contratti, talmente evasi che in classifica siamo al 156esimo posto su 188 paesi. Il manager però, oltre a snocciolare dati preoccupanti sulle criticità italiche, lancia anche un «manifesto per lo sviluppo»: sette proposte per ridare competitività all'Italia. Semplificare le leggi (in Italia sono 150mila mentre ad esempio il Regno Unito ne ha appena mille), iniziare a pianificare tutto e non solo i grandi progetti, misurare le performance (abitudine con scarso seguito in Italia), abbattere i privilegi, eliminare il lavoro interinale («sarò impopolare nel dirlo» mette le mani avanti Masella  «ma questo sistema ha fallito, ha creato solo maggiore precarietà e qualche nuovo ricco»), ridurre le tasse («perché nessuno vuole pagarle se ingiuste e questo è uno dei motivi per cui l’estero non investe»), e infine introdurre un’etica in politica, a cominciare dalla regola per cui nessuno possa avere una carriera politica più lunga di dodici anni.
Anche Filippo Abramo, presidente di Aidp, rimarca l’arretratezza dell’Italia. Nel suo intervento illustra il modello di flexsecurity danese, un successo lontano anni luce dal sistema italiano asserragliato attorno all’articolo 18: «in Danimarca licenziano come gli pare. Per tre anni lo stato offre un sussidio di disoccupazione che è come uno stipendio e con agenzie apposite si prende in carico la persona per riaddestrarla e renderla occupabile altrove».
Un’idea che non piace a Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil. «La Danimarca è piccola e ci sono risorse spendibili. In Italia si cresce meno di altri paesi da 15 anni, ben prima della crisi e a causa di un deficit profondo». E ricorda come il tasso di occupazione femminile sia al di sotto del 50%, e i contratti di lavoro precario siano di ben 47 tipologie, due terzi dei quali vanno considerati una truffa, a partire dagli stage dietro cui spesso si maschera lavoro a tutti gli effetti.
Nel calderone delle
conferenze della giornata, tra crowdsourcing, visual coaching e altre inglesismi un po' ostici, spicca l'intervento di Donatella Lucantoni [nella foto a destra], direttore del personale di Fox Channel. Entusiasta nel raccontrare che il loro team si occupa principalmente di rendere migliore la vita dei dipendenti, organizzandoli come una community con party a tema, festeggiamenti per compleanni e matrimoni degli impiegati e così via. Insomma un mondo a parte, a tratti surreale. Sarà che nel settore tv la crisi non colpisce?

Ilaria Mariotti


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