L'Erasmus per giovani imprenditori compie dieci anni: a partire più di tutti sono (ancora una volta) gli italiani

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 19 Nov 2019 in Notizie

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Esiste un programma Erasmus parallelo, che non ha niente a che fare con quello tradizionale basato sullo scambio tra studenti di tutta Europa: si chiama 'Erasmus for young Entrepreneurs (Eye)' ed è rivolto a imprenditori nascenti che vogliano «imparare i segreti del mestiere da professionisti già affermati di piccole o medie imprese di un altro paese». Chi ospita si trova invece a «considerare la propria attività sotto nuovi punti di vista, a collaborare con partner stranieri e informarsi su nuovi mercati».

Quest'anno si celebra il decennale del programma, segnando il primato della partecipazione degli italiani. Un record non nuovo per quanto riguarda i bandi internazionali, dove il nostro Paese si colloca quasi sempre ai primi posti per numero di candidature, complice la crisi economica.

Finora «gli italiani che si sono registrati come 'new entrepreneurs' e partiti alla ricerca di opportunità all'estero dal 2009 a oggi sono stati oltre 2mila – su un totale di circa 10mila, di cui 3.500 solo negli ultimi tre anni» sottolinea Gonzalez Vera dell'
Eurosportello Veneto
,  una delle organizzazioni locali a cui rivolgersi per fare domanda.

Dietro di noi ci sono gli spagnoli, con 1.800 partecipanti. E l'Italia è tra le prime anche come paese di destinazione per gli imprenditori esteri, collocandosi al terzo posto nelle scelte.

Silvia Fiorio, avvocata 40enne di Verona, è stata tra le prime a partecipare, insieme al marito 38enne Marco Crema: «Era il 2010, una delle primissime edizioni, ne siamo venuti a conoscenza per sentito dire» racconta alla Repubblica degli Stagisti: «Mi ero laureata nel 2004 e quando sono partita ero una libera professionista, ma per le regole del programma ero considerata un'imprenditrice». La scelta cade su Bruxelles, «dove già avevo lavorato per qualche tempo». Tanto che lo studio che l'ha accolta lo ha trovato da sé: «Avevo già una mia rete di contatti, e sono finita in un ufficio che si occupava di fondi europei per l'ambiente». Marco, che nel frattempo aveva aperto uno studio per conto suo, è stato invece spedito a Madeira, «una piccola isola di pertinenza portoghese, nel mezzo dell'oceano, in uno studio internazionale».

Quei mesi in Belgio e in Portogallo hanno dato i loro frutti, perché al rientro i due hanno aperto un'attività insieme, lo Studio legale Crema, che si occupa di diritto internazionale. Ed è spuntato anche qualche contatto in più: «Formammo un gruppo con altri professionisti per seguire un cliente specifico». Dell'esperienza Silvia ricorda anche le criticità: «Difficile che ti facessero lavorare sulle loro pratiche, e così è complicato creare qualcosa per il futuro se sei solo un libero professionista e non un'azienda strutturata». E poi all'epoca «il progetto era ancora in fase embrionale».

Ostacoli che però scongiurano anche il rischio che il soggiorno nell'azienda estera si trasformi in una sorta di stage-sfruttamento: «Non entri nella vita della società e quella dei colleghi, sei parte dell'organico per un periodo di tempo portando lì le tue competenze, ma sei un visitatore esterno che sta a guardare». A differenziare il tutto da un tirocinio vero e proprio anche un altro dettaglio: il soggiorno di Silvia è stato spezzettato, perché la durata massima di sei mesi del progetto può essere spalmata nell'arco di un anno. Per gli spostamenti e le spese del soggiorno all'estero si è supportati a livello economico da un grant variabile a seconda dei Paesi di destinazione. Per chi viene in Italia la borsa ammonta ad esempio a 900 euro mensili.


La particolarità del progetto è la sua bilateralità, perché si può sia partire alla volta di un'azienda estera sia accreditarsi come azienda ospitante. Nel primo caso ci si deve qualificare come nuovo imprenditore, quindi un soggetto che ha costuito un'impresa da meno di tre anni o «che ha un solido progetto imprenditoriale» da dimostrare nella candidatura presentando un business plan; nel secondo caso ci si presenta come imprenditore già titolare di una piccola impresa o membro di un consiglio di amministrazione.

Azienda host è dal 2010 Audes Group di Alessandro Bozzoli, 42enne di Padova. Operativa nel settore dell’abbigliamento, ha finora ospitato sette nuovi imprenditori in Eye provenienti da Bulgaria, Lituania, Ungheria, Serbia, Belgio e Slovacchia, tutti tra i 20 e i 30 anni e selezionati in base a interessi affini al suo business. Chi ospita non gode di nessuna particolare agevolazione: «Ma trovo interessante ricevere giovani imprenditori provenienti da tutta Europa!» spiega Alessandro. Il motivo è duplice: per loro, che «possono vedere dal di dentro il meccanismo di funzionamento di un'azienda e hanno l'opportunità di imparare il mestiere».

E per l'azienda, perché «avere una persona che proviene dall'estero è sempre un'occasione di scambio», anche «per il solo fatto che i miei 35 dipendenti abbiano la possibilità di parlare nel quotidiano un'altra lingua». Bozzoli ha al momento in sede una ragazza della Repubblica Ceca che vorebbe lanciare nel suo Paese una linea di costumi da bagno. «Viene coinvolta in progetti reali che potrebbero riguardare la sua azienda in futuro, come per esempio la campagna vendite». Beneficenza non è, specifica, «ma una forma di restituzione, perché a me da ragazzo sarebbe piaciuto avere questo tipo di opportunità».


Scopo dell'operazione, spiega il bando per selezionare le organizzazioni intermediarie che gestiscono gli scambi, è infatti «rafforzare l'imprenditorialità, sviluppare una mentalità internazionale e la competitività delle pmi europee e favorire potenziali startup». Tanto che «la linea di finanziamento è diversa da quella di Erasmus+» fa sapere Gonzalez Vera. «I soldi provengono dagli investimenti per l'innovazione delle pmi», e rientrano nel mega fondo Horizon 2020 da 80 miliardi per il periodo 2014 – 2020, che riunisce tutti i finanziamenti a favore della ricerca e dell'innovazione. Per Eye 2019, sono stati stanziati per l'Italia 5 milioni e 581mila euro.


Per partecipare
 a Eye non ci sono limiti di età, ma basta essere residente in uno dei Paesi aderenti al progetto (oltre a quelli Ue anche gli Stati Uniti e Singapore) e qualificarsi come 'new entrepreneur' oppure host. La selezione avverrà tramite «i centri di contatto locale» spiega il sito del programma, «soggetti selezionati dalla Commissione europea», ad esempio una Camera di commercio, «che valuteranno la candidatura e aiuteranno nella ricerca di un partner».


Ilaria Mariotti

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