Ilaria Mariotti
Scritto il 11 Mag 2017 in Approfondimenti
Apprendistato esperienza all'estero mobilità territoriale
Sarà come un Erasmus, ma invece di essere combinato al periodo di studi, il progetto all'estero partirà nel mezzo di un contratto di apprendistato. Con l'idea di sviluppare le competenze – specie le soft skills – dei giovani impegnati in percorsi da apprendisti, un gruppo di eurodeputati ha lanciato un progetto pilota che promuova la mobilità transnazionale a lungo termine. Solo così si miglioreranno «le possibilità di inserimento nel mercato del lavoro e si rafforzerà il senso di cittadinanza europea».
«Molte imprese si aspettano che i ragazzi imparino tutto in azienda, e non sempre capiscono l'importanza di una formazione maturata altrove» dice alla Repubblica degli Stagisti Brando Benifei, trentenne europarlamentare del Partito socialista europeo. Il modello è di nuovo la Germania, «dove esistono modelli simili in ambito interregionale, che stanno dando buoni risultati». Quello che ci si aspetta con un progetto simile è produrre risorse umane «migliori, più in gamba, più dinamiche, che abbiano appreso una nuova lingua». Inoltre «la proposta comprende anche i tirocini».
Ma come funzionerà nel concreto questa sorta di Erasmus dell'apprendistato? La dote finanziaria del progetto messa a disposizione dalla Commissione europea è per ora piuttosto modesta, 2 milioni e 841mila euro. E a ogni percorso che riceva l'ok andrà un contributo «indicativo» – si legge nel comunicato – dai 300 ai 500mila euro, con cui finanziare l'intero soggiorno di più giovani, incluso lo stipendio del lavoratore espatriato. Ovviamente si tratta di un contributo che non sarà erogato ai singoli destinatari finali, cioè gli apprendisti, ma a organizzazioni intermedie riunite in consorzi internazionali di almeno due partner in due stati membri, le stesse che andranno poi a gestire gli scambi.
La Commissione conta di finanziare da sei a nove progetti. Le aziende non dovranno infatti farsi carico dell'operazione (del tutto irrealistica sarebbe del resto una loro partecipazione finanziaria). Ma avranno l'obbligo – questo sì – di reinserire la risorsa una volta rientrata, come garantisce Benifei.
A essere coinvolti nelle pratiche burocratiche saranno «centri per l'impiego o anche associazioni e società private già impegnati in attività di formazione professionale» chiarisce lui. Ma trattandosi di un progetto pilota, «non è quantificabile al momento quanti saranno gli apprendisti coinvolti: l'iniziativa parte proprio per testare la domanda sul campo». Si parte però dal dato di una rilevazione, in base alla quale «il 74% degli apprendisti vorrebbe svolgere un'esperienza all'estero di lungo termine». E lo scopo è arrivare a aprire l'accesso a quanti più possibile.
Per questi soggetti è stata aperta una call – chiusa a fine marzo – con la richiesta di inviare proposte. Ancora non si conosce l'esito: «Adesso che sono state raccolte tutte le domande attendiamo che la Commissione selezioni i centri che hanno risposto in modo migliore». Per gli incaricati – che dovranno occuparsi di «identificare i candidati e la corrispondenza dei loro profili con le aziende ospitanti, oltre a curare gli aspetti concreti legati al soggiorno» – è prevista l'applicazione di un regime di cofinanziamento. La copertura dei fondi Ue arriva infatti fino all'85% mentre il restante 15 è a carico dell'intermediario, «che a sua volta potrà avere un accordo con l'azienda ospitante di compartecipazione» specifica Benifei. E inoltre la Commissione si riserva il diritto di non erogare l'intero fondo disponibile.
Un compito non facile quello di chi opererà da mediatore, con aziende mediamente restie «a mandare i propri apprendisti all'estero per lunghi periodi, in particolare le pmi, che molto investono su di loro» si legge nel comunicato. Una scarsa fiducia che l'iniziativa del gruppo di eurodeputati vorrebbe invece invertire, puntando soprattutto su quei giovani impegnati in percorsi di Istruzione e formazione professionale tra cui – è scritto ancora – «è stato individuato un 'collo di bottiglia' proprio nella scarsa mobilità transnazionale». A differenza del programma Erasmus, che invece «ha rappresentato un fattore cruciale per l’inserimento nel mercato del lavoro (e per lo sviluppo della cittadinanza europea) per milioni di studenti universitari europei».
Quanto agli ambiti interessati, «saranno soprattutto quello con un certo grado di creatività come il mondo della moda, della produzione oggettistica o le aziende del comparto digitale» esemplifica Benifei. Tutti settori in cui «possa tornare utile l'esperienza del lavoratore all'estero». Per ora però il progetto è solo ai blocchi di partenza. La road map prevede che la valutazione delle proposte provenienti dai vari centri da parte della Commissione vada avanti fino a fine maggio. A giugno inizieranno poi le comunicazioni con i soggetti vincitori, ma non sarà prima di luglio che la sperimentazione partirà davvero.
Ilaria Mariotti
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