Marianna Lepore
Scritto il 20 Mag 2019 in Notizie
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Il cammino è iniziato ai primi di ottobre dello scorso anno, quando la Giunta regionale del Lazio ha approvato un ordine del giorno della presidente della Commissione lavoro, Eleonora Mattia, per applicare l’equo compenso negli incarichi conferiti ai professionisti da tutti gli uffici regionali, enti strumentali e società controllate. In seguito ha presentato una proposta di legge «che è stata scelta come testo di riferimento», spiega Mattia alla Repubblica degli Stagisti, «e dopo un confronto con tutti i professionisti, ascoltati nel corso di varie audizioni, la legge è stata approvata dall’aula il 3 aprile». Così dopo Calabria, Basilicata, Piemonte, Campania e Sicilia anche il Lazio ha la sua legge, la n. 69, sull’equo compenso.
Una battaglia portata avanti da Mattia, avvocato, nel Pd dal 2007, che è stata prima presidente dell’Assemblea provinciale del Pd Roma e poi membro della segreteria regionale nonché eletta in Assemblea nazionale. Vicensindaco nel comune di Valmontone dal 2013 dopo essere stata la più votata in assoluto, nel marzo 2018 è stata eletta al Consiglio regionale del Lazio. La legge, ricorda Mattia, «vale per circa 175mila professionisti della nostra regione, sia per quelli iscritti a un albo che per quelli che non ne hanno uno di riferimento». Ed è stata concepita dopo aver analizzato studi di vari centri di ricerca per capire a quanto ammontasse l'equo compenso determinato dai singoli decreti ministeriali. Una platea vasta quella di applicazione, che spiega anche perché il provvedimento abbia trovato la convergenza di tutte le forze politiche che l’hanno votata all’unanimità. Da quando nel 2012 sono stati aboliti i minimi tariffari, «l’obiettivo di prendere degli incarichi costringeva i professionisti a una corsa al ribasso che non garantisce né la prestazione, né la dignità di chi lavora», spiega Mattia. La legge, però, un punto debole ce l’ha, visto che non tratta un altro tema caro ai liberi professionisti, quello sui tempi dei pagamenti. Ma sottolinea l’importanza per Regione e società controllate di far riferimento al riconoscimento dell’equo compenso per i professionisti e, soprattutto, vieta l’inserimento di clausole vessatorie all’interno di contratti di incarico professionale.
Non ci sono, però, dei parametri “univoci” quando si parla di equo compenso. «Sono i criteri stabiliti dai decreti ministeriali, che cambiano da professione a professione». E questo è bene ricordarlo. Per quanti, invece, non abbiano un ordine professionale di riferimento, il principio applicato è quello della retribuzione proporzionata alla quantità e qualità della prestazione, secondo quanto sancito dall’articolo 36 della Costituzione.
L’obiettivo alla base dell’approvazione della legge «È quello di frenare l’incessante calo dei redditi dei professionisti italiani che, tra il 2005 e il 2017, si è attestato al diciannove percento». Un calo che ha colpito, nello specifico, gli appartenenti alle categorie più disagiate: giovani e donne. Il reddito medio di un professionista sotto i 40 anni, infatti, arriva al cinquanta per cento di un over 45. E, ancora una volta, se il professionista è una donna la discriminazione è doppiamente applicata visto che il suo reddito medio non va oltre il cinquantasei per cento di quello di un uomo.
L’equo compenso approvato cerca di tutelare i professionisti non solo dai pagamenti da parte degli enti pubblici, ma anche dai privati. Qualora, infatti, non venga dimostrato che il committente non abbia preventivamente pagato il progettista, qualsiasi procedimento amministrativo che abbia chiesto al privato di avvalersi di un professionista verrà sospeso. Una scelta che dovrebbe, almeno sulla carta, spingere i privati a rispettare i tempi dei pagamenti.
Certo, in Italia non basta una legge per vederne poi l’applicazione, ma il passo intrapreso dalla Regione è sicuramente un segnale positivo per i professionisti laziali e per quelli delle altre regioni in cui l’argomento non è stato ancora trattato, che possono sperare il tema si allarghi fino al coinvolgimento di tutto il territorio nazionale.
Quello ottenuto dalla Commissione lavoro della Regione Lazio è, quindi, un traguardo importante. Solo il primo di una lunga serie: come la proposta di legge regionale sul contrasto al caporalato, che intende favorire l'emersione del lavoro irregolare in agricoltura in coerenza con quanto disposto dalla disciplina nazionale. E si tornerà nuovamente sul tema delle tutele per i liberi professionisti, con una nuova proposta di legge presentata dalla presidente Eleonora Mattia, per introdurre specifici strumenti di sostegno e tutela delle professioniste e professionisti: un fondo rotativo dedicato e un’integrazione all’indennità di maternità.
Marianna Lepore
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