Eleonora Voltolina
Scritto il 12 Mag 2017 in Editoriali
cambiare il mondo del lavoro imprenditori sociali
Cos'è Ashoka? Fino a un paio d'anni fa, anch'io non lo sapevo. Dico “anch'io” perché Ashoka non è ancora conosciuta, in Italia, così come lo è invece all'estero. Eppure si tratta di qualcosa di straordinario: un'organizzazione non profit che opera come una sorta di talent scout degli imprenditori sociali. Cerca in tutto il mondo coloro che lavorano per risolvere un problema che interessa la società – in qualsiasi ambito: ecologia, educazione, diritti. Li individua, li valuta, li passa al microscopio. E chi passa la selezione diventa “Ashoka Fellow”: entra nel network e da quel momento in poi l'associazione offre il suo supporto per sviluppare l'attività, renderla ancor più efficace e diffusa, talvolta anche esportarla in altri Paesi.
Il motto di Ashoka è “Everyone a changemaker”: gli imprenditori e le imprenditrici sociali sono «changemaker che mirano ad un cambiamento sistemico, affinché prosperi l'intera comunità». In estrema sintesi: individuano un problema, si inventano una soluzione nuova, la strutturano in una modalità imprenditoriale, coinvolgono il loro target di riferimento, elaborano e promuovono proposte da sottoporre ai politici per migliorare il contesto di riferimento a livello normativo.
Ashoka è attiva dal 1980; l'headquarter é a Washington ma i 3.300 fellow selezionati in questi trent'anni sono sparsi in tutto il mondo. La sede italiana è stata aperta un paio d'anni fa.
Quasi un anno fa ho ricevuto una telefonata e ho saputo che ero stata “segnalata”. Ho cominciato il primo step di selezione con curiosità e timore, mantenendo le aspettative al minimo – perché era chiaro che il procedimento era lungo, complesso, e le probabilità di arrivare alla fellowship molto scarse. Invece, step dopo step, sono arrivata alla fine: Ashoka si è convinta che la Repubblica degli Stagisti potesse davvero essere un esempio forte di come si può aggredire un problema sociale che riguarda i giovani – le difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro, gli stage che da opportunità rischiano di trasformarsi in trappola, se non gestiti in maniera responsabile – con un'idea nuova.
Una testata giornalistica online che diventa luogo di incontro, informazione, denuncia, proposta; un meccanismo inclusivo che coinvolge il mondo delle imprese, valorizzandole e responsabilizzandole, e attraverso questa collaborazione garantendo anche la sostenibilità economica del progetto (fattore importantissimo per Ashoka: non si sostengono sognatori tout court, ma imprenditori sociali).
Così, Ashoka ha detto sì. Ha detto che quel che ho fatto finora con la Repubblica degli Stagisti è importante, innovativo, e merita di essere sostenuto. Da oggi, e nei prossimi anni, Ashoka sarà dunque al mio, al nostro fianco. Valuterà con noi le strategie per rinforzare la Repubblica degli Stagisti, ampliare gli orizzonti di attività, consolidare il legame con i giovani, aumentare le imprese coinvolte, proseguire nel lavoro di proposta politica per migliorare il quadro normativo. Ipotizzare anche repliche in altri paesi dove la situazione degli stagisti sia simile all'Italia.
Dire Ashoka vuol dire sopratutto il grande network di Ashoka, con tante possibili sinergie con i fellow italiani (io sono l'undicesima), ma anche con quelli stranieri che hanno realizzato progetti e iniziative su temi vicini al nostro. Da oggi ne faccio parte anch'io. E dico grazie. A chi ci ha creduto, a chi ci ha aiutato, a chi ha collaborato. Sono passati otto anni da quando presentammo il progetto al Circolo della Stampa di Milano, con le prime nove aziende pioniere che avevano creduto in noi. Con Ashoka a fianco a noi, i prossimi otto saranno una sfida entusiasmante per crescere ancora!
Eleonora Voltolina
L'immagine è di © Alessandro Lorenzelli
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