Due milioni e mezzo di euro contro la disoccupazione giovanile, ma il progetto Drop'pin non è mai decollato

Rossella Nocca

Rossella Nocca

Scritto il 08 Gen 2019 in Approfondimenti

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Circa tre anni fa è stato lanciato il progetto pilota Drop’pin, la piattaforma di job matching voluta da Eures, la rete europea dei servizi per l’impiego, per aiutare i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni a muovere i primi passi nel mercato del lavoro. 

Il nome è il contrario di drop out, espressione associata a chi non completa il percorso di studi, ma è anche un gioco di parole. L’obiettivo era infatti quello di invitare i giovani a “saltar su”, a salire (mentre to drop significa “scendere, far cadere”) sul carro delle opportunità e allo stesso tempo le aziende a mettere in vetrina le proprie offerte, fissandole idealmente con uno spillo (to pin).

A tre anni dalla presentazione del progetto, la Repubblica degli Stagisti ha chiesto ai promotori un resoconto dell’attività svolta. E, a dispetto di due milioni e mezzo di euro investiti dall’Unione europea, i numeri sono fallimentari. «Ad oggi sono registrate 814 aziende», è la risposta di Lidija Globokar, responsabile del progetto Drop’pin, «e attualmente sono pubblicate 2.318 opportunità. A settembre 2018 le visite sono state 5.600, a ottobre 7.200». Impossibile, invece, sapere quanti incroci tra giovani e aziende sono stati finalizzati.

Le cifre raggiunte sono ben lontane da quelle prospettate nel dicembre 2015, dopo i primi mesi di “rodaggio”. «Entro giugno prossimo speriamo di avere almeno mille aziende registrate, 10mila offerte e almeno 100mila visite mensili al sito», aveva dichiarato infatti Pascale Woodruff, consulente per la comunicazione del portale Eures, all’interno della Direzione generale Occupazione della Commissione Ue. Dunque i risultati raggiunti sono meno di un decimo di quelli auspicati.

«In totale, tra il 2013 e il 2018, sono stati assegnati a Drop’pin 2,5 milioni di euro» conferma Sara Soumillion dell’Ufficio stampa per l'occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità del lavoro della Commissione «che sostengono il personale che lavora sulla piattaforma, la diffusione e i vari progetti di sensibilizzazione, come i nuovi tirocini per opportunità digitali». 

La Repubblica degli Stagisti avrebbe voluto sapere in che modo e quante persone hanno lavorato alla piattaforma in questi anni e se, alla luce di un bilancio oggettivamente negativo, è stato previsto un nuovo budget, ad esempio per la comunicazione o per nuove risorse umane. Ma le domande sono rimaste senza risposta: nessuna disponibilità da parte dei responsabili a fornire queste informazioni.

«Non sono previsti ulteriori investimenti, fino a quando non sarà stata effettuata un’analisi più approfondita del funzionamento del progetto»
, si limita a dichiarare Lambert Kleinmann, vice capo unità della Direzione generale Occupazione della Commissione europea. 

Kleinmann comunica inoltre che – ufficialmente per migliorare il servizio – dal 2017 Drop’pin è stato integrato nel portale Eures, dove i giovani in cerca di occupazione possono reperire in unico spazio tutte le offerte disponibili e le aziende contare su un database unico, accedendo dallo stesso account. Eures conta su una rete di 1.000 consulenti ai servizi di mobilità professionale e raccoglie oltre 3 milioni di offerte, e alla luce di questi numeri dovrebbe “trainare” anche Drop’pin.

Per il periodo 2018-2020 a Drop’pin si accompagnerà inoltre l’iniziativa Digital Opportunity traineeships, progetto pilota destinato a creare fino a 6mila tirocini transfrontalieri per studenti e neo-laureati. Finanziati da Orizzonte 2020 e messi in atto tramite Erasmus+, i tirocini in questione permettono ai giovani selezionati – a fronte di un’indennità mensile di 500 euro – di migliorare le proprie competenze informatiche in campi quali sicurezza informatica, big data, tecnologia quantistica, apprendimento automatico, marketing digitale e sviluppo di software. Anche qui la sensazione è che si tenti di camuffare il fallimento della piattaforma associandola a nuovi progetti.

Ma come funziona il portale oggi? Gli annunci delle aziende, per essere pubblicati, devono rispettare alcuni requisiti. «Devono essere opportunità formative e non offerte di lavoro, provenire da società stabilite nell’Unione europea» precisa Globokar «e nello Spazio economico europeo, essere scritte in una delle lingue dell’area Ue, fornire informazioni sullo scopo e sulla durata dell’esperienza e non comportare alcun costo per il candidato, se non in casi eccezionali e comunque con importi bassi».

«Facciamo tutto il possibile per verificare che le organizzazioni registrate su Drop’pin siano serie» si legge nel messaggio che appare all’apertura della pagina di ogni offerta «e che le opportunità da loro offerte ai giovani siano reali e sicure. Tuttavia, non possiamo garantire che l’integrità del sito web non sarà mai compromessa da possibili truffatori, che potrebbero persino riuscire a pubblicare sul sito web false opportunità». I gestori invitano quindi a segnalare i casi di contenuti inappropriati rispetto alle finalità del portale. 

Le principali categorie sono: apprendistati, tirocini, programmi di formazione, corsi di apprendimento online, formazione linguistica, sostegno alla mobilità, affiancamento, tutoraggio. I campi vanno da tecnologie dell’informazione e della comunicazione a business e amministrazione, da scienze sociali e comportamentali a matematica e statistica, passando per ingegneria e lingue.

I paesi sono tutti quelli dell’area Ue, ma a prevalere sono al momento gli annunci provenienti da: Regno Unito, Spagna, Francia e Italia. Guardando ad esempio alle offerte per il nostro paese, l’annuncio più recente propone un tirocinio come digital consumer behavior analyst intern presso la multinazionale Nielsen, a Milano. La posizione è ben esplicata, ma resta l’interrogativo sul rimborso spese erogato. La trasparenza degli annunci non è tuttavia l’unica perplessità legata alla gestione della piattaforma. Ad esempio si nota facilmente che il portale conserva offerte di lavoro scadute, per cui non tutti gli annunci al momento disponibili si traducono in altrettante opportunità.

A tre anni e mezzo dal lancio, la sensazione è che il progetto – mosso dalla sfida sin troppo ambiziosa di contrastare la disoccupazione giovanile in Europa – non sia mai realmente decollato e che il ri-assorbimento nel portale Eures sia solo un malcelato tentativo di nasconderne il fallimento. 

Rossella Nocca

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