Marianna Lepore
Scritto il 24 Gen 2019 in Notizie
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D'ora in poi in Lazio il dottorato varrà alcuni punti in più nelle procedure di concorso per posti pubblici. È la prima Regione in Italia a prevedere un vantaggio di questo tipo, al fine di valorizzare chi più investe nella formazione, raggiungendo il più alto titolo accademico oggi esistente nell'ordinamento universitario italiano – e cioè appunto quello di “dottore di ricerca”.
«Una norma che va nella direzione segnata dalla nostra campagna per la valorizzazione del dottorato nel settore pubblico»: così Angelantonio Viscione, responsabile comunicazione dell’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani (Adi), definisce l’articolo 13 della legge di stabilità 2019 della Regione Lazio, da poco approvata, che per la prima volta introduce la valorizzazione del dottorato di ricerca nelle procedure di reclutamento del personale in ambito regionale.
Promotrice della proposta è Eleonora Mattia, consigliera regionale del PD e presidente della Commissione lavoro, che già nel novembre 2018 aveva presentato al presidente del Consiglio regionale una mozione proprio con questo obiettivo. «Fin dal mio insediamento in Commissione ho avviato una serie di confronti con diverse realtà legate alle mie deleghe, e ho deciso di portare avanti gli interessi dei dottori di ricerca che chiedevano tutele e garanzie offerte ancora troppo timidamente dalle leggi attuali», spiega Mattia alla Repubblica degli Stagisti, «visto che il dottorato di ricerca, pur essendo il più alto grado di formazione in Italia, non viene ancora adeguatamente valorizzato. Mentre credo sia giunta l’ora di investire su questa categoria che lo Stato forma, investendo dei soldi, ma poi non assume. Solo così potremo smettere di pensare che il dottorato sia solo un investimento a fondo perduto».
Dei circa 160mila laureati che in Italia possono fregiarsi del titolo di dottore di ricerca (il numero si basa sui dati Istat più recenti, relativi al 2011) il Lazio è in assoluto la Regione che ne ospita di più: ad oggi risiedono in questa regione quasi 24mila persone che hanno questo titolo di studio (seguono Lombardia con 22mila e Campania con 14mila). Anche il numero degli iscritti ai corsi di dottorato presso le università che hanno sede in Lazio è alto: secondo le statistiche del ministero dell'Istruzione vi sono quasi 5mila “dottorandi” nell'anno 2017/18 e coloro che hanno completato il ciclo di studi e sono stati dunque proclamati dottori di ricerca nel 2016, ultimo dato disponibile, sono circa 1.800.
L’articolo approvato nella legge regionale di stabilità afferma che «in occasione di procedure di reclutamento di personale indette dalla Regione, dagli enti pubblici dipendenti e strumentali, ove pertinente rispetto al profilo richiesto, deve essere adeguatamente valutato ai fini del punteggio il possesso del titolo di dottore di ricerca».
Il testo, quindi, non specifica un valore definito. E infatti «il prossimo step dovrà essere la definizione dei criteri di valutazione e del punteggio che sarà assegnato» spiega Viscione: «Tenendo anche presente che secondo il decreto ministeriale 509 del 1999 il dottorato di ricerca vale 180 cfu, e quindi il punteggio dovrà essere riparametrato tenendo in conto anche questo punto. Come Adi monitoreremo questa fase e le successive. E vigileremo affinché la “valutazione adeguata”, di cui si parla nella mozione approvata, sia congrua al valore del titolo».
Al momento, comunque, non si sa ancora se la Regione o le sue società controllate hanno nei prossimi mesi intenzione di bandire concorsi o selezioni, ma «nel momento in cui questo dovesse accadere, sarà rispettato l’emendamento inserito nella legge di stabilità e approvato dall’aula» dice Mattia. Che dal canto suo continuerà il lavoro in sinergia con l’Adi per fare in modo che le loro proposte entrino a far parte della legislazione regionale; tra i suoi primi obiettivi del 2019, «giungere in tempi brevi all’approvazione delle due leggi sui lavoratori digitali e sull’equo compenso e dare piena applicazione ai nuovi strumenti introdotti dalla legge approvata a luglio sul diritto allo studio».
Il risultato del Lazio è anche un incoraggiamento alle altre regioni che nei mesi passati hanno presentato la mozione relativa alla valorizzazione del titolo di dottorato nei concorsi regionali. «Lo hanno fatto altre quattro: Basilicata, Liguria, Toscana e Umbria e siamo in attesa dell’esito. Diversi consiglieri si stanno attivando per portare la mozione nelle rispettive giunte» spiega Viscione «e questa apertura non può che darci soddisfazione, perché chi è stato formato alla ricerca nelle università può dare un importante contributo a costruire un Paese innovativo e all’avanguardia a partire proprio dalle sue istituzioni». L'Adi si batte non solo perché si introducano «canali di accesso dedicati per i dottori di ricerca nei concorsi pubblici, ma anche per il riconoscimento del dottorato come esperienza lavorativa, il diritto al congedo per il conseguimento del primo dottorato di ricerca, sottraendolo alla discrezionalità del dirigente, e la valorizzazione del dottorato ai fini delle progressioni economiche».
Il Lazio si pone dunque come capofila nel valorizzare le eccellenze che il nostro Paese forma ma non assume. E mettendo un argine, certamente piccolo ma decisamente un primo passo, nell’evitare la fuga all’estero dei tanti giovani che nelle università pubbliche raggiungono i più alti gradi di istruzione e si trovano poi costretti ad emigrare per continuare dignitosamente la propria carriera.
Marianna Lepore
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