Disoccupazione giovanile, ecco la storia dei 168 milioni per gli stage stanziati da Letta ma bloccati da un anno

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 26 Mag 2014 in Notizie

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I Neet sono un'emergenza nazionale concentrata soprattutto al Sud: per contrastare il fenomeno, su iniziativa del precedente governo, era stata predisposta l'attivazione di un fondo per l'attivazione di tirocini con uno stanziamento non indifferente 168 milioni di euro. stage lavoroMa a distanza di più di un anno quei soldi non sono mai arrivati: sono rimasti bloccati in una delle numerose pieghe della burocrazia italiana. Lasciando in sospeso una delle tantissime riforme mai rese operative per mancanza dei rispettivi decreti attuativi.

Questa, in breve, la storia. Quella di stanziare un ingente fondo che permettesse di attivare tirocini da offrire come opportunità ai Neet del Mezzogiorno era stata un'idea dell'allora ministro del Lavoro Enrico Giovannini. A giugno del 2013 viene emanato il decreto legge 76, destinato ai «primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in  particolare giovanile», come si legge nell'intestazione della norma. In quel momento, come adesso, è allarme nelle istituzioni per i numeri su disoccupazione e giovani fuori da ogni contesto lavorativo o di studio, i Neet appunto: secondo l'Istat nel terzo trimestre del 2013 sono 2 milioni e 350mila i 15-29enni classificabili come tali, mentre i non occupati tra i 15 e i 24 anni sono al 42%.

Di lì il varo del decreto legge, le misure a favore dell'occupazione (tra cui quella sugli incentivi alle imprese per l'assunzione degli under 30) e i fondi per l'attivazione di nuovi stage inseriti tra le misure «contro la povertà nel Mezzogiorno». All'articolo 3, punto c, si afferma che verranno stanziate borse di tirocinio formativo che comporteranno «la percezione di una indennità di partecipazione, conformemente a  quanto previsto dalle normative statali e regionali, nel limite di 56  milioni di euro per l'anno 2013, 56 milioni di euro per l'anno 2014 e 56 milioni di euro per l'anno 2015».

A un anno di distanza la Repubblica degli Stagisti ha deciso di andare a monitorare la situazione, per capire se effettivamente quelle borse stiano smuovendo il ristagnante mercato del lavoro del Sud. Ma parlando con i responsabili di Italia Lavoro, che dell'erogazione delle borse avrebbero dovuto occuparsi, la clamorosa scoperta è che quei fondi sono in pratica scomparsi: «Non ci sono i decreti attuativi, tutto è fermo». Così come lo sarebbero altri quasi 500 decreti partoriti nell'arco degli esecutivi Monti-Letta. Con buona pace degli annunci inneggianti al cambiamento di volta in volta nelle parole dei vari premier al governo. Una sorta di paralisi che non tutti si sentono di commentare: è il caso dei presidenti delle commissioni Lavoro di Senato e Camera, rispettivamente Maurizio Sacconi, del Nuovo centro destra, e Cesare Damiano, del Pd. È a loro che la Repubblica degli Stagisti ha chiesto per giorni un commento, che però non è mai arrivato né dall'uno né dall'altro.

Chi si è invece esposto
è Walter Rizzetto del Movimento 5 Stelle, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera. «Credo che il decreto sia destinato all'oblio. Non nutro speranza sui termini della sua conversione, neppure come scelta politica» tuona alla Repubblica degli Stagisti. Rizzetto si dice scettico sul quadro generale del provvedimento firmato da Giovannini: «Non è con gli incentivi alle imprese che si crea lavoro» sottolinea, denunciando come si sia ancora molto lontani dall'obiettivo delle 200mila assunzioni. E rincara la dose anche sull'aspetto politico della vicenda: «Cosa si può pensare di uno Stato civile che – per mancanza di un decreto attuativo – non riesce a sbloccare 168 milioni già stanziati?».

Il vicepresidente pentastellato non è convinto neppure della formula stage come misura di contrasto alla disoccupazione giovanile: «Spesso si tratta di giovani già molto preparati, a cui va offerto un lavoro vero: non servono altre scappatoie». Sulla stessa Garanzia Giovani, che definisce «un discreto inizio» rispetto al tema disoccupazione giovanile, Rizzetto rivela scenari inquietanti e per certi versi simili a quelli del decreto Giovannini: «Oltre al problema della pubblicità del programma, per cui molti giovani potenzialmente interessati dal programma, forse addirittura la metà, non ne sanno nulla, esiste un'altra drammatica realtà: il progetto non riesce a essere operativo in alcune regioni da me contattate perché, mi hanno detto, non riescono a interfacciarsi con il ministero». Moltissime sono in queste condizioni, «circa il 60%» precisa, «anche se la situazione pare si stia risolvendo». 


Anche il direttore generale del ministero del Lavoro Salvatore Pirrone non si è sottratto alle domande della Repubblica degli Stagisti, fornendo però una risposta molto diversa da Italia Lavoro e del vicepresidente della Commissione lavoro della Camera. «L'attivazione dei 168 milioni stanziati dall'articolo 3 del dl 76 non richiede l'emanazione di un decreto ministeriale, ma semplicemente una procedura amministrativa» 
dice alla Repubblica degli Stagisti. Semplice 'procedura amministrativa' dunque e non decreto attuativo, a suo dire.

Ma la sostanza non cambia, perché nei fatti quel provvedimento da 11 mesi è chiuso in un cassetto. «Data la natura dei fondi e la chiara complementarietà con la strategia per l'attuazione della Garanzia Giovani» aggiunge Pirrone «abbiamo atteso di definire il quadro di regole che presiedono al funzionamento di quella strategia».

Ma che senso ha avuto, allora, emanare un decreto di fatto sovrapponibile al progetto Garanzia Giovani? «Credo che il dl 76 abbia semplicemente cercato di anticiparlo predisponendo strumenti e risorse per contrastare la disoccupazione giovanile» ipotizza il direttore generale: «In quest'ottica è da leggere anche l'incentivo per l'occupazione giovanile previsto dall'articolo 1 del dl». Tanto che gli stessi fondi inseriti nel programma, studiati sulla base del Pon (programma operativo nazionale), chiarisce ancora Pirrone, sono stati calcolati «avendo riguardo all'esistenza delle risorse della Garanzia Giovani», ovvero il miliardo e mezzo di dotazione. «Per questo motivo» conclude «contiamo di sbloccare nelle prossime settimane quelle risorse, che verranno utilizzate nell'ambito della Garanzia Giovani».

Ecco spiegato dunque, forse, perché da qualche giorno il premier Matteo Renzi quando parla in pubblico di Garanzia Giovani dice che il fondo a disposizione è di 1 miliardo e 700 milioni di euro, non 1 miliardo e 500 milioni come precedentemente annunciato dai ministri competenti e come segnalato nelle slide del governo. Verranno dunque recuperati anche i 168 milioni del decreto Giovannini, rimasti a prendere la polvere per oltre un anno? A questo punto c'è da sperare di sì: meglio tardi che mai.

Ilaria Mariotti

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