L'epoca dei pizzaioli: Italia o estero, il lavoro non manca

Marco Panzarella

Marco Panzarella

Scritto il 05 Set 2014 in Articolo 36

Si lavora in tutte le stagioni, nei giorni di festa, con un caldo a tratti insopportabile, senza sosta, fino a tarda notte. È il mestiere del pizzaiolo, tanto faticoso quanto ricercato, soprattutto da quei giovani pronti a fare sacrifici per guadagnare qualcosa e immettersi in tempi decisamente veloci nel mondo del lavoro. Secondo la Fipe, la Federazione italiana Pubblici esercizi, la domanda di lavoro non mancherebbe, basti pensare che nel 2013 in Italia servivano ben 6 mila pizzaioli qualificati. “Nel nostro Paese - dicono dalla Federazione - ci sono 25 mila pizzerie e altrettante sono quelle che sfornano pizza a taglio, generando un fatturato aggregato di circa 9 miliardi di euro. La difficoltà nel reperire personale esperto porta i gestori, almeno in un caso su cinque, ad accontentarsi di reclutare personale non qualificato a cui erogare (nel 40% dei casi) formazione adeguata. L’80% del fabbisogno di pizzaioli specialisti riguarda le piccole imprese e oltre l'assunzione su due tra quelle non stagionali è a tempo indeterminato".

Bruno Collaro, responsabile marketing dell’Api, l’Associazione pizzerie italiane, dove ha sede la scuola più rinomata d’Italia, dice: «I numeri pubblicati dalla Fipe hanno fatto scalpore e un anno fa abbiamo ricevuto molte domande; in effetti la nostra scuola ha richieste continue e il mercato è molto fluido. Quello del pizzaiolo nasce come lavoro della tradizione, ma negli ultimi vent'anni si è sempre più qualificato: restiamo 
artigiani, ma a differenza del passato è necessario apprendere più nozioni tecniche. Non siamo più i "fratelli poveri" dei cuochi».  Rispetto al percorso per diventare cuochi, quello del pizzaiolo è certamente più agevole, ma ugualmente faticoso. La Scuola di Pizza dell’Api propone due tipologie di corsi: pizza al piatto e pizza al taglio. Il primo è quasi esclusivamente frequentato da uomini, mentre nel secondo la presenza femminile è in costante crescita. Ogni corso dura un mese più un altro di stage in pizzeria: un’ora di teoria e tre ore di pratica al giorno per quattro settimane. A ogni corso partecipa un massimo di 22 allievi. Il costo? 1.500 euro. 


«Per preparare la nuova pizza italiana» spiega Collaro «più digeribile ed equilibrata sia nell’impasto che nella scelta degli ingredienti, occorre una buona dose di tecnica. Il pizzaiolo lavora su un elemento vivo, l’impasto, che deve essere tenuto sotto controllo, quasi coccolato. La Scuola fornisce un’istruzione di base soprattutto sulla lavorazione dell'impasto, insegnamenti che qualche anno fa si tramandavano da padre in figlio». Ogni anno la Scuola di Pizza accoglie 300 ragazzi; di questi, il 20% trova agevolmente un lavoro all’estero, soprattutto in Francia, Spagna e Scozia. Pochi di loro, però, decidono di restare. «Se in Italia fare il pizzaiolo è faticoso» dice Collaro «negli altri paesi lo è ancora di più e molti non vedono l'ora di tornare a casa».

Il target degli studenti è variegato. La fascia d'età più rappresentata è quella che va dai 20 ai 30 anni, anche se fra gli iscritti c'è gente con qualche anno in più. «Si tratta solitamente di imprenditori» spiega Collaro «che sono titolari di un locale o stanno per aprirne uno. Il proprietario di una pizzeria, oltre a conoscere il prodotto che vende, deve saperlo cucinare. Se il pizzaiolo si ammala o si assenta, deve essere in grado di fare una pizza». I guadagni, pur non essendo equiparabili a quelli degli chef stellati, sono di tutto rispetto. «L'apprendista si mette in tasca 700-800 euro al mese, mentre un pizzaiolo esperto e qualificato può anche superare i 3 mila euro. Ovviamente il guadagno è proporzionato alla responsabilità: non è semplice preparare l'impasto nelle giuste dosi, non troppo, ma neppure poco. Il tutto assicurando una qualità sopra la media».

La foto rettangolare è di Alan Levine in modalità CreativeCommons
La foto quadrata è di KennySarmy in modalità CreativeCommons

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