Scritto il 26 Apr 2021 in Approfondimenti
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Il Covid ha rivoluzionato le procedure di ricerca e selezione del personale, imponendo di svolgerle online. Alcune aziende erano già abituate a questa modalità, altre han dovuto implementarla da zero, oppure potenziarla. Tre aziende dell'RdS network raccontano questa transizione.
«La selezione, in particolare degli stage, avviene oggi in modalità virtuale» conferma Giovanna Raffi, talent attraction specialist di Nestlé: «All’inizio è stato piuttosto complicato, abbiamo dovuto tutti adattarci a nuovi modi di selezione sia dal punto di vista tecnologico che di metodo per continuare a svolgere le nostre attività. Ma possiamo dire che oggi questa modalità si è trasformata in una nuova realtà».
In Mercer, società di consulenza HR, le selezioni online erano invece già un'abitudine: «Proprio per la natura dei servizi che offriamo, siamo i primi a sperimentare nuovi modi di lavorare volti a lavorare in modo agile e flessibile» premette Paola Pagni, HR director di Mercer per l'Italia: «L’emergenza Covid non ha fatto altro che amplificare questa nostra caratteristica e in qualche modo ci ha trovato più preparati di tante altre realtà aziendali. Eravamo già abituati a fare recruiting attraverso videoconference per ottimizzare i tempi o per intervistare candidati in altre geografie». Idem in Flex: «Usavamo già procedure di recruiting online prima del Covid: il primo step di selezione infatti ha sempre previsto un colloquio tramite call o su Zoom, in quanto veniva – e viene tuttora – effettuato da nostri colleghi recruiter al di fuori dell’Italia» racconta Melissa Friedman, HR manager di Flex: «Gli step successivi erano invece effettuati in presenza nella nostra sede. Certo, venivano effettuati video colloqui anche qualora il candidato si trovasse lontano dalla nostra sede, ma l’intento era sempre quello di vedere di persona i candidati prima dell’offerta. Oggi invece il processo di selezione è effettuato tutto da remoto: le persone vengono assunte senza colloqui di persona».
Il riferimento a Zoom non è casuale: la migrazione verso una modalità di recruiting tutta digitale ha significato infatti anche una impennata dell'utilizzo di strumenti di videocall e videoconferenze. «Durante le attività con le università abbiamo sperimentato diverse piattaforme: Flexa, Vfair, Zoom» snocciola Raffi [nella foto], che nel 2020 tra le altre cose ha portato avanti per Nestlé, insieme ai colleghi dell'ufficio HR, selezioni per oltre cento posizioni di stage: «Ogni piattaforma ha certamente aspetti positivi. Noi utilizziamo Microsoft Teams. È molto versatile e ci permette di sostenere colloqui con candidati che si trovano in altre regioni e anche con studenti che sono momentaneamente in altri Paesi per ragioni di studio. Il fatto che Teams sia l’applicazione al momento più utilizzata da scuole e università per la didattica a distanza ci assicura una buona fruizione».
Ovviamente il fatto che i colloqui non avvengano più in presenza implica che i candidati (e i recruiter!) debbano saper utilizzare queste piattaforme, e saper affrontare e risolvere eventuali problemi di connessione. Ma la tecnologia, lato giovani, non sembra essere un problema: «I candidati sono a loro agio con l’uso delle tecnologie, non abbiamo mai riscontrato grandi barriere o resistenza da superare da parte loro» riflette Paola Pagni: «Certo non sempre la tecnologia “collabora” al meglio: le connessioni possono essere difficili, e questo si trasforma a volte in un’opportunità per valutare la flessibilità e il problem solving dei candidati. Più volte mi è capitato di effettuare interviste con il video e in contemporanea il telefono perché la connessione risultava scarsa». «Sia i candidati che i recruiter sono ormai abituati ad utilizzare Zoom, i problemi che possono riscontrarsi sono relativi alla connessione, oppure a volte candidati devono connettersi tramite cellulare perchè alcuni pc non sono dotati di webcam» concorda Friedman. Nell'esperienza di Nestlé, i giovani sono già “rodati” grazie all'utilizzo delle piattaforme in ambito universitario: «Molti di loro le utilizzano soprattutto per le lezioni online e non solo per colloqui con le aziende» spiega Raffi: «La tecnologia non è un ostacolo ma una modalità più veloce e dinamica e forse più ingaggiante per entrare in contatto con i ragazzi».
Ma al di là del fatto che non si trovano più nella stessa stanza, la modalità digitale anziché di persona ha modificato la relazione tra recruiter e candidato? «Poco» secondo Mercer, sempre che il recruiter abbia «la sensibilità di creare un contesto aperto» e si dimostri «empatico e disponibile a superare la barriera del mezzo per creare un’atmosfera di fiducia e collaborazione». Ma la barriera, innegabilmente, esiste: e allora c'è bisogno talvolta di «una maggiore empatia e un maggiore ascolto» dice Raffi di Nestlé: «È importante per il recruiter non lasciare nulla per scontato, essere ancora più trasparenti e talvolta anche più rassicuranti».
Anche nel “copione” dei colloqui giocoforza qualcosa è cambiato: «Prima di cominciare, con il candidato ci si confronta un po’ su come si sta affrontando la situazione attuale – ad esempio se si sta lavorando da casa oppure no, se si hanno figli in dad» racconta Friedman di Flex «così da recuperare il rapporto umano prima di iniziare con il colloquio vero e proprio. Inoltre, anche il fatto di fare il colloquio da casa in video call fa sì che si entri nella sfera personale dell’altro/a pur non vedendosi di presenza».
E attenzione: «Da parte sua, il candidato non deve dimenticare che, malgrado il setting domestico e meno formale, si trova comunque in un contesto professionale che richiede comportamenti professionali formali e una buona preparazione all’intervista» ricorda Pagni [nella foto]: un consiglio prezioso per chi si appresta a sostenere colloqui online.
«Per mettere a proprio agio i candidati ci presentiamo, raccontiamo loro la realtà Nestlé, la nostra filosofia» prosegue Giovanna Raffi «e dopo, in un clima disteso, incomincia il colloquio che verte soprattutto a conoscere il candidato, ad approfondire suoi interessi, percorso e obiettivi». «Le dimensioni che riteniamo debbano essere indagate con maggiore attenzione sono l’ingaggio e l’impegno del candidato» aggiunge Paola Pagni: «Sostenere un colloquio in azienda è un investimento di tempo e di coinvolgimento superiore, che potrebbe essere sottovalutato dal candidato se si tratta “solo” di connettersi in video».
Lato azienda c'è comunque un gap che scaturisce dal fatto di non poter vedere in carne e ossa un candidato, farsene un’idea dal vivo. «All’inizio è stato complicato perché temevamo di perdere l’aspetto non verbale della comunicazione che in fase di colloquio certamente aiuta i candidati» riflette Raffi: «Ma non è così. La scelta di un candidato si basa sulla capacità di ragionamento, sulle sue skill e sull’abilità di sapersi adattare a nuove situazioni come può essere un colloquio a distanza e – non ultima – la gestione dello stress. Anche noi in qualità di recruiter abbiamo dovuto adattarci a questa nuova situazione e dopo un primo momento di rodaggio ora abbiamo pienamente preso confidenza con questa nuova modalità». Sulla stessa linea anche Paola Pagni di Mercer: «L’apertura, la disponibilità e la curiosità nella cassetta degli attrezzi del buon intervistatore non cambiano, e presto ci si abitua a sviluppare un’attenzione superiore che raccolga i messaggi soft anche attraverso il video». Mentre per chi era già prima del Covid abituato a svolgere i colloqui, quantomeno in parte, online questo gap non esiste: «I nostri recruiter sono abituati a non vedere di persona i candidati in quanto sono collocati geograficamente al di fuori dell’Italia e il primo step di selezione avviene sempre via call» dice infatti Melissa Friedman di Flex.
A questo punto c'è da chiedersi se la situazione abbia avuto effetti anche sul volume delle candidature. Da una parte, essendo il numero di stage (e contratti di lavoro) diminuito molto nel 2020, logica vorrebbe che i candidati fossero più numerosi. Non va però sottovalutato l'effetto “demoralizzante” della pandemia, che può portare chi cerca lavoro a desistere ancor prima di inviare il proprio cv. Nel caso delle aziende che abbiamo sentito, fortunatamente l'effetto demoralizzante non si è verificato: tutte e tre hanno continuato a ricevere lo stesso numero medio di candidature di prima del Covid, anzi perfino superiore. Forse anche perché «persone residenti in luoghi più lontani sono più incentivate a candidarsi» riflette Friedman: in effetti, i candidati storicamente svantaggiati da una residenza in zone meno centrali, come il Mezzogiorno o le aree lontane dalle grandi metropoli, hanno visto nel recruiting e negli stage a distanza aprirsi una inaspettata finestra di opportunità. «Ma non possiamo dimenticare che tutti noi contiamo di tornare ad una normalità fatta di incontri di persona, vita di relazione nei nostri ufficio e viaggi di lavoro per incontrare i clienti» ricorda però Pagni: «I nostri candidati dovranno fare i conti anche con questi elementi e non dimentichiamo di parlarne in fase di colloquio».
Gli effetti psicologici della pandemia, comunque, ci sono. Per esempio, i giovani sono preoccupati (e non a torto!) rispetto alla possibile riduzione della propensione delle aziende ad assumere dopo lo stage: «Spesso i candidati più junior ci chiedono se stiamo assumendo, se è possibile una conferma dopo lo stage nonostante il periodo» racconta per esempio Melissa Friedman [nella foto].
Ma a sorpresa “fiducia” è qui la parola chiave che ricorre più spesso. A Mercer i giovani appaiono «fiduciosi e con grandi speranze di superare il momento difficile e aprirsi a nuove opportunità. Abbiamo più volte constatato che proprio i giovani stanno pagando il prezzo sociale e di sviluppo personale più alto» spiega Paola Pagni «ma come sempre ci sorprendono dimostrando resilienza e visione oltre il momento difficile inaspettate». «Certamente la pandemia ha colpito in maniera più significativa le nuove generazioni che si affacciano nel mondo del lavoro» le fa eco Giovanna Raffi «ma riscontriamo una risposta positiva circa la loro determinazione e partecipazione. Anche per questo come Gruppo Nestlé siamo impegnati attraverso il nostro programma globale Nestlé Needs YOUth a continuare a fornire ai ragazzi opportunità e competenze per diventare protagonisti del domani». L'obiettivo di Nestlé è di aprire da qui al 2025 1400 posizioni lavorative e attivare altrettanti nuovi stage.
Oltre ai colloqui di persona, cioè al sistema “annuncio-ricezione candidature-convocazione a colloquio” che fino a prima dello scoppio del Covid era la “normalità”, la pandemia ha modificato anche altri canali di recruiting, come per esempio i career day. Nel 2020 per esempio Nestlé ha partecipato a dodici career day e una trentina di altri eventi con scuole e università: «Anche in questo contesto la modalità virtuale e le nuove piattaforme tecnologiche hanno certamente facilitato a non interrompere le attività». Anche Mercer ha avuto diverse esperienze di career day online: «Abbiamo apprezzato lo sforzo delle università che si sono adattate a queste nuove modalità» riflette Pagni: «Siamo stati felici di poter sfruttare il momento d’incontro, ma dobbiamo ammettere che ci sono mancati i momenti di scambio, di incontro di persona e lo spirito che si vive nei corridoi e negli spazi dei career day tradizionali. Quei momenti erano vere opportunità di incontro, mentre i career day virtuali ci sono sembrati più transazionali che opportunità di relazione. Certo, abbiamo tutti sperimentato nuovi strumenti, e possiamo immaginare che ci sarà spazio e modo di migliorare e trarre il meglio anche da questa nuova modalità».
E quando questa pagina sarà voltata, e si potrà vivere in un mondo nuovamente Covid-free, che succederà ai coloqui online? Molti si chiedono se i cambiamenti nei procedimenti di recruiting imposti dalla situazione di pandemia verranno immediatamente abbandonati, tornando subito ai colloqui di persona. Ma c'è anche chi pensa che si andrà verso una modalità di procedure di recruiting “mista”. «In Nestlé abbiamo fatto un grande passo avanti in termini di innovazione e processi tecnologici: pensiamo che in futuro una modalità mista che adotti i vantaggi del colloquio in presenza ai nuovi strumenti tecnologici a disposizione sia necessaria e anche indispensabile» dice Raffi: «La capacità di adattamento e di flessibilità di un’azienda nel combinare queste modalità rappresenterà un vantaggio importante nell’attirare talenti». Non molto diverso il punto di vista di Mercer: «L’emergenza Covid ci ha messi a dura prova nell’anno passato, ma ci ha anche offerto opportunità di innovazione; sarebbe un peccato rinunciare del tutto alle nuove possibilità che abbiamo scoperto» dice Pagni: «Post Covid posso immaginare che manterremo le innovazioni che ci offrono maggiore agilità e flessibilità, come le interviste in videoconferenze, e le combineremo con gli incontri di persona».
«L’esperienza Covid ha cambiato molto del nostro lavoro» conclude Raffi: «Certamente vedevamo già un cambiamento nelle modalità di recruiting e di parlare con i giovani nel corso degli anni, ma la pandemia ha provocato un’accelerazione molto rapida. Anche per un’azienda come Nestlé, da sempre molto attenta alle innovazioni come lo smart working o la digitalizzazione, ha rappresentato una sfida impegnativa che però abbiamo affrontato con determinazione e passione. Il modello virtuale ci ha permesso di garantire la continuità ma non è la sola strada che stiamo ipotizzando per il futuro post-emergenza sanitaria, che richiede di riscoprire l’empatia e il calore del colloquio di persona senza però perdere il patrimonio di innovazione che abbiamo costruito».
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