Chi sono i data scientists? Boom di offerte di lavoro, ma rimane il gender gap

Scritto il 22 Ago 2022 in Approfondimenti

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«La maggiore risorsa economica non è più il petrolio. Sono i dati». Niccolò Golinelli era uno studente diNiccolò Golinelli appena 22 anni quando fu colpito da questa frase mentre leggeva un articolo dell’Economist, giornale finanziario inglese. È bastato questo semplice concetto per mettere in ordine le idee e capire che il percorso nella data science era quello giusto da seguire. Golinelli si è laureato prima in economia all’università Cattolica di Milano nel 2017 e poi ha conseguito una laurea magistrale, nello stesso ateneo, in data analitics for business nel 2019. Ora ha 26 anni e da due lavora a Milano, nel settore della cyber security, per  nota una azienda di consulenza internazionale. Ogni giorno ha a che fare con un’enorme quantità di dati. Cifre e algoritmi che negli ultimi dieci anni sono diventati i veri protagonisti del mercato.

Ma esattamente chi è e che cosa fa un data scientist? Si tratta di un professionista con competenze che vanno dall’informatica alla statistica alla matematica. L’obiettivo principale è l’organizzazione, l’analisi e
l’interpretazione di una grande quantità di dati, il tutto supportato dall’utilizzo di software progettati ad hoc. Più comunemente vengono usati i notebook open source, applicazioni web che servono per scrivere ed eseguire codici, visualizzare i dati e vederne i risultati. La pura analisi dei big data ad oggi è fondamentale per le aziende di qualsiasi settore che vogliono migliorare le proprie performance ed essere sempre più competitive sul mercato.

«Quando ho iniziato a conoscere questo mondo i corsi di laurea in data science stavano nascendo. Quello della Cattolica, infatti, è uno dei primi in Italia e il mio anno è stato quello di inaugurazione», racconta Golinelli che durante i suoi studi ha deciso di prendere parte anche a due progetti ambiziosi: una startup e un’associazione per studenti e professionisti immersi nell’universo dei big data. «Il mio primo ingresso nel mondo del lavoro è stato nella startup “Soccerment”, di cui sono diventato socio, che si occupa di analizzare i dati nel mondo dello sport e in particolare nel calcio. Lo scopo è di sviluppare dei dati capaci di leggere le prestazioni degli atleti ed è un servizio rivolto ai singoli giocatori ma anche ai club, dagli amatoriali ai professionisti», racconta. Nel 2019 ha fondato anche l’associazione “Data Network” di cui è presidente. «L’abbiamo creata con lo scopo di promuovere la data science e creare un alto tasso di alfabetizzazione dei dati, la cosiddetta data literacy rivolta agli addetti ai lavori e non. Ad oggi siamo una trentina di soci attivi. Il Covid ha bloccato le iniziative ma contiamo di ripartire al più presto», prosegue Golinelli: «”Data Network” è anche un luogo in cui potersi creare dei contatti, trovare opportunità di lavoro e partecipare a incontri tra studenti ed esperti del settore».

Leonardo CamiciottiLa data science in Italia sta vivendo una fase di grande fermento. Il settore ha avuto il suo boom negli Stati Uniti tra il 2006 e il 2010 e le aziende che lo hanno trainato sono quelle che da sempre hanno avuto a che fare con una grande mole di dati come Facebook, Apple, Google e Amazon. «Capimmo subito che questo movimento di big data sarebbe diventato importante, per questo decidemmo di mobilitarci», racconta alla Repubblica degli Stagisti Leonardo Camiciotti, executive director di TOP-IX (TOrino Piemonte Internet eXchange), consorzio nato nel 2002 e specializzato nell’innovazione tecnologica: «Andavamo costantemente negli Stati Uniti e ci siamo resi conto che in Italia mancava la gestione dei dati, le competenze e soprattutto la formazione accademica. Così abbiamo iniziato a fare dei corsi per professionisti, matematici e informatici di alto livello, ma anche aziende che per necessità dovevano interfacciarsi con i big data». Assieme al proprio consorzio, tra il 2011 e il 2012 Camiciotti ha creato il primo portale di rilascio di open data in Italia: «Dieci anni fa i data scientist possedevano un mosaico di competenze molto vasto, dall’ingegneria informatica alla statistica e allora come oggi lavorano all’interno di un team».

Con il passare degli anni, però, anche le strutture accademiche si sono messe al passo coi tempi. Dal 2019 ad oggi sono una ventina in Italia le università che hanno deciso di investire in corsi di laurea e master specializzati in data science come Luiss, Bocconi e Cattolica (a numero chiuso) ma anche Statale di Milano e Bicocca (a numero aperto). In quest’ultima la crescita delle iscrizioni è stata rilevante, passando da 100 immatricolati nel 2018 a quasi 200 nel 2021. I percorsi offerti al loro interno presentano esami di statistica, matematica, econometria, computer science, machine learning e altri ancora. Tutti capaci di trasferire competenze trasversali, adattabili a qualsiasi area, dalla moda alla salute, dal marketing alle banche.

La crescita del settore dei big data è stata confermata anche dalla Harvard Business Review che ha definito il data scientist come la professione più “sexy” del 2021. Anche la classifica di Glassdoor sui “50 best jobs in America” ha messo il data scientist al terzo posto nel 2022 e al primo posto tra il 2016 e il 2019. Secondo il Bureau Labor Statistics degli Stati Uniti i posti di lavoro in questo settore sono destinati ad aumentare dell’11% entro il 2024. Un’ascesa inarrestabile che si rispecchia anche in Italia, sebbene con cifre inferiori.

L’azienda Experis, nel suo report “Tech cities” 2022, ha definito il data scientist come il secondo profilo più richiesto in Italia (17%) dopo il Java developer (46%). Le offerte di lavoro si concentrano soprattutto nel nord Italia, in particolare a Milano con il 53%; Roma in seconda posizione con il 20,4%.

Scegliere questo campo professionale serve anche ad evitare il grande problema – non solo italiano – del lavoro sottopagato. La retribuzione annua lorda media dei data scientist infatti parte (in media) da un minimo di 27mila euro fino ad arrivare a 40mila. Gli stipendi più alti in Lombardia e Piemonte dove il guadagno media annuo è rispettivamente di 40mila e 36mila euro. Più si va verso sud, invece, più la Ral diminuisce con una retribuzione media di 33mila euro in Campania e 32mila in Puglia. Un divario preoccupante, quello tra nord e sud, che si riflette anche tra uomini e donne. Il gender gap infatti persiste anche nella data science e più in generale nelle professioni stem (science, technology, engineering and mathematics). Secondo il report di Linkedin sui 25 mestieri più in crescita in Italia nel 2022, i data scientist uomini rappresentano il 64%, le donne il 36% e il divario salariale in favore dei primi ammonta all’11,5%.

Beatrice Giubilo«Tutto il mio team è composto principalmente da uomini», conferma Beatrice Giubilo, business analist di 29 anni che lavora per segugio.it,  azienda specializzata nella comparazione online di prodotti finanziari, assicurativi e tariffe. «Il settore della data science non è ancora bilanciato ma la forbice si sta restringendo sempre di più». Ma Giubilo che guarda al futuro prossimo con solido ottimismo e al passato con una dolce nostalgia: «Ho conosciuto la data science per caso. Dopo la laurea in economia all’università di Trieste ho lavorato in una compagnia assicurativa e proprio là ho incontrato degli esperti di statistica che già utilizzavano strumenti di data science. Questo settore mi ha incuriosito e così nel 2019 ho deciso di intraprendere un master in data science for management alla Cattolica di Milano».

Tra le sue passioni ci sono i videogiochi e la moda, due settori lontani dall’universo dei big data, ma solo apparentemente. «Negli ultimi anni i grandi marchi hanno deciso di investire nei videogames, creando i look dei personaggi virtuali». Un’industria di grande valore in cui i data analist svolgono un ruolo fondamentale, raccogliendo e analizzando i dati e le preferenze dei clienti. «Il mondo della data science è come un grande ombrello colorato», conclude Beatrice Giubilo: «
È versatile, può coprire tante aree diverse tra loro ed è accessibile. Basta avere passione».

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