Scritto il 21 Giu 2018 in Notizie
BIP - Business Integration Partners buone opportunità formazione laurea umanistica Politecnico di Milano
Chi l'ha detto che una laurea in Lettere o in Antropologia debba essere considerata “debole”? Non nascondiamo la testa sotto la sabbia, di solito è così: le aziende, specialmente in Italia, cercano più i profili tecnico-scientifici. Le lauree “forti” sono quelle in ingegneria, informatica, tutt'al più economia. Ma ci sono anche datori di lavoro illuminati. Senza scomodare la mitica figura di Adriano Olivetti, che negli anni Cinquanta nella sua fiorente azienda in quel di Ivrea si narra facesse le assunzioni a gruppi di tre – un laureato scientifico, un tecnico e un letterato, per il buon peso – anche oggi il valore delle competenze umanistiche ha i suoi estimatori. E con ragione.
«Le discipline umanistiche predispongono lo studente alla capacità critica, all’immaginazione e al ragionamento interdisciplinare» conferma Carlo Maria Capé, amministratore delegato di Bip – Business Integration Partners, la più importante società di consulenza a matrice italiana: «Da tempo noi non ci limitiamo ad assumere ingegneri ed economisti: il mestiere dei consulenti di management è cambiato».
Certo, nella consulenza sono essenziali le competenze scientifiche, e molti annunci cercano espressamente ingegneri: ma «l’ideazione di nuovi prodotti e servizi digitali particolarmente innovativi è legata allo studio e alla comprensione della società in cui viviamo e del comportamento delle persone», continua Capé, «attività che richiedono anche laureati in antropologia, psicologia o design». E non solo: «Immaginando lo scenario che ci aspetta, in un futuro non così lontano la diffusione dell’automazione e dell’intelligenza artificiale renderanno necessario l’impiego di specialisti per valutare gli impatti sociali del fenomeno e “istruire” robot e macchine, tenendo sempre presente anche l’aspetto etico».
Un fenomeno che «non riguarda solo la consulenza, ma più in generale le industrie del digitale e del tech»: Capé ricorda che la Silicon Valley pullula di imprenditori che alle spalle hanno studi umanistici – «il fondatore di LinkedIn ha scelto filosofia, l’ideatore di Pinterest ha frequentato scienze politiche e perfino Mark Zuckerberg, prima di specializzarsi in programmazione, ha studiato psicologia».
Dunque le facoltà universitarie umanistiche forniscono una buona, talvolta ottima base di partenza. Però è vero che per lavorare in contesti fortemente innovativi spesso ci vuole una preparazione un po' più tecnica; ed è vero anche che molti laureati umanistici a volte hanno bisogno di trovare un modo per impreziosire il loro cv, per evitare che venga scartato a priori da selezionatori che storcono il naso di fronte alle lauree “non Stem”.
E qui entra in gioco una partnership tra Bip e il MIP, la Business school del Politecnico di Milano, che insieme hanno messo a punto un percorso formativo ad hoc – una formula peculiare e “accelerata” per permettere ai laureati umanistici di ampliare le proprie competenze e rendersi più appetibili per il mercato del lavoro, aggiungendo alla loro preparazione di base anche un'infarinatura di Economics & Finance, marketing, management e trasformazione digitale.
Si chiama “bootcamp” – «il termine evoca dinamicità: un percorso di allenamento intenso su una selezione di tematiche di business fondamentali» spiega alla Repubblica degli Stagisti Ursula Buchmeiser, a capo dell'area People Engagement & Development di Bip – e dura solo quattro mesi: un mese in aula e poi tre mesi in stage. Venti posti disponibili, in aula docenti della Graduate School of Business del Politecnico di Milano e professionisti di Bip con elevata seniority.
«Il percorso nasce dalla consapevolezza che l’innovazione della nostra azienda è legata alla diversificazione delle competenze e alla ricchezza della nostra cultura aziendale» continua Buchmeiser: «In una condizione dove lo scambio del sapere e dei dati avviene in modo esponenziale, il valore distintivo di una società di consulenza dipende sempre di meno dal sapere e sempre di più dal saper fare».
Buchmeiser, austriaca di nascita ma italiana d'adozione – vive a Milano da oltre dieci anni – laureata in Economia a Vienna e “masterizzata” alla Bocconi, ha lavorato in precedenza alle Nazioni Unite e alla Commissione europea; è anche membro esterno del cda dell'università Statale di Milano, e per Bip ha seguito fin dal primo giorno la genesi del progetto del bootcamp. «Alle risorse che concludono con successo il percorso in aula Bip offre uno stage di tre mesi», anticipa; stage con la consueta indennità mensile che Bip – che da anni fa parte del network di aziende virtuose della Repubblica degli Stagisti e ha il “Bollino OK Stage” – prevede a favore dei suoi stagisti: 800 euro al mese, senza distinzioni tra curricolari ed extracurricolari (in effetti, facendo due calcoli, due mensilità dell'indennità sono praticamente sufficienti a compensare il costo totale della quota di iscrizione al bootcamp, che ammonta a 1.500 euro + Iva).
Alla fine dei tre mesi verrà il momento di trarre le conclusioni: ciascun giovane potrà capire se si sente tagliato per una carriera nella consulenza, e Bip a sua volta valuterà i talenti più promettenti da trattenere con una proposta di assunzione. «Il percorso costituisce in ogni caso un forte incremento del valore del cv per i partecipanti» sottolinea Ursula Buchmeiser: «Questo significa naturalmente aumentare le opportunità di inserimento nel mondo del lavoro».
«Questo bootcamp è una novità per noi: rappresenta il primo esperimento costruito ad hoc con e per un’azienda» dice Davide Chiaroni, direttore scientifico del programma “Bip Bootcamp & Stage” per il MIP – Politecnico di Milano: «Abbiamo inserito già da due anni il concetto di bootcamp nel nostro International Full-time MBA e lo abbiamo disegnato insieme ad un panel di aziende; con questa iniziativa si arriva ad uno step ancora più innovativo, perché il bootcamp è pensato per una singola realtà partendo dalle esigenze dell’azienda stessa». Il Politecnico e Bip non sono nuovi alle collaborazioni: insieme avevano riprogettato, nel 2015, un master in “Energy Management”.
«I contenuti del programma sono stati definiti a quattro mani partendo dalle definizioni delle competenze necessarie per poter diventare consulente e business analyst in realtà dinamiche e internazionali» aggiunge Chiaroni: «Si è voluto enfatizzare il ruolo che figure professionali con un background umanistico e creativo possono apportare alle organizzazioni e società di consulenza. L’obiettivo è quindi quello di sviluppare il pensiero analitico e le capacità di business analysis e problem setting e solving».
Non è scontato per una realtà universitaria avviare un master – o, come in questo caso, un bootcamp – in collaborazione con un'azienda. Ma «docendo discimus: insegnando apprendiamo» sottolinea Chiaroni: «È uno dei detti latini che si attribuiscono a Seneca, e credo rappresenti bene il nostro spirito. Avviare un progetto in collaborazione con un'impresa significa innanzitutto comprendere la sua prospettiva. Adattare il proprio bagaglio di competenze e di “saper insegnare” in un contesto sempre diverso e – soprattutto con i talenti – particolarmente stimolante e creativo, è il miglior risultato che come Scuola possiamo portare a casa da progetti di questo tipo».
Le iscrizioni al “Bip Bootcamp & Stage” sono aperte fino a fine giugno. Gli unici requisiti essenziali richiesti sono una laurea magistrale (meglio se conseguita da meno di un anno) e una conoscenza dell'inglese almeno a livello B2. Per i selezionati il percorso di training accelerato inizierà lunedì 17 settembre 2018 e avrà la durata di un mese. In bocca al lupo a chi proverà a candidarsi!
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