Bonus 80 euro, ecco chi ne ha diritto e chi resta escluso

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 29 Mag 2014 in Articolo 36

sostegno al reddito

Superato il fatidico 27 maggio, per la platea dei potenziali beneficiari del bonus da 80 euro promesso da Renzi a marzo è arrivata finalmente la certezza: l'aumento del salario (o meglio il 'credito di imposta') esiste davvero, certificato nero su bianco in busta paga, dopo mesi di annunci e perplessità. Fino a oggi si sono però rincorsi i dubbi su chi avesse diritto al contributo mensile, visto il variegato panorama contrattuale italiano. E tuttora molti nodi restano da sciogliere, soprattutto per quanto riguarda il futuro della misura messa a punto dal nuovo esecutivo. La Repubblica degli Stagisti ha cercato di tirare le fila del discorso con la consulenza di Giuseppe Buscema, esperto della Fondazione consulenti del lavoro. Che spiega: «Al bonus hanno diritto coloro che percepiscano nel 2014 redditi da lavoro dipendente o assimilato, fatta eccezione per i pensionati». Un primo aspetto su cui non esiste margine di interpretazione in quanto «espressamente previsto dalla norma».

La soglia massima di entrate annuali – sempre considerata in termini lordi – è di 26mila euro che, calcolando una tassazione media intorno al 30% tra Irpef e contributi, spalmata indicativamente su quattordici mensilità, riguarda chi può contare su uno stipendio medio di circa 1300 euro mensili netti (va da sé che la cifra sarebbe maggiore qualora le mensilità corrisposte fossero ad esempio dodici). Esiste però anche una tetto minimo, quello dei cosiddetti incapienti, «cioè coloro che non versano tasse per mancanza di reddito sufficiente»: circa 8mila euro annuali. Detta in termini più specifici significa che è necessaria «la presenza di un debito di imposta al netto di sconti fiscali per lavoro dipendente di almeno di un euro» precisa Buscema, altrimenti addio bonus. Qui però occorre un'ulteriore precisazione: gli 80 euro – esentasse nello stipendio – saranno destinati per intero ai contribuenti che guadagnano tra gli 8mila e i 24mila euro annuali, mentre superata questa fascia e fino ai 26mila euro il credito «viene proporzionalmente ridotto fino a azzerarsi», chiarisce ancora l'esperto. A dire quindi che a chi si colloca nello scalino più alto non andranno per intero gli 80 euro ma cifre di volta in volta più piccole.

La difficoltà principale sta nel capire quanto effettivamente si percepisca ogni anno. Spesso gli stessi dipendenti fanno fatica a saperlo con esattezza, perché talvolta «il lordo si raddoppia rispetto a quanto realmente percepito» e, oltretutto, la percentuale di tassazione a cui si è esposti mensilmente non è sempre cristallina. Tuttavia, ragionando a spanne, e sempre al netto delle eventuali variazioni degli importi a seconda che si considerino dodici o più mensilità, si può dire che rientrano in questo gruppo i lavoratori a circa 1200 euro netti al mese. In questo senso è indifferente che si percepiscano 800 o 1200 euro mensili: gli 80 restano invariati. A tutti loro «spettano 640 euro di reddito complessivo in più di qui alla fine dell'anno, quindi per altri otto mesi».

Rispetto alle famose slide girate in rete con l'hashtag #lasvoltabuona, con cui il premier presentò il progetto all'indomani dell'insediamento dell'esecutivo, la cifra appare di poco inferiore: lì si parlava di mille euro all'anno in più, ma il calcolo faceva riferimento a un intero anno solare e non agli otto mesi del 2014 per cui il bonus è – a oggi – assicurato. Per ora infatti i destinatari dovranno accontentarsi di riceverlo fino alla fine del 2014, perché per il 2015 «l'auspicio è che i soldi ci siano, ma per ora non si sa nulla», dice Buscema.

Altro punto spinoso sono le categorie contrattuali a cui il bonus sarà riconosciuto. Fermo restando che potranno aggiudicarselo i lavoratori dipendenti, quindi a tempo indeterminato, il primo quesito riguarda i lavoratori a tempo determinato. Ne hanno diritto? «Sì» conferma lo studioso, e sempre sotto la stessa soglia reddituale. Però quei 640 euro andranno «regolati, nel caso di rapporto iniziati o cessati nell'anno, a seconda del numero di mesi lavorati». Ossia: «Chi lavora sei mesi non ha diritto al totale dei 640 euro ma alla metà, e così via». Il calcolo si ottiene dividendo i 640 euro mensili per dodici e poi moltiplicando il risultato per il numero di mesi di assunzione. 

Infine i precari, in quanto redditi da lavoro assimilato, hanno diritto al bonus «sia i contratti a progetto, quindi i cocopro, che i contratti di collaborazione continuativa, ovvero i cococo, e anche i soci collaboratori di cooperativa. Perfino gli stagisti, qualora raggiungano rimborsi spese maggiori agli 8mila euro annui» sottolinea il consulente. Secondo alcune stime si tratterebbe di un folto gruppo di più di dieci milioni di persone, tra cui peraltro rientrano, secondo l'ultima circolare dell'Agenzia delle entrate in materia, sia i cassaintegrati che i titolari di indennità di disoccupazione o i lavoratori in mobilità. Ne restano fuori però proprio i meno tutelati: non solo i pensionati (per cui Renzi ha promesso di rimediare nel 2015), ma tutto l'esercito dei lavoratori autonomi composto da partite Iva (un fenomeno in esplosione: nel solo 2013 le iscrizioni sono state 520mila, e a febbraio 2014 già erano 50mila), ritenute d'acconto, cessioni di diritto d'autore.

A loro – gli autonomi – nonostante l'assenza di tutele previdenziali, di tredicesime e quattordicesime, di ferie e maternità pagate, neppure un centesimo. «Quello degli 80 euro è un provvedimento positivo per l'economia sotto il profilo dei consumi: queste somme avranno certamente delle ricadute» commenta Buscema, poco convinto che l'esclusione dei freelance sia stata una scelta saggia: nei loro confronti l'iniquità è netta, basti pensare che questi soggetti «non sono come i dipendenti tutelati di fronte alle crisi aziendali». Due pesi e due misure dunque: chi perde il lavoro ma aveva firmato un contratto di lavoro dipendente o parasubordinato avrà gli 80 euro, a differenza di chi resta a spasso essendo stato inquadrato finta partita Iva. Insomma, per migliorare questo provvedimento «occorre agire su una riduzione generalizzata del carico fiscale» suggerisce la Fondazione consulenti del lavoro «anche per soggetti come partita iva e assimilati». Speriamo si provveda al più presto. 

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