Un nuovo modo di parlare di temi importanti a scuola: le assemblee d'istituto “memorabili” di Assembleiamo

Marianna Lepore

Marianna Lepore

Scritto il 05 Set 2023 in Notizie

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Usare le assemblee d’istituto – quei momenti, una o due volte l’anno, in cui tutti gli studenti di una scuola si riuniscono per una sorta di “conferenza” – per affrontare tematiche che normalmente non sono discusse a scuola ma che possono invece interessare molto i ragazzi, come l’intelligenza artificiale, i social media, le problematiche sociali, la sostenibilità, le tematiche di genere o lavori “del futuro”, meno conosciuti. E farlo portando volti noti come la pallavolista Paola Egonu, il cestista Marco Belinelli, il musicista youtuber Pietro Morello, l'attore Alex Polidori (noto anche per essere la voce italiana di Tom Holland e Timothée Chalamet!), il ricercatore di chimica e divulgatore Barbascura, lo youtuber Leonardo Decarli, o ancora Aurora Caporossi, fondatrice dell'associazione Animenta che supporta i giovani con disturbi alimentari, la modella e influencer Ludovica Pagani, il fisico teorico e TedX speaker Cristiano De Nobili.

Non necessariamente persone famosissime, ma che possono dare un valore importante agli studenti in termini di engagement, conoscenze e impatto generato. È la scommessa di Assembleiamo, associazione creata da Matteo Spreafico, che quando tutto è partito – nel 2020, poco prima del Covid – era al primo anno di università.

Le assemblee sono spesso organizzate all’interno delle scuole stesse, ma anche in teatri, aule magne, cinema. «La nostra sfida giornaliera è rendere l’argomento di cui si parla, l’evento, interessante, avvincente. Uno dei modi per farlo è attraverso gli ospiti» dice Spreafico alla Repubblica degli Stagisti, che quest'estate lo ha anche invitato al suo evento Best Stage 2023 per raccontare l'iniziativa: «Se a parlare di social media faccio venire un esperto 50enne sconosciuto o della polizia postale non riscuoterò la stessa attenzione di quando invito un influencer. In questo secondo caso non solo gli studenti saranno interessati, ma anche emozionati, fieri di avere quella persona ospite a scuola. Cambia proprio l’approccio. E poi bisogna essere interattivi: parlare due ore frontalmente non funziona  in classe, figuriamoci con 500 persone. Bisogna prevedere delle attività interattive, sondaggi, work cloud, quiz che interrompono le varie fasi», continua a spiegare Spreafico: «Portiamo i ragazzi sul palco, diamo grandissimo spazio alle domande. Coinvolgiamo i giovani. Anche i temi più complessi possono essere affrontati nel giusto modo. E cerchiamo sempre il feedback al termine dell’assemblea, chiediamo cosa è piaciuto e cosa no per costruire l’evento futuro».

In tre anni il progetto ha raggiunto circa 350mila studenti, non solo attraverso assemblee ma anche con dei tour strutturati su più giorni. «Visto che siamo di Busto Arstizio abbiamo cominciato con le scuole del nord, ma siamo presenti in tutta Italia: abbiamo scuole in Sicilia, Campania, Puglia, Lazio, Marche, Toscana, Sardegna, Veneto. Certo, le scuole del Nord sono più avvantaggiate perché sono spesso più comode da raggiungere per gli ospiti degli eventi. Mentre per quelle del Sud si deve organizzare anche il viaggio dell’ospite, il che comporta dei costi. Ma cerchiamo comunque di garantire equità tra i diversi territori. Quindi magari sosteniamo le spese di viaggio, in questo caso più alte anche per i pernottamenti, oppure organizziamo dei tour/incontri in successione tra più scuole per ridurre i costi».

Quando tutto è cominciato «eravamo giovanissimi: siamo partiti senza un vero modello di business, solo con l’idea di provarci», ricorda Spreafico: «Abbiamo poi visto che funzionava, che raggiungevamo tanti ragazzi, avevamo un impatto e c’erano tantissime aziende interessate a supportarci per raggiungere meglio la Generazione Z. Dall’associazione iniziale è nata School Innovation Lab, una start up che collega le aziende con i ragazzi delle scuole superiori per creare valore attraverso progetti educativi. Per ora è tutto autofinanziato, siamo partiti con i nostri risparmi. Dalla fee che chiediamo ai nostri partner aggiungiamo ai costi una nostra parte di ricavo: questa è quella su cui generiamo il nostro utile che al momento, però, è  reinvestito in nuovi progetti, per crescere poco a poco».

Come si sia passati da un’associazione a una vera e propria start up con un vero modello di business? «Abbiamo sempre creduto nel confronto tra i ragazzi e gli adulti. Passiamo intere giornate a confrontarci con i ragazzi, a capire le loro esigenze. Abbiamo parlato con circa 400 rappresentanti di scuole diverse e questo ci ha permesso di avere una posizione probabilmente unica sulle esigenze di questo target. Allo stesso tempo negli eventi che creavamo come associazione coinvolgevamo professionisti e aziende che erano entusiasti e ci dicevano “Siamo interessati a venire in più scuole e investiremmo anche dei soldi perché ci crediamo e vogliamo che i giovani siano formati su questo tema”. E allora ci siamo detti: perché non mettere insieme le due cose? Aiutare le aziende a comunicare meglio con gli studenti e portare social employability e allo stesso tempo fare attività con i ragazzi sempre in un’ottica educativa». Il passaggio, in pratica, è stato naturale: «Possiamo fare molto di più di un’assemblea, possiamo lavorare con aziende e studenti, connetterli per creare valore per i ragazzi, per la scuola e per l’azienda stessa».

Oggi all’interno della start up sono quattro soci, di cui tre operativi: Spreafico, oggi 25 anni, che ha la maggioranza delle quote, e poi Andrea Pasini e Lorenzo Perotta, entrambi classe 2002, che si occupano dello sviluppo dell’app e della parte amministrativa. A questi si aggiungono altri cinque collaboratori che lavorano su vari progetti.

Ma per farsi venire un’idea del genere, Matteo Spreafico ha subìto, nella sua adolescenza, assemblee d’istituto terribili? «Alcune erano anche belle, ma in molte come in tutta Italia si finiva a vedere un film. Si lascia tutto in mano a ragazzi di 16-17 anni, e spesso l’organizzazione non è il massimo. La mia domanda quando siamo partiti è stata: perché non trasformare questa giornata in qualcosa che li coinvolga davvero? Questo è il segreto: quando i giovani si sentono coinvolti ascoltano chi hanno di fronte. E la cosa che ci fa più piacere, oggi, è quando i docenti ci dicono “non ho mai visto i ragazzi così attenti per due ore”». L’attenzione dei ragazzi si cattura portando speaker di valore e tematiche a loro vicine con un approccio innovativo, quindi molto interattive.

E poi c’è la questione dell’impatto sociale sui giovani: «È la prima cosa che guardiamo. In tutti i progetti che facciamo per noi il feedback di ragazzi, docenti e scuole è un nodo centrale. Organizziamo eventi nelle scuole che spesso coincidono con le assemblee perché è lo spazio migliore per rappresentarli. Quindi possiamo portare l’atleta a cui si può ispirare il ragazzo, l’azienda che porta determinate tematiche affrontate dai suoi professionisti. E poi facciamo anche tante attività di formazione per i ragazzi. Per esempio collaboriamo con Canva, uno strumento gratuito di progettazione grafica online, per fare informazione agli studenti su questo tema, oltre a  progetti legati all’orientamento, al benessere psicologico, al confronto tra docenti e ragazzi».

È possibile contattare School Innovation Lab attraverso qualsiasi canale (qui i loro profili Linkedin, Instagram, e il loro sito). E possono farlo sia gli studenti sia l’istituzione scolastica. «Dipende da cosa si vuol fare. Per fare solo l’assemblea ci può contattare direttamente il rappresentante di istituto: ci piace avere un primo rapporto con i rappresentanti o con loro e il preside insieme. Poi in base ai progetti spesso c’è bisogno anche di avere un contatto con la dirigenza, ma partiamo di solito con i ragazzi: raccontiamo loro cosa facciamo e cerchiamo di capire di cosa hanno bisogno».

Tutto questo logicamente ha un costo, ma non sono le scuole a pagare. «Per politica aziendale non vendiamo servizi alle scuole. Il nostro cliente sono le aziende che hanno interesse a comunicare in modo più efficace con la Generazione Z, e noi le aiutiamo a farlo in un contesto a forte impatto sui ragazzi. È il patto sociale che cerchiamo di creare tra le aziende, dove ci sono soldi e fondi che servono alla scuola per fare progetti, e le scuole e gli studenti che hanno bisogno di questi progetti ma non hanno la liquidità per finanziarli. La nostra strategia è che a finanziare questi eventi siano le aziende o i privati. Il prezzo che le aziende pagano cambia a seconda di cosa si sta parlando: possono essere progetti molto grandi e allora facciamo preventivi ad hoc. Di solito non sono cifre elevate, ma cambia tutto se si decide di supportare progetti per raggiungere 40-70mila studenti».

Ad oggi sono state coinvolte una trentina  di aziende, cucendo sempre progetti ad hoc in base all’interesse dell’impresa e agli obiettivi di impatto di Assembleiamo. «Ognuna ha obiettivi diversi: responsabilità sociale di impresa, brand&awareness, marketing&sales. Per questo in base alle esigenze andiamo a strutturare la loro partecipazione e contributo agli eventi. In alcuni casi sono solo sponsor o supporter, in altri  alcuni loro dipendenti intervengono in qualità di esperti sul tema».  Più della metà degli eventi, tra il sessanta e il settanta per cento, sono fatti puramente a impatto – quindi senza alcun finanziamento esterno.

Per il suo impegno con lo School Innovation Lab Matteo Spreafico è stato selezionato tra i 25 giovani changemaker da Agenzia nazionale per i giovani e Ashoka Italia«Sicuramente questo mi ha aiutato ad avere una prospettiva più sistemica sull’impatto che possiamo avere, un approccio molto più strutturato e professionale. Mi ha permesso di capire cosa significhi essere esperti, mi ha dato un metodo, una mission, aiutato a focalizzare meglio il nostro focus che è quello di voler modernizzare la scuola» osserva Spreafico: «Certo, un conto è dirlo, un altro crederci e lavorare con tutte le energie su questo. E Ashoka ci ha dato una mano proprio grazie al confronto con il loro team, alla possibilità di ampliare i nostri contatti, di parlare in conferenze, fare workshop. E ci ha messo in contatto con molti partner che ci possono supportare». Oggi Spreafico lavora a tempo pieno su questo progetto e dopo anni senza guadagni, visto che il poco incassato era reinvestito, adesso inizia ad avere anche un primo ritorno economico.

In questo momento è in programmazione «il prossimo anno scolastico, per continuare a fare eventi nelle scuole sempre più strutturati e coinvolgenti. A settembre lanceremo un’applicazione per i rappresentanti e i loro studenti, che li supporti a creare una migliore comunità studentesca e a vivere meglio l’esperienza scolastica. Non solo, stiamo lavorando a un progetto che si chiama Agenda Scuola 2030, puramente a impatto sociale che ha un chiaro rimando all’Agenda Onu 2030 ma dedicata alle scuole. Quindi lavorare in primis con gli studenti e con insegnanti e presidi per andare a immaginare come potrà essere la scuola del futuro, individuando le problematiche di oggi e da lì andando a lavorare per trovare le soluzioni». Per farlo sarà necessario elaborare i temi durante le assemblee con gli studenti e il tutto «verrà elaborato nella piattaforma di School Innovation Lab, dove poi le taskforce composte da docenti, ragazzi ed esperti del mondo della scuola andranno a sviluppare un elaborato finale che sarà messo a disposizione di Regioni, ministeri e di tutti gli enti che lavorano nella scuola, come riferimento finale. Un po’ come fa l’Agenda Onu per tantissimi altri temi. È il nostro grande progetto: ci crediamo molto».

Marianna Lepore

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