Rom ancora discriminati, un Ashoka Fellow si batte contro la politica della ruspa

Giada Scotto

Giada Scotto

Scritto il 25 Lug 2019 in Interviste

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La quarta intervista del ciclo dedicato da Repubblica degli Stagisti agli Ashoka Fellow è a Carlo Stasolla, 54 anni, presidente dell’Associazione 21 luglio, che opera dal 2010 nel campo dell’inclusione delle comunità rom. Il nome dell'associazione è legato alla storia di una bambina che, dopo esser stata tolta alla madre naturale per problemi di droga e affidata per due anni a una giovane coppia con cui è cresciuta serena, è stata data in adozione, per sentenza del tribunale, senza che potesse tuttavia svolgersi un percorso di distacco graduale dalla famiglia con cui aveva trascorso i suoi primi anni di vita. 21 luglio nasce e si caratterizza dunque per la tutela dei diritti umani, in particolar modo dei più deboli. Carlo Stasolla, già membro, come rappresentante dell'associazione, della commissione parlamentare per il contrasto della xenofobia Jo Cox e della Consulta per le migrazioni della Fondazione Migrantes, dopo aver vissuto per quattordici anni all’interno degli insediamenti rom della capitale, dove ha conosciuto anche sua moglie Dzemila Salkanovic, di etnia rom, si impegna nella testimonianza e nella lotta per il rispetto dei diritti di queste comunità e per il miglioramento delle loro condizioni di vita, favorendone l’integrazione.
Nel 2013 pubblica “Sulla pelle dei rom”, in cui conduce un’analisi delle politiche verso le comunità rom messe a punto dal Comune di Roma all'epoca in cui il sindaco era Gianni Alemanno. Con 21 luglio lavora a livello istituzionale, per la formulazione di concrete strategie di inclusione, ma anche a livello comunitario, per mettere le singole comunità nella condizione di accedere ai diversi servizi di assistenza sociale, e mass-mediatico, nel tentativo di sensibilizzare un’opinione pubblica spesso ostaggio di pregiudizi.

A nove anni dalla nascita dell'associazione, si può dire che in questo momento storico si manifesta in modo particolarmente urgente la necessità di riportare al centro il tema della condizione di discriminazione e, in alcuni casi, di segregazione delle minoranze?
L’idea dell'associazione nasce in piena emergenza nomadi. Si trattava del periodo di massima violazione dei diritti umani nei confronti delle comunità rom in Italia e 21 Luglio si costituisce proprio con la volontà di creare un’organizzazione indipendente svincolata dai fondi pubblici - che, secondo le regole fissate dal primo Statuto, non possiamo ricevere - con un approccio legato ai diritti umani e con una visione sistemica del tema. Bisogna però dire che in realtà, su questo tema, c’è un deficit costante, che è possibile osservare nell’operato delle varie forze politiche che si sono alternate e si alternano alla guida del Paese. C’è un razzismo esplicito e diretto, che si manifesta oggi e che è sotto gli occhi di tutti, e un razzismo più pericoloso perché meno evidente, quello “democratico”, quello per esempio della sinistra rutelliana e veltroniana che a Roma ha dato vita al “sistema campi”, un dispositivo istituzionale che marginalizza e segrega su base etnica i gruppi rom in quanto tali.


Cosa sta succedendo in Campania?

A Giugliano un’amministrazione di sinistra ha deciso, i primi giorni di aprile, di espellere dal Comune quattrocento persone di etnia rom, di cui più della metà minorenni, presenti sul territorio da più di trent'anni. Il nostro intervento si è esplicato in diverse azioni, che vanno dallo sciopero della fame, all’attività mediatica, al lavoro di advocacy, fino ad arrivare al ricorso alla Corte europea per i diritti umani. È così che siamo riusciti a far sì che queste persone potessero restare nel Comune, accampandosi in un’area da cui non sarebbero state nuovamente sgomberate, e ad avviare un’interlocuzione con il Comune fino ad ottenere l’impegno di quest’ultimo nel reperimento di somme che permettano l’inclusione abitativa delle famiglie rom di Giugliano. È necessario continuare a seguire la vicenda, che potrebbe rappresentare un precedente molto importante.


Quali sono le principali azioni che mettete in campo?

In una visione sistemica del tema dell’inclusione delle comunità rom marginalizzate, svolgiamo attività di ricerca, di advocacy e di monitoraggio sul territorio nazionale: in questo modo possiamo poi redigere report e “rapporti ombra”, promuovendo anche azioni legali. Poi c’è il lavoro di empowerment che conduciamo con la comunità rom, attraverso attività educative particolarmente innovative e sempre rigorosamente di alta qualità. Abbiamo, ad esempio, organizzato un corso di formazione per attivisti rom e sinti, così da preparare dodici giovani sull’utilizzo degli strumenti nazionali e internazionali di tutela dei diritti e lotta alla discriminazione: al termine del corso, ai partecipanti più meritevoli è stata data la possibilità di svolgere un tirocinio retribuito di tre mesi a Roma o a Budapest, mentre agli altri è stato dato sostegno nella ricerca di ulteriori opportunità di stage. Un altro importante progetto è stato “Danzare la vita”, che ha coinvolto 46 minori rom e non rom di un Istituto comprensivo di Roma in incontri di danzaterapia e danza teatrale, al fine di favorire l’integrazione utilizzando l’elemento artistico quale strumento educativo. In questo momento, sono aperte le iscrizioni per il corso di formazione per amministratori pubblici sul superamento dei campi rom in Italia. Si tratta di un corso rivolto ad esponenti delle istituzioni regionali e locali, dirigenti e funzionari pubblici, e personale di uffici comunali, che perseguono l’obiettivo dell’inclusione delle comunità rom e sinte. Gli incontri avranno luogo il 26 e 27 settembre a Roma, località Tor Bella Monaca, al Polo ex Fienile di largo Mengaroni, e per iscriversi c’è tempo fino al 30 agosto. Basta andare sul nostro sito e compilare il modulo, da inviare insieme al proprio cv. Sebbene molte delle nostre attività si svolgano a Roma, e in particolare proprio nella difficile area di Tor Bella Monaca, bisogna ricordare che, grazie al partenariato con tante associazioni italiane e internazionali, l'associazione opera anche in altre città italiane, come ad esempio Torino e Napoli, e in generale ovunque si abbia a che fare con comunità in condizioni di svantaggio e marginalizzazione.


Dal punto di vista economico, quali sono le risorse e i sostenitori di 21 Luglio?

Non potendo da Statuto accedere a finanziamenti pubblici, i nostri finanziatori sono soprattutto fondazioni estere e, in piccola parte, italiane. Contiamo poi anche sul sostegno di donatori individuali che hanno sposato la nostra causa e che ci sono vicini.


Come funziona il lavoro nell’associazione?

Abbiamo un direttivo composto da sette persone, tre delle quali provengono dalle comunità rom, e di uno staff operativo compone da una ventina di persone, impegnate in vari settori:  alcuni si occupano della gestione, dello sviluppo e della crescita dell’associazione, altri dell’area diritti umani, e altri ancora dell’area empowerment all’interno la comunità, che svolgiamo prevalentemente nel cuore della periferia romana, a Tor Bella Monaca.


Come si può collaborare con l’associazione?

Chi ha a cuore la nostra causa e vuole sposare la nostra battaglia può aiutarci diventando volontario. I nostri volontari hanno la possibilità di svolgere compiti differenti, in base alle loro capacità e ai loro desideri: possono supportare l’attività di sostegno scolastico all’interno di alcuni insediamenti rom della periferia di Roma, partecipare alla preparazione di eventi e attività dell’associazione o lavorare alla traduzione di documenti e rapporti internazionali. Per coloro che hanno particolare familiarità con la tecnologia e il web design, c’è la possibilità di diventare un “volontario digitale”, diffondendo le nostre iniziative sui social network, mentre ad esempio, per gli appassionati di fotografia, c’è la possibilità di lavorare alla produzione di materiale fotografico per documentare il contesto in cui operiamo. Per candidarsi come volontari basta andare sul nostro sito e compilare l’apposito modulo. I candidati selezionati saranno poi coinvolti in una giornata di formazione, mentre per i volontari già operativi sono previsti aggiornamenti periodici.


Qual è la risposta della società alla vostra attività?

Bisogna dire che i pregiudizi e gli stereotipi che avvolgono il mondo rom si riverberano anche sulla considerazione che l’opinione pubblica può avere della nostra associazione. Se questo è, da una parte, un limite, dall’altro è anche una risorsa, poiché se riusciamo, come associazione, a farci conoscere e apprezzare, possiamo arrivare allo stesso tempo a cambiare anche la percezione che grande maggioranza delle persone ha dei gruppi rom.


In che cosa 21 Luglio può considerarsi diversa dagli altri progetti? 
E che significato ha avuto esser nominato Fellow?
Il solo fatto di occuparsi dei diritti di rom, nel contesto attuale, costituisce una sfida controcorrente. Vogliamo distinguerci, come altre organizzazioni amiche, per fibra etica, professionalità, passione e coerenza. In questo senso, ricevere la nomina ad
Ashoka Fellow dà sicuramente una grande spinta, una spinta in più a lavorare meglio e con sempre maggiore incisività.

Quale è l'impatto più forte che la vostra attività ha avuto nella società?

Sicuramente abbiamo fatto maturare tra gli amministratori pubblici e nella società la consapevolezza dell’importanza e dell’urgenza di superare la segregazione abitativa delle comunità rom in Italia. Sono in tanti, adesso, ad esserne convinti. Il prossimo passo è far capire che la cosiddetta politica della “ruspa” è sicuramente meno impattante e più costosa della politica dell’inclusione. E’ questa la sfida che ci attende domani.


Intervista a cura di Giada Scotto

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