Specializzati, competenti, con conoscenze non solo teoriche ma soprattutto pratiche, sviluppate sul campo. In azienda. Lo chiamano sistema duale: la Germania ne ha fatto motivo di vanto di fronte al resto d’Europa dei suoi tecnici e operai, formati attraverso un sistema di apprendistato che miscela l’esperienza concreta - tre o quattro giorni in azienda - alla teoria imparata sui banchi degli istituti professionali per un paio di giorni a settimana. Il sistema duale ha oltre un secolo di vita eppure è ancora oggi sotto un vortice di critiche, soprattutto di recente. Pare che anche in Germania formare un giovane sia sempre più costoso. E che le imprese disponibili a farlo siano sempre meno (secondo un rapporto del governo tedesco, citato dal Foglio). Ma se la disoccupazione tra i giovani in Italia è esplosa da tempo oltre il 40 per cento, a Berlino e dintorni gli under 25 senza un impiego sono appena il 7%.
Anche in Austria e Svizzera - entrambi Paesi grandi circa come la nostra Regione Lombardia, con 8 milioni di abitanti - il sistema duale è ormai parte integrante del sistema scolastico e formativo. A Vienna la lista delle qualifiche possibili è di circa 240. L’apprendistato attraverso il sistema scuola-lavoro coinvolge circa il 40% degli adolescenti, con percorsi di circa 3 anni, un contratto di lavoro che include copertura sanitaria, assicurativa e pensionistica, e l’obbligo da parte delle aziende di garantire degli standard minimi di formazione pratica, affiancata a corsi scolastici professionali (Berufsschule). Le statistiche parlano di 120mila apprendisti formati in 40mila imprese, con un rapporto quindi di tre a uno. Percorso analogo in Svizzera, dove le qualifiche possibili sono oltre 300 e il sistema duale, secondo la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione, è l’opzione più scelta tra gli oltre 230mila giovani che scelgono una formazione professionale di base dopo la scuola dell’obbligo.
Un modello da esportare, insomma, quello duale. Ma che in Italia non ha mai preso veramente piede. Nel nostro Paese rientrerebbe nell’apprendistato «per la qualifica il diploma e la specializzazione professionale», come definito nel Testo Unico per l’Apprendistato (decreto legislativo 167/2011), ovvero quella formula che unisce la formazione in azienda al conseguimento di un titolo formativo. Un’opzione che ha sempre registrato cifre irrisorie. Secondo l’ultimo rapporto Isfol, è al 2,4%, appena sopra i contratti di apprendistato per “l’alta formazione e ricerca”, che coinvolge poche centinaia di giovani in tutta Italia (appena lo 0,8% di tutti gli apprendisti). A farla da padrone, con oltre il 97% dei casi, sono i contratti per “l’apprendistato professionalizzante”.
Qualcosa, ora, potrebbe cambiare. «L’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale e quello di alta formazione e ricerca integrano organicamente, in un sistema duale, formazione e lavoro per l’occupazione dei giovani». Queste le intenzioni, contenute nel nuovo Jobs Act. Almeno sulla carta.
Nella pratica, nell’ultimo anno sono nati alcuni progetti sperimentali, portati avanti dalle Regioni o da grandi aziende, per tracciare la strada di un’esperienza più concreta. Il Veneto si propone come terreno di sperimentazione con FITT - Forma il tuo futuro. Un progetto europeo, finanziato con quasi 300mila euro nell’ambito del programma Erasmus+, che vedrà impegnati la Regione Veneto insieme all’agenzia Veneto Lavoro, in stretto contatto con il ministero del Lavoro. Tra i partner, l’Istituto tedesco per la formazione professionale (BIBB) e l’Agenzia tedesca per la Cooperazione internazionale GIZ. I primi mesi saranno votati ad approfondire gli aspetti vincenti del sistema tedesco e a selezionare una proposta di alternanza scuola-lavoro da testare in alcune scuole ed enti di formazione, soprattutto nel settore turistico-alberghiero, nei prossimi anni scolastici. Due anni di tempo, per trovare una via italiana al sistema duale tedesco. Una via che coniughi in modo sistematico la formazione in azienda a quella in classe, con il conseguimento di un diploma finale. E che sia replicabile, poi, anche a livello nazionale.
«Dobbiamo chiederci il perché del sostanziale insuccesso dell’apprendistato per la qualifica», riflette Sergio Rosato, direttore generale di Veneto Lavoro. Secondo i dati dell’ente regionale, infatti, sono 19.700 i giovani che frequentano un corso di formazione professionale per la qualifica e oltre 43.700 quelli iscritti agli istituti professionali di Stato. Eppure, secondo l’ultimo rapporto regionale sull’apprendistato, nel 2013 erano poco più di un migliaio quelli coinvolti in percorsi di apprendistato per la qualifica (506) o nell’apprendistato per l’assolvimento del diritto-dovere (590, in via di esaurimento per la progressiva sostituzione della nuova tipologia di apprendistato, ndr).
«L’apprendistato per la qualifica attraverso formule di alternanza scuola-lavoro è sfruttato pochissimo. Pesa la concorrenza degli stage e tirocini curriculari, legati ad una vasta offerta formativa», spiega Rosato. Come dire: per i ragazzi stessi, finora, è rimasto una strada molto poco appetibile. «Pesa moltissimo, però, anche la concorrenza dell’apprendistato professionalizzante: si fatica a trovare imprese interessate. Meglio, per loro, assumere un apprendista già diplomato, che passare per la trafila degli accordi formativi da stipulare con le scuole. La crisi, poi, ha inciso non poco: l’apprendistato è visto come un rapporto a medio-lungo termine. Difficile, per un imprenditore che fa fatica, decidere di aggiungere un apprendista ad un organico magari già in sofferenza», precisa Rosato. Non a caso, i dati italiani e veneti registrano una flessione non solo nell’apprendistato per la qualifica, ma anche nella fascia di giovani under 20 assunti con ogni forma di apprendistato. Tra il 2005 e il 2012 si sono dimezzati, passando da oltre il 60% a poco più del 30%.
La dinamica si riflette anche a livello nazionale. Secondo l’ultimo rapporto Isfol, presentato proprio oggi, i giovani coinvolti in un percorso di apprendistato per la qualifica sono stati 3.405 nel 2013. E si può dire che sia un "affare" che riguarda quasi solamente il Nordest, che ha registrato in tutto 3115 casi, cioè oltre il 91%. Totalmente assente nel Centro e nel Sud Italia questa tipologia di avviamento al lavoro. Il rapporto Isfol riporta un declino del 3,9% dell’apprendistato in generale, con una media di quasi 425mila apprendisti attivi in Italia nel 2013, rispetto agli oltre 461mila dell’anno precedente (elaborati da Veneto Lavoro su dati Inps). «In Italia dobbiamo lavorare sull’applicazione del sistema duale alle pmi. In Germania il modello funziona in realtà imprenditoriali di dimensioni consistenti», precisa Rosato. «Non a caso uno dei pochi progetti sperimentali già attivi in Italia è stato lanciato da una realtà come la Ducati».
Il colosso motoristico di Borgo Panigale, infatti, ha avviato con questo anno scolastico il progetto Desi, in accordo con la Regione Emilia-Romagna: cinque mesi nei centri training di Ducati e Lamborghini, ad assorbire i segreti della meccanica di livello, seguiti da tre mesi sui banchi degli istituti professionali Aldini Valeriani e Belluzzi Fioravanti di Bologna, ad affinare le competenze teoriche, per poi tornare in officina. In totale, un percorso di due anni, coperti da una borsa di studio di 600 euro mensili netti, che coinvolge 48 giovani inoccupati, ma già in possesso di almeno una qualifica triennale. Non è un contratto di apprendistato vero e proprio e nemmeno uno stage. Tecnicamente lo definiscono un percorso di istruzione di secondo livello per adulti. Gli studenti alternano periodi di apprendimento scolastico a periodi di training on the job, non in linea produttiva, ma in attività di laboratorio o su prototipi, presso i training center di Ducati Motor Holding e Automobili Lamborghini, con una copertura Inail garantita dall’assicurazione scolastica. Di sicuro, una delle esperienze che più si avvicina, nel concreto, al sistema duale tedesco.
Sulla stessa lunghezza d’onda, il programma sperimentale messo a punto da un altro gigante dell’industria italiana, Enel, con i ministeri dell’Istruzione e del Lavoro, insieme a sette Regioni (Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto) e alle organizzazioni sindacali: 145 studenti al quarto e quinto anno di sette istituti, questa volta tecnici e non professionali, coinvolti in un progetto di alternanza scuola-lavoro potenziato. A differenza della modalità "normale", che prevede l'inquadramento in stage, i ragazzi qui sono assunti con un contratto di apprendistato di alta formazione e ricerca. Da quest’anno, passeranno nelle sedi del gruppo Enel almeno un giorno a settimana e continueranno il lavoro nel periodo estivo. Ad accompagnarli, un tutor scolastico ed uno aziendale, con i contenuti formativi decisi a quattro mani tra insegnanti e formatori Enel. Dopo il diploma, la possibilità di continuare l’apprendistato per un altro anno. «L’apprendistato scuola-azienda è una novità assoluta per il sistema italiano in cui crediamo molto e che sarà valorizzata anche nell’ambito dell’Esame di Stato», aveva detto il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini commentando l’iniziativa. Alle potenzialità del sistema duale crede anche la Regione Lombardia, al lavoro su un disegno di legge, ora in discussione al Consiglio regionale, per rafforzare i percorsi di formazione professionale basati sull’alternanza tra aula e impresa, anche grazie all’annuncio di un bonus occupazionale dal governo pari a 2500 euro per le aziende che prenderanno studenti con il sistema dell’apprendistato.
Tutti segni di un cambiamento che sta prendendo piede. Nella classificazione normativa precedente, l’apprendistato per la qualifica era definito «apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione». Uno strumento destinato a chi sui banchi proprio non ci voleva stare. Potrebbe trasformarsi in strumento per sviluppare e tramandare un know-how ad alta specializzazione, capace di rappresentare il valore aggiunto di un Paese competitivo sul mercato globale. Germania, Austria e Svizzera docent.
Maura Bertanzon
@maura07
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