Aeroporto Venezia, usavano gli stagisti come dipendenti: Save condannata a pagare 77mila euro di contributi

Antonio Piemontese

Antonio Piemontese

Scritto il 08 Ago 2019 in Notizie

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Usavano stagisti come lavoratori dipendenti. Per questo motivo la sezione Lavoro della corte d'appello di Venezia presieduta da Gianluca Alessio ha condannato Save, la società che gestisce gli aeroporti di Treviso e Venezia – e che detiene una partecipazione rilevante anche in quello belga di Charleroi – al pagamento dei contributi Inps non versati nei confronti di cinquantacinque ragazzi. I giovani sono stati impiegati per periodi di durata variabile tra i mesi di giugno e novembre 2011 nell'aeroporto Marco Polo con la mansione di floor walker, figura con il compito di fornire supporto ai passeggeri instradandoli verso il check-in. La Repubblica degli Stagisti si era già occupata del caso nel 2012.

Secondo la sentenza emessa il primo agosto i giovani, studenti degli istituti per il turismo del territorio, furono impiegati in mansioni che avrebbero richiesto l'assunzione di lavoratori dipendenti. Un fatto ancor più rilevante perché all'epoca nella compagine societaria di Save figuravano enti pubblici come il Comune di Venezia e la Provincia di Venezia.

La necessità di rimpolpare l'organico del Marco Polo sorse in concomitanza dei lavori di ristrutturazione dello scalo trevigiano, utilizzato anche da Ryan Air e chiuso per qualche mese per il rifacimento di pista e impianto di illuminazione. Numerosi voli furono, quindi, dirottati su Tessera. Sarebbe stato proprio l'improvviso aumento dei volumi di traffico a suggerire ai dirigenti il ricorso a personale extra. Inquadrato, però, giocando al ribasso, con l'utilizzo inappropriato dello stage. «Turni da otto ore a fronte di un rimborso spese di 100 euro mensili» denunciava l'allora segretario Filt-Cgil Venezia Umberto Tronchin. Fu lui a far presente all'azienda l'anomalia dello strumento scelto e a chiamare in causa l'Ispettorato del Lavoro. Erano gli anni precedenti la normativa a tutela degli stagisti, che prescrive che l'indennità minima percepita debba essere parametrata sulle tabelle regionali.

Nel 2016 il primo grado si era risolto con la vittoria di Save, che era riuscita a dimostrare la bontà delle proprie ragioni sottolineando la distinzione tra le mansioni svolte dagli stagisti e quelle del personale normalmente operante. Argomentazioni che non hanno convinto i magistrati di seconda istanza i quali, chiamati a decidere sul ricorso proposto dall'avvocato dell'Inps Aldo Tagliente, hanno ribaltato il verdetto. Varie le contestazioni mosse dall'Istituto. Vediamole nel dettaglio.

Sotto accusa, innanzitutto, la durata ridotta della formazione erogata (condensata in due giorni, e affidata per buona parte agli stagisti più "anziani").
Poco o nulla sarebbe stato insegnato riguardo al check-in vero e proprio, attività complessa che avrebbe richiesto settimane di corso per essere padroneggiata. In secondo luogo, sotto la lente di ingrandimento sono finite la difformità delle mansioni svolte rispetto al piano formativo concordato e l'ampia autonomia gestionale dei ragazzi.

A completare il quadro tratteggiato dall'ente, le reprimende verbali nei confronti di chi si assentava per qualche giorno. Insomma, scrive l'INPS nel testo del ricorso accolto dalla Corte, la reale esigenza degli stage risiedeva  "nella necessità di soddisfare picchi di lavoro con personale non retribuito" e non nella volontà di avviare un progetto formativo.

A otto anni dai fatti – impossibile non sottolineare i tempi biblici della giustizia –  il dispositivo della sentenza di secondo grado impone di pagare i contributi previdenziali non versati, calcolati in 76.525 euro totali.

«L'Inps ha perseverato nell'azione per gli aspetti di sua competenza, e questo non può che far piacere» ha commentato alla
Repubblica degli Stagisti Tronchin, che nel frattempo non fa più il sindacalista ma continua a sentire la vittoria come sua: «A volte le persone hanno dei diritti di cui non sono a conoscenza, e spetta a chi dovrebbe tutelarli vigilare, come è effettivamente accaduto in questo caso. Ma il valore della sentenza non è tanto nei contributi previdenziali recuperati, quanto nel fatto che questi e tanti altri ragazzi potranno imparare che non bisogna rassegnarsi a essere sfruttati».

Non è dato sapere se Save verserà direttamente l'importo o proporrà ricorso in Cassazione. Un'eventuale pronuncia della Suprema Corte riguarderebbe, comunque, solo la legittimità, e non il merito, della sentenza. La società non ha replicato alle richieste di contatto da parte della Repubblica degli Stagisti. Poche, invece, le speranze di vedere riconosciute eventuali differenze retributive o, addirittura, di ottenere un'assunzione "riparatrice" per chi non ha avviato una causa civile ai tempi: in questo caso potrebbe essere intervenuta la prescrizione.  

Antonio Piemontese

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