Chiara Del Priore
Scritto il 21 Giu 2017 in Approfondimenti
decreto legge diritto del lavoro Jobs Act voucher
Sabato scorso migliaia di persone sono scese in piazza contro i cosiddetti «nuovi voucher», in seguito alla manovra correttiva approvata qualche settimana fa, che ha introdotto il Libretto famiglia e una serie di novità nell'utilizzo dei buoni lavoro.
Facciamo però un passo indietro. Lo scorso marzo un decreto legge ha abolito i voucher, i buoni lavoro utilizzati fino a quel momento per pagare prestazioni di lavoro accessorio, ossia, come indicato dall’Inps, «svolte fuori da un normale contratto di lavoro in modo discontinuo e saltuario».
Sia le tipologie di soggetti beneficiari che il tetto massimo annuale erano stati ampliati nel tempo. I soggetti che potevano essere pagati con i voucher, nati con la legge Biagi, al momento dell'abolizione erano: pensionati, studenti di età inferiore ai 25 anni, destinatari di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (ad esempio i cassintegrati), lavoratori part time e altre tipologie, come nel caso degli inoccupati o dei lavoratori autonomi. Il tetto massimo dei compensi annui complessivi era fissato dalle ultime disposizioni contenute nel Jobs Act a 7mila euro, anche se la cifra per prestazioni lavorative a favore di ciascun singolo committente non poteva superare i 2mila.
Di fronte al forte incremento dei buoni lavoro, che denotava in effetti un abuso di questo strumento, la Cgil ha attivato una massiccia raccolta firme per chiedere un referendum sull'abolizione: il referendum però non è stato mai fissato, perché il governo ha preferito evitarlo procedendo con l'abolizione in toto dello strumento, attraverso appunto il decreto legge di marzo.
E ora? Come verranno inquadrate tutte quelle prestazioni fino a questo momento retribuite con voucher? Esistono al momento delle alternative sul tavolo? Qualche settimana fa è stato presentato in commissione Bilancio alla Camera un testo che riformula alcune proposte già avanzate per sostituire i voucher cancellati dal decreto. Disposizioni che sono state approvate nell'ambito della cosiddetta manovra correttiva.
Le novità prevedono l'introduzione del Libretto famiglia, caratterizzato da assegni di 10 euro, cui se ne sommano altri due per i contributi e l'assicurazione, da utilizzare per il pagamento di prestazioni lavorative per piccoli lavori domestici. Il lavoratore non potrà percepire più di 2500 euro l'anno dallo stesso datore di lavoro e le prestazioni non dovrebbero superare le 280 ore annuali, altrimenti il lavoratore dovrà essere assunto a tempo indeterminato. Il Libretto è acquistabile attraverso il portale Inps o presso gli uffici postali, mentre prima era possibile acquistare i voucher anche dal tabaccaio.
Le imprese potranno invece ricorrere al contratto di prestazione occasionale ad alcune condizioni: il compenso minimo non deve essere inferiore ai 9 euro orari, rispetto ai 7,5 previsti in precedenza, il tetto massimo di compensi annuali è di 5mila euro e non sono ammesse all'utilizzo aziende con più di 5 dipendenti. Non possono invece ricorrere i contratti di prestazione occasionale, quale che sia la loro dimensione, le aziende del settore edilizio e artigiane.
Prima che arrivasse questa proposta, diverse voci si erano espresse sul tema. La deputata Irene Tinagli ad esempio aveva auspicato la soluzione di ampliare l’ambito di applicazione del lavoro intermittente o a chiamata. Si tratta di una tipologia contrattuale utilizzata qualora ci sia necessità di impiegare un lavoratore per prestazioni con frequenza predeterminabile. Al momento questo contratto può essere stipulato con soggetti di età inferiore a 24 anni o superiore a 55. Inoltre, è ammesso per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate nell’arco di tre anni. Superato questo periodo, il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro «pieno» a tutti gli effetti.
La proposta della Tinagli intenderebbe eliminare i limiti del lavoro intermittente, che a oggi è previsto per i soli lavoratori con meno di 24 o più di 55 anni di età.
In entrambi i casi l'obiettivo sarebbe quello di proteggere il lavoratore attraverso una regolamentazione del rapporto di lavoro più «tutelante» ed evitare così che l'abolizione dei voucher porti nuovamente al dilagare di forme di lavoro sommerso. Ora bisognerà attendere le inevitabili reazioni e monitorare con attenzione i numeri dei prossimi mesi per verificare se la novità avrà sortito l'effetto sperato.
Chiara Del Priore
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