Università , tirocini e concorsi: l'insegnamento ai tempi della "buona scuola"

Silvia Colangeli

Silvia Colangeli

Scritto il 05 Mag 2015 in Approfondimenti

Poco pagati, abituati a classi numerose e scuole fatiscenti. Per gli insegnanti italiani, che oggi scioperano contro il disegno di legge "la buona Scuola", si prospettano tempi e condizioni sempre più incerti. Eppure, nonostante, tutto il 2014 si è distinto per il boom di iscrizioni alla III fascia - da cui si formano le graduatorie d’istituto per i supplenti a tempo determinato - e all’ultima selezione per il Tirocinio Formativo Attivo, che abilita all’insegnamento, si sono iscritte quasi 137mila persone. Ma quali soluzioni prospetta l'ultimo contestato disegno di legge in tema di precarietà? E c'è ancora spazio per chi sogna di fare questa professione?

Alla Repubblica degli Stagisti risponde fiducioso Davide Faraone, sottosegretario all'Istruzione, tra i promotori del nuovo pacchetto di riforme: «Nelle graduatorie ci sono 550mila persone, il risultato della cattiva politica del passato. Qualsiasi scelta avessimo fatto, ne avremmo avuti 400mila contro. Lo sapevamo, ma noi abbiamo deciso di chiudere con il precariato e con la didattica delle supplenze brevi, degli insegnanti meteore. I posti che nel 2015 mancheranno alle scuole andranno ancora ai docenti delle graduatorie di istituto e poi verranno messi a concorso, che sarà per soli abilitati e consentirà l'assunzione di un docente su tre. In Parlamento il Pd sta introducendo misure che valorizzino tramite concorso i giovani insegnanti, per esempio gli idonei del 2012 e  gli abilitati Tfa e Pas, di cui  finora nessuno si era occupato».

Meno entusiasta è il segretario della Flc Cgil Maurizio Lembo, che spiega perchè oggi sarà in piazza: «Si sono create molte situazioni lavorative diverse nel mondo dell'istruzione, che in comune hanno la precarietà.
 A parte  i singoli provvedimenti contenuti nella riforma, la figura del preside manager e l'albo provinciale per dirne alcuni, contestiamo anche la scelta di accorpare il discorso delle assunzioni con quello dei contenuti. Il ministero è conscio del malessere vissuto dai lavoratori del mondo della conoscenza tanto che, in coincidenza dello sciopero, ha rimandato lo svolgimento della prima prova Invalsi. Ma non è da considerare una vittoria».

Indipendentemente dal disegno di legge "La buona scuola", i futuri docenti dovranno avere le idee chiare già dall'università. La normativa in vigore, che il nuovo pacchetto di riforme messo in cantiere dal governo confermerà, divide il percorso dell’insegnamento fra scuola primaria e scuola secondaria. Per insegnare ai bambini delle ex scuole materne ed elementari  è necessario avere una laurea in Scienze della formazione, oggi a numero chiuso e con test d’ ingresso, che prevede già dal secondo anno tirocini nelle classi, a contatto con i bambini. Per insegnare nella scuola secondaria, ex scuole medie e superiori, è necessaria la laurea magistrale, diversa a seconda della materia.

«Per esempio per insegnare Lettere sono necessari 80 crediti in materie letterarie e 12 crediti in linguistica. Se ci si vuole abilitare all’insegnamento della storia sono necessari 80 cfu in discipline affini e un minimo di crediti in geografia e in materie filosofiche. E per laurearsi non è necessario sostenere questi esami», spiegano dalla segreteria del dipartimento di Lettere di Perugia. Il preside del dipartimento, Giorgio Bonamente, rivolge un appello ai potenziali giovani docenti: «Consigliamo agli studenti di qualsiasi facoltà di predisporre prima il loro piano per l’insegnamento, perché è sempre più frequente che una volta laureati tornino per integrare i crediti mancanti». Sostenere anche un solo esame dopo la laurea costa almeno 100 euro, nell’ateneo perugino addirittura 320.

Una volta laureati, è obbligatorio abilitarsi all’insegnamento attraverso il Tirocinio formativo attivo.
Si legge sul sito del Miur: «Per ottenere l’abilitazione all’insegnamento il decreto prevede l’attivazione presso le università di uno specifico corso universitario, il Tfa - Tirocinio Formativo Attivo (1500 ore, 60 CFU). I corsi sono a numero chiuso e ogni anno vengono stabiliti a livello regionale i posti disponibili per ciascun tipo di insegnamento». Il primo Tirocinio formativo attivo si è svolto nel 2012-2013 e ha abilitato 10500 persone, che hanno pagato tra i 2500 e i 3mila euro ciascuno, a seconda dell’ateneo. Finora l’unico vantaggio ottenuto dai vincitori del primo bando Tfa è quello di avere diritto a partecipare (insieme agli abilitati Ssiss degli anni dal 2002 al 2009 che non saranno assunti) al prossimo concorso, che dovrebbe tenersi nel 2016.

Potranno prendere parte al concorso anche i 18mila che in questi mesi stanno svolgendo il secondo ciclo di Tirocinio attivo. Le selezioni sono iniziate a luglio 2014
e le prove preselettive (60 domande a risposta multipla su logica, cultura generale e settore specifico d’insegnamento) hanno escluso il 60 per cento degli iscritti. A sorpresa, hanno superato lo scritto e l’orale meno candidati dei 22.450 posti in palio: dunque, dopo i risultati finali, il Miur ha autorizzato anche gli idonei dello scorso bando a iscriversi insieme agli oltre 17mila vincitori di quest’anno. «Quest'anno è cambiata la procedura delle prove di accesso e poi la riapertura delle immatricolazioni, con decreto ministeriale, a pochi giorni dall'inizio dei corsi, ha creato non poche difficoltà nell’organizzazione, come se non bastassero quelle che già c’erano» scuote la testa Fulvio Romagnoli dell'ufficio Offerta didattica dell'università di Macerata: «Tra ricorsi e slittamento delle selezioni, siamo in ritardo di mesi».

Per esempio, a vincere il II bando Tfa per l’abilitazione in spagnolo a Firenze sono stati in 12. Ma, tra idonei degli anni passati e vincitori, frequentano il corso in 29.
A raccontare con disappunto della situazione a Napoli alla Repubblica degli Stagisti è Giuseppe Palmadessa, 28 anni, laureato in Storia e Filosofia col massimo dei voti, senza esperienza di docenza: «Per la classe di concorso di storia e filosofia c’erano 58 posti e hanno superato le prove in 42. Poi si sono aggiunti anche un idoneo del Tfa precedente e una vincitrice di Ssis che si sta abilitando per la seconda volta. Abbiamo iniziato con un ritardo clamoroso, più o meno a marzo. Ma per rispettare il calendario, la mattina facciamo esperienza pratica nelle aule scolastiche, mentre il pomeriggio lo dedichiamo alle lezioni frontali incentrate sulla didattica delle materie: dovrebbero avere una loro specificità, ma in molti casi sono difficili da distinguere da quelle universitarie, visto che sono più o meno gli stessi professori a tenerle.Sono molto più utili le poche ore passate coi docenti di scuola secondaria. Nel frattempo cerchiamo di studiare per i tre esami previsti e il lavoro finale. Per quello che paghiamo, l'organizzazione è disastrosa, ma allungare il percorso come ha suggerito l'Anfis ci potrebbe pregiudicare l'unico vantaggio concreto, cioè il prossimo concorso».

«Oggi scenderò in piazza a Palermo e sul nostro striscione ci sarà scritto Tfa». A dirlo è Alessandra Mangano, 38 anni, laureata in Lettere. Nonostante un master, un dottorato di ricerca, diverse pubblicazioni e un'esperienza da supplente si è decisa a iscriversi al II Tfa, che definisce «l'ultimo treno su cui salire, anche se non so dove  mi porterà». Poi racconta la sua storia: «Accantonata la carriera universitaria,nel 2006 mi sono inserita nelle graduatorie di terza fascia. Nel maggio 2012 sono stata convocata per una supplenza di un mese presso la scuola Media Statale G. Marconi di Palermo, per un totale di 18 ore settimanali. Molto in breve, dopo un ricorso, sto ancora aspettando tutti i pagamenti per quel mese di lavoro. Sono stata chiamata altre volte per periodi brevi e nel frattempo lavoro anche come docente in un centro di ricerca privata. Ho deciso di non usufruire del Pas, il percorso abilitante speciale, che permette a chi ha conseguito un dottorato di ricerca di accedere al Tfa senza fare prove preselettive, perchè dà meno punteggio e perchè è ancora una situazione semillegale. A Palermo abbiamo iniziato il tirocinio il 30 novembre e poco prima di Pasqua le lezioni frontali: il risultato è un percorso davvero poco formativo, coi tempi strettissimi e ripetizioni inutili. In più, per pagarmi il corso, continuo anche a lavorare nel privato.Il paradosso è che per fare il Tfa molti di noi hanno dovuto rinunciare alle supplenze. Oppure, se la singola scuola lo permette, capita che per qualche ora si sia tirocinanti e per altre ore supplenti».

Nonostante le difficoltà organizzative, anche il secondo Tfa si concluderà a luglio.
«Occorre rivedere le procedure di reclutamento: il Tfa, e prima le Ssis, hanno creato aspettative nei giovani che hanno speso migliaia di euro» commenta ancora il sindacalista Lembo: «Purtroppo, se le cifre rimarranno confermate, le assunzioni  previste per questo autunno e il prossimo concorso non saranno nemmeno in grado di stabilizzare tutti i precari che già insegnano». Il sottosegretario Faraone risponde con alcune cifre: «In due anni assumeremo 160mila precari, i docenti di cui la scuola ha bisogno. Oltre 100mila insegnanti precari entreranno in ruolo con il ddl “La Buona Scuola" e gli altri tramite concorso. Aboliremo le supplenze brevi e, grazie all'8% di insegnanti in più in ogni istituto, garantiremo una scuola più aperta e a misura di studente. In quale altro settore della pubblica amministrazione oggi ci sono tutte queste assunzioni?»

L'unica certezza però, per ora, è che il ddl "La Buona scuola" è fermo in Parlamento e finché non sarà discusso continuerà una sterile battaglia a suon di proclami, poco utile a quei migliaia di insegnanti che, sfilando in piazza, rimanendo in classe o svolgendo il tirocinio, aspettano di capire se nel mondo della scuola ci sarà spazio anche per  loro.

Silvia Colangeli

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