A Milano si chiude lo StartupWeekend: 185 partecipanti e 13 progetti sviluppati in 54 ore

Veronica Ulivieri

Veronica Ulivieri

Scritto il 05 Feb 2013 in Notizie

L’obiettivo era toccare il primato delle 150 iscrizioni. Alla fine, per la decima edizione italiana di StartupWeekend, al Talent Garden (TAG) di Milano sono arrivati in 185, da tutta Italia e anche dall’estero (Svezia, Danimarca, Romania). «Abbiamo avuto una percentuale elevata di partecipanti stranieri, in tutto una decina, e di ragazze, più di venti. Il bilancio è positivo», spiega Emil Abirascid, fondatore del network Startupbusiness e co-fondatore di TAG, che hanno organizzato l’evento (di cui la Repubblica degli stagisti è stata media partner insieme a Indigeni Digitali, Che Futuro!, StartupItalia e IED) in collaborazione con Frontiers of Interaction.
Le 54 ore da startupper sono iniziate venerdì 1 febbraio con la presentazione delle idee d’impresa, poi messe al voto. Dai circa 60 pitch iniziali, sono state selezionate così 13 progetti, intorno a cui si sono aggregati altrettanti team. L’intera giornata di sabato e la mattinata di domenica sono state occupate dal lavoro – in certi casi continuo: alcuni team non hanno dormito – e dal confronto con i coach, che hanno dato suggerimenti e consigli. Alle 15 di domenica, poi, la presentazione delle idee davanti alla giuria, composta da imprenditori ed esperti, e alle 18 il responso, che ha valorizzato la partecipazione femminile, con due dei tre progetti vincitori creati da ragazze.
Al primo posto, per «l’originalità dell’idea e il fit con l’esperienza culinaria italiana», Bon Appetour, una piattaforma web «che permette ai turisti di poter fare esperienze autentiche trovando famiglie locali insieme alle quali poter cucinare e mangiare, invece di andare al ristorante», racconta Rinita Vanjre, 21 anni, indiana, che dopo gli studi a Singapore si è trasferita in Svezia per lavorare alla società di ingegneria meccanica Diamorph ed è venuta a Milano per partecipare allo StartupWeekend insieme a Inez Wihardjo, co-founder di Bon Appetour. L’idea, come succede quasi sempre, è nata dall’esperienza personale: «Ho viaggiato molto, ma mangiare cibo tradizionale è sempre difficile, o molto costoso. Il fatto di cucinare insieme, invece, oltre che economico, diventa anche uno strumento di integrazione». Ora l’obiettivo è creare un network internazionale: «Nel team c’erano persone che vivono in Svezia, Italia, Romania. Inoltre, io conosco bene la realtà asiatica. Pensiamo di avviare da subito progetti paralleli in diversi Paesi».
Al secondo posto, Donee Donee, un sistema online che aiuta l’utente a scegliere e acquistare il regalo giusto in rete, premiato per «la rispondenza a un bisogno diffuso e la chiarezza dell’opportunità di monetizzazione». Il sito, spiega l’ideatore Marco Fantozzi, 37 anni, di professione video designer, «ricorda gli eventi e analizza i gusti e le preferenze degli amici, dando anche suggerimenti sul regalo da acquistare. La lampadina mi si è accesa pensando alla mia esperienza personale: spesso mi sono dimenticato di compleanni e anniversari, e una semplice applicazione sarebbe bastata a salvarmi dalle figuracce». La situazione attuale fa ben sperare: «A Natale 2012, in Italia sono stati acquistati 5 milioni di regali on line. Ci sono dei siti che fanno cose simili, ma nessuno ricorda le date e dà consigli».
Medaglia di bronzo, per «la qualità del prototipo sviluppato e l’attenzione al design della user experience», a CookEat, un servizio che permette di selezionare, acquistare e ricevere a domicilio tutto ciò che serve per preparare una cena: ricette, ingredienti di prima qualità, vino. «E’ pensato per chi non ha tempo di fare la spesa, ma non vuole risparmiarsi il piacere di cucinare», spiega la founder Sara Bonomi, 24 anni, che dopo la triennale in Bocconi ha fatto un master in Marketing a Barcellona e un’esperienza di lavoro a San Francisco, nell’acceleratore d’impresa Rockstart. «L’idea è nata vedendo che ci sono molti siti di e-commerce e molti altri di ricette, ma sempre separati. Puntiamo sul dare alle persone il piacere di cimentarsi con la cucina, risparmiando loro però l’acquisto degli ingredienti o la ricerca dei piatti». Premio speciale, per «il potenziale di disruption dei mercati», a Meeko, una piattaforma che fa incontrare la domanda e l’offerta di tutor per l’erogazione di ripetizioni direttamente online, consentendo poi di esprimere giudizi sulle lezioni. I presupposti per una startup simile, ci sono tutti: «Ogni famiglia spende all’anno, secondo il Codacons, dai 600 agli 800 euro per le ripetizioni e a disposizione delle scuole ci sono l’87% in meno di fondi pubblici per il recupero pomeridiano. Sul web non esiste niente di simile», spiega Riccardo Avanzi, 26 anni, collaboratore di ricerca all’università di Trento sull’interazione uomo-macchina.
Le altre startup si concentravano sul settore sanitario (Askinghealth, Mercurio), eventi e acquisti (Should be do, Check bonus), trasporti (Taxi Rider), gestione di dati (Gtouch, Adubox), università (UGrade, GoFlatMate). Al di là dei vincitori, fa notare Abirascid, «la cosa importante è vivere la learning experience di formare un team e dar vita a un’impresa in poco più di due giorni. Non tutte le idee presentate erano originali, ma è interessante vedere come la cultura legata alla creazione di nuove imprese stia attecchendo anche in Italia: c’è una consapevolezza crescente dei diversi elementi critici da considerare quando si progetta una startup». In molti casi, la tecnologia non è fine a se stessa: «E’ significativo che accanto alla creazione del business, si tenga conto sempre più spesso anche della ricaduta sociale dell’attività», conclude Abirascid. Gli startupper sono d’accordo. Alla domanda su che cosa fosse l’innovazione, in tanti ieri non hanno avuto dubbi. La risposta di Vitor Storch le riassume tutte: «Innovare è creare un valore per la società».


Veronica Ulivieri


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