Reddito minimo garantito: ce l'hanno tutti tranne Italia, Grecia e Bulgaria

Giulia Cimpanelli

Giulia Cimpanelli

Scritto il 17 Feb 2012 in Approfondimenti

In Europa siamo tra i pochissimi a non averlo. È il reddito minimo garantito, qualcosa di molto diverso dal sussidio di disoccupazione. Riguarda infatti anche i giovani, chi cioè, nel mondo del lavoro non è ancora entrato, mentre il secondo impone che una persona abbia lavorato per un determinato periodo perché possa richiederlo e ottenerlo.
stageIl ministro Elsa Fornero ha dichiarato più volte di voler lavorare alla sua introduzione, a patto che sia inserito «in un pacchetto più ampio» di misure. Resta però ancora da capire quanto la sua convinzione possa diventare parte integrante del programma di governo.
Per ora sta di fatto che in Italia quello che può essere chiamato anche «reddito di cittadinanza» rimane un’utopia, mentre in altri Paesi europei è una realtà radicata.
In Gran Bretagna, ad esempio, a partire dai 18 anni chi non ha un’occupazione o lavora meno di sedici ore a settimana ha diritto al cosiddetto income-based jobseeker's allowance. In pratica qualsiasi maggiorenne in cerca di lavoro si può iscrivere a un Jobcentre governativo (quello che in Italia è chiamato ufficio di collocamento); finchè l’ufficio non gli trova un lavoro, per un massimo di 182 giorni, può godere di un sussidio sociale settimanale che va dalle 53 alle 105 sterline [da 250 a poco più di 500 euro al mese], in base all’età e allo stato civile.
Nel 2005 nel Regno Unito il 1,8 % della popolazione in età lavorativa percepiva il reddito minimo garantito (Minimum wage statistics, European Commission, Eurostat).
Si chiama Revenu minimum d'insertion (Rmi) il reddito minimo garantito vigente in Francia ed è destinato a stagechi ha più di 25 anni ed è senza un lavoro o percepisce uno stipendio al di sotto di una soglia minima. La misura consiste in un’integrazione del reddito di circa 425 euro mensili ma il contributo è variabile e, per esempio, sale nel caso di coppie con figli a carico (in tal caso può arrivare a superare i mille euro). Dal 2009 il l’Rmi è stato sostituito dal Revenu de solidarité active (Rsa) che garantisce 466 euro mensili a persone senza reddito sopra i 25 anni. Nel 2005 in Francia il 16,8% della popolazione francese in età lavorativa percepiva tale sussidio (Minimum wage statistics, European Commission, Eurostat).
Non solo reddito minimo: l’Arbeitslosengeld tedesco garantisce a chi ha più di 16 anni e meno di 65, ed è senza lavoro, anche le spese d’affitto e di riscaldamento. La quota base ammonta a 299 euro per cittadini fino a 24 anni e 374 per chi li ha superati. Ma una famiglia con due figli e padre disoccupato può sorpassare i 1.665 euro al mese. Durante il periodo in cui si riceve il sussidio si è ovviamente obbligati ad accettare offerte di lavoro.
Ancora più generoso il sistema norvegese. Nel Paese scandinavo lo stato sociale offre ai suoi cittadini lo Stonad til livsopphold, una sorta di «reddito di esistenza», senza limiti di età che garantisce un importo mensile di circa 500 euro. Senza particolari restrizioni, è vero. Ma se la Norvegia è uno dei pochi Paesi ad avere oggi un’organizzazione funzionale è anche perché lo stato è sì assistenziale, ma non fa elemosina a nessuno. Dunque a chi ha la concreta possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro il sistema non garantisce il sussidio. Il Paese scandinavo ha un occhio di riguardo particolare nei confronti delle ragazze madri a cui, oltre al reddito minimo, garantisce le spese per il mantenimento del bambino, quelle d’affitto e per terminare gli studi, in modo che la scelta di tenere o meno il figlio non sia dettata da motivazioni di carattere economico.
stageUna qualche forma di reddito minimo esiste oggi in tutti i Paesi dell’Unione Europea, con esclusione del nostro, della Grecia e della Bulgaria. Sono ben quattro i provvedimenti comunitari che sollecitano questa misura di politica sociale; il primo è del ‘92 ed è una «raccomandazione» del Consiglio europeo sulle politiche di protezione sociale. L’ultimo è un documento della Commissione del 2008, relativo «all’inclusione delle persone fuori del mercato del lavoro». Le norme che i vari stati si sono dati sono differenti così come gli effetti che hanno prodotto. L’Inghilterra, l’Olanda, la Germania e i Paesi scandinavi sono quelli che hanno attuato politiche di inclusione sociale ed economica da più lungo tempo e con esiti più apprezzabili.
Nel settembre 2010 lo European anti poverty network ha steso un progetto internazionale in tema di «minimum income» che parte con l’asserzione: «Un reddito minimo garantito per una vita dignitosa è un diritto fondamentale e un prerequisito per sradicare povertà ed esclusione sociale» e prosegue: «contraddicendo la raccomandazione adottata dal Concilio nel 1992 la maggior parte degli schemi esistenti di reddito minimo garantito non assicurano un’entrata adeguata per tutti. In alcuni Paesi non ci sono nemmeno». E l’Italia è uno di questi. L’Ente europeo ha dunque prodotto una serie di proposte per attivare una direttiva europea in fatto di reddito minimo garantito. Ma per ora, a un anno dalla sua stesura, nulla si muove.

Giulia Cimpanelli

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