Diritto al lavoro, il progetto che dice agli studenti: “Seguite le vostre attitudini e avrete successo”

Irene Dominioni

Irene Dominioni

Scritto il 10 Set 2017 in Approfondimenti

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«Che cosa vuoi fare da grande?» si chiede sempre ai bambini. Le risposte sono quelle note: chi da piccolo non fantasticava di diventare calciatore o ballerina, veterinario, pilota o vigile del fuoco?Roberto Vaccani Sia che questi sogni si avverino oppure no, sapere sul serio che cosa si vuol fare da grandi è comunque una consapevolezza a cui «si arriva davvero solo quando si inizia a lavorare» afferma Roberto Vaccani, docente alla Sda Bocconi, consulente organizzativo e coordinatore del progetto “Diritto al lavoro - percorso attitudini” della Fondazione Roberto Franceschi onlus. Il programma, attualmente all’avvio della sua undicesima edizione, coinvolge i ragazzi delle scuole superiori in un percorso alla scoperta delle proprie inclinazioni, offrendo un servizio di orientamento preliminare verso un mondo del lavoro che, oggi più di ieri, richiede flessibilità, intraprendenza e creatività.

Da molti anni la Fondazione Franceschi, nata in memoria del giovane Roberto,  ucciso durante una manifestazione studentesca nel 1973, si dedica ad attività di sostegno ai giovani, offrendo finanziamenti di ricerca e borse di studio e organizzando convegni e attività per contrastare l’emarginazione sociale.


Il percorso attitudini si rivolge a studenti di terza e quarta superiore nell’area di Milano ed è volto, oltre a fornire loro strumenti di autoanalisi per scoprire i propri punti di forza e le proprie debolezze, anche ad accrescere in loro questa consapevolezza: «oggi è possibile cambiare mestiere molto più che una volta, e in futuro le persone faranno mestieri che ancora non esistono» dichiara Vaccani. «L’ingresso nel mondo del lavoro sta diventando sempre più difficile: non è lui a cercarvi, siete voi a doverlo cercare. Il mercato è più ricco e disordinato, ma questo disordine è vitale», dice ai ragazzi.

Se prima la carriera si muoveva su binari ben precisi, quindi, oggi questa linearità non può più essere data per scontata e, se da un lato conduce alla frammentarietà delle esperienze lavorative, dall’altro può - e deve - essere presa come un’occasione di sperimentazione e di acquisizione di competenze trasversali. «La scoperta delle proprie attitudini diventa un aspetto fondamentale della conoscenza di sé e delle proprie potenzialità per non sentirsi esclusi ed emarginati», specifica il testo programmatico del progetto, che inoltre ha l’obiettivo di studiare quali strumenti possano contribuire a contrastare l’abbandono e la dispersione scolastica.

Il percorso si sviluppa in moduli laboratoriali di 30 ore (più una sessione formativa di 20 ore destinata agli insegnanti e la possibilità di accedere a sessioni multimediali di auto-formazione) e prevede la realizzazione, da parte degli stessi studenti insieme ai propri compagni e professori, di interviste video (disponibili sul canale YouTube della Fondazione) sul tema delle attitudini. ragazzo percorso attitudini«Perché hai scelto questa scuola? Quali sono i tuoi hobby? Preferisci ragionare con calma o decidere rapidamente? Sei più ordinato o disordinato?», si chiedono l’un l’altro i ragazzi, a cui viene data così la possibilità di acquisire anche nuove competenze tecniche (l’uso delle videocamere e il montaggio delle interviste è realizzato attraverso un approccio di peer education in collaborazione con l’istituto Itsos Albe Steiner di Milano). Ciascuno risponde a modo proprio in tono scherzoso e senza imbarazzo. Hanno tutti ancora uno o due anni di scuola di fronte a sé, ma pensano già in avanti. Molti sono indecisi se, una volta finite le superiori, andare all’università oppure iniziare subito a lavorare. Coscienti delle difficoltà del mondo del lavoro attuale, praticamente tutti condividono però la stessa aspirazione: trovare un lavoro che consenta loro di ottenere la stabilità economica.

Alla domanda «quale lavoro vorresti fare?», le risposte sono tra le più diverse. C’è chi desidera fare l’avvocato e chi sogna di aprire un locale underground, chi intende lavorare nel turismo e chi nel marketing, fino a quello che, davanti alla videocamera in completo bianco e papillon, dichiara convinto: «mi sono sempre immaginato a lavorare in un bar al 42esimo piano di un grattacielo a New York». Pensano in grande e dalle interviste emerge come, nell’immaginare il proprio futuro, la questione della piacevolezza del lavoro rimanga per loro preponderante rispetto ad altri aspetti. Un concetto che anche Vaccani tiene a sottolineare: «le attitudini sono la polpa del lavoro, sono inerenti a ciò che piace e sono ciò che dà qualità. Le competenze, invece, sono la buccia, quello su cui è incentrata l’istruzione, che però è variabile e non finisce a scuola». E’ questa consapevolezza a consentire il «deragliamento intelligente», come lo definisce Vaccani, del proprio percorso dalle competenze che non sono attitudinali verso ciò che lo è. Perché, in fondo, «lavoro e vita sono la stessa cosa» e quindi imparare a conoscere se stessi, in modo da individuare le proprie aspirazioni consapevolmente e abbracciarle il prima possibile, è fondamentale.

Ai più meritevoli e svantaggiati tra gli studenti partecipanti, la Fondazione riserva la possibilità di accedere ad una borsa di studio del valore di 18mila euro
, erogata in collaborazione con la Fondazione Isacchi Samaja onlus e Ubs, in vista dell’iscrizione all’università. Cristina FranceschiFinora sono state assegnate sei borse ad altrettante ragazze che hanno scelto corsi di laurea in Lingue, Ingegneria informatica, Mediazione ed interpretariato, Economia e gestione aziendale, Economia e legislazione d’impresa e Progettazione dell’architettura. «Tutte le borsiste sono seguite e supportate assiduamente dal nostro tutor nel loro percorso universitario» dichiara Cristina Franceschi, presidente della Fondazione.

Per tenere traccia dell’impatto qualitativo del progetto, all’inizio del percorso e all’inizio dell’anno scolastico successivo agli studenti viene somministrato un questionario
, le cui risposte vengono poi raccolte in un report conoscitivo che dà conto della percezione e delle aspettative dei giovani rispetto a se stessi e al proprio futuro. Inoltre, dichiara la Franceschi, «in tutte e dieci le precedenti edizioni il coinvolgimento degli studenti è aumentato durante lo svolgimento del percorso; il cambiamento è spesso rilevato nei soggetti più fragili, e questo è ciò ci ha spinto a portare avanti il progetto e portarlo nelle scuole dove maggiore è il disagio sociale». Per l’edizione di quest’anno è già confermata la presenza degli istituti Gentileschi, Marconi e Itsos Albe Steiner di Milano, e la Fondazione si sta attivando, in collaborazione con Afol Metropolitana e Randstad, per riuscire a portarlo anche in altre città o regioni.


«Il lavoro è il primo diritto sociale alla base di tutti gli altri diritti, alla base della nostra vita, della nostra dignità, del nostro contributo alla società, della nostra realizzazione. Questo spiega perché continuiamo ad andare nelle scuole a parlare di lavoro» conclude la Franceschi. «Niente come il lavoro è una finestra che ci svela chi ci sta vicino. Non è raro che pensavamo di conoscere un amico, un genitore, o anche un figlio finché un giorno ci capita di vederlo lavorare e improvvisamente scopriamo che ci era rimasta nascosta una dimensione essenziale della sua persona». I ragazzi hanno ancora molto da scoprire su di sé, ma sarà soprattutto nel contesto lavorativo che vedranno emergere la propria vera natura. Saper individuare i propri talenti è un compito difficile, ma non c’è da aver paura, rassicura Vaccani: «non è mai tardi per compiere un deragliamento intelligente».

Irene Dominioni

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