L'informatica è un'opportunità per trovare lavori interessanti e ben pagati, ma i giovani non lo sanno

Ilaria Mariotti

Ilaria Mariotti

Scritto il 08 Feb 2020 in Approfondimenti

Informatica mismatch domanda / offerta di lavoro occupazione femminile STEM

Attorno all'informatica ruotano i mestieri del futuro e si concentra il maggior numero di opportunità professionali del momento, eppure i giovani italiani – soprattutto le ragazze – sono restii a studiarla. Se però lo avessero saputo prima di iniziare le superiori o l'università, allora avrebbero «considerato con più attenzione questa possibilità». A dichiararlo è una percentuale enorme di giovani, pari a circa un terzo degli intervistati (il 36% delle ragazze e il 29% dei ragazzi) nell'ambito del sondaggio commissionato all'Osservatorio giovani dell'Istituto Toniolo da questa testata e da Spindox, società di consulenza informatica e aderente all'RdS network.

Duemila ragazzi tra i 20 e i 34 anni sono stati ascoltati per scoprire “perché i giovani italiani non studiano informatica” benché «ogni anno la richiesta di professioni nel settore Ict cresca mediamente del 26%, con picchi del 90% per nuove professioni come Business analyst e specialisti dei Big data», come si legge in una delle domande della ricerca. Dunque, un terzo del campione esprime una sorta di rimpianto a non aver saputo prima quante opportunità professionali fossero legate alle competenze informatiche: a tornare indietro sarebbero soprattutto le donne tra i 26 e i 34 anni, nella fase in cui si è nella ricerca attiva di un lavoro «e ci si rende conto della mancanza di opportunità», è il commento del demografo e curatore del rapporto Giovani Alessandro Rosina [nella forto in alto], alla presentazione romana dell'indagine, alla Camera dei deputati, coordinata dalla giornalista Rosario Amato.

Figure, quelle in campo informatico, per lo più introvabili: «Il mismatch è drammatico e rappresenta un freno alla crescita della nostra azienda» conferma Paolo Costa [nella foto sotto], fondatore e partner di Spindox. «Ed è un problema di tutto il settore». Principale indiziato è la scuola. «La 'distanza' tra giovani e informatica inizia lì» è la conclusione del rapporto: «Agli studenti delle scuole medie e soprattutto delle superiori non viene spiegato abbastanza bene quanto siano preziose e richieste le competenze informatiche dal mercato del lavoro».

Anche perché «l'informatica non è solo una materia da studiare, ma un mezzo con cui a scuola si dovrebbe insegnare tutto» è il parere di Anna Ascani [nella foto a destra], viceministra alla Scuola, che nel 2018 aveva sottoscritto il Patto per lo stage impegnandosi a sostenere le battaglie della RdS per migliorare la condizione occupazionale dei giovani. Oggi si dice impegnata «nell'estensione del Piano nazionale scuola digitale per arrivare a quota 8mila scuole». Ma per farlo non c'è più bisogno di ulteriori riforme «che si sono rincorse negli anni restando però ancorati al sistema delle lezioni frontali». Bisogna invece puntare in primis «sulla formazione degli insegnanti, perché è inutile portare strumenti se poi non c'è formazione sul tema». Il personale «deve essere in grado di far capire che le competenze informatiche sono fondamentali». E che oggi, prosegue Ascani, «ci si può dire alfabetizzati solo sapendo leggere, scrivere e programmare».

Il punto centrale è partire da subito, dalla primaria, «introducendo già da lì il coding di base». Perché poi quando i ragazzi arrivano all'università, pur scegliendo informatica, «è già troppo tardi» secondo Costa. Per capire di cosa si ha bisogno nell'Information Technology si deve potenziare la formazione di base, non basta l'ora di informatica che è talvolta prevista nelle scuola, troppo poco per far appassionare i ragazzi «e far capire che uno sviluppatore di software è anche un creativo»

A pesare più di tutti sul mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro nel settore informatico sono gli stereotipi di genere, «che disegnano l'informatica come cosa da maschi» illustra la ricerca, da cui si apprende che quattro ragazzi su dieci (38,8%) sono convinti della «superiorità» del proprio genere in campo informatico. A cui si accompagna un quinto di donne che si dichiara d’accordo con l’affermazione che le donne siano meno portate dei maschi a studiare informatica. E il paradosso è che tra i ragazzi non si riscontra, come si potrebbe pensare, una percezione dell'informatica come materia noiosa o troppo difficile: a pensarlo è solo il 34% degli uomini e il 30 delle donne.

Anzi esiste anche una certa consapevolezza sull'utilità dell'informatica per trovare maggiori opportunità di lavoro e a migliori condizioni. «Studiare informatica permette di accedere a lavori meglio retribuiti per il 68% degli uomini e il 66% delle donne e consente di trovare lavoro in modo piu rapido per il  67% degli uomini e il 63% delle donne».

Ne hanno contezza insomma, ma forse sanno poco di quali lavori si tratti realmente. «Troppo spesso si scelgono i mestieri dei genitori per assenza di conoscenza» rincara la dose Massimo Ungaro [nella foto a destra], deputato di Italia Viva, anche lui sottoscrittore del Patto per lo stage 2018 insieme a Ascani. «Se si facesse programmazione ci metteremmo in pari con tanti paesi europei» fa sapere. «Tra questi per esempio la Francia, che ha rivoluzionato il sistema dei licei introducendo una impostazione più scientifica». La matematica «è lì considerata una materia che mette tutti sullo stesso livello, abbattendo il vantaggio che può avere il figlio di una famiglia abbiente che può magari contare su una biblioteca a casa più fornita». Non a caso «l'Ocse ci mette all'ultimo posto per la mobilità sociale, e anche per la spesa sui giovani».

Al governo, assicura, è in corso una inversione di tendenza per migliorare la condizione giovanile, per esempio con l'istituzione di una Agenzia nazionale della ricerca, la riformulazione della legge Controesodo. E poi sono allo studio misure «sui minimi salariali e ancora su un decreto giovani per l'allocazione di risorse per i giovani adulti che decidano di cambiare percorso».

È proprio tra i 30-34enni che l'Italia registra il maggiore numero in assoluto in Europa di Neet, «i meno giovani che avremmo dovuto formare per essere ancora vincenti e produrre benessere, ma non ci siamo riusciti» evidenzia Rosina. «Ora sono invece una montagna di inattivi che finora ha contato sulle famiglie di origine, ma poi cosa succederà?» si chiede. «Siamo persi se non si riuscirà a trasformarli in soggetti attivi».

Magari puntando proprio sull'informatica. Perché l'obiettivo, sottolinea Eleonora Voltolina, direttrice della Repubblica degli Stagisti, «non è che tutti studino informatica, perché ci sarà sempre bisogno di attori, musicisti o veterinari: ma non tutti hanno una grande passione alla base che li spinge verso una scelta determinata». 
A tentare l'informatica potrebbe essere allora «una grande porzione di indecisi che troverebbero così una miniera di offerte migliori rispetto alla media». Quella fetta di giovani disposta a tornare sui propri passi rappresenta «una prateria di opportunità per raddrizzare la situazione», investendo molto più di ora in orientamento e formazione.

Ilaria Mariotti

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