Al termine del discorso pronunciato da Mario Monti al Senato per ottenere la fiducia, viene naturale un'esclamazione: finalmente!
Non ne facciamo un caso politico, nel senso di contrapposizione tra partiti, tra destra e sinistra, ma realmente gli intenti del professore sembrano esprimere ai più alti livelli istituzionali il grido nel deserto che da anni risuona attraverso il paese, sia dei giovani che - ebbene sì - delle aziende. Il grido del buon senso, la denuncia delle irrazionalità sempre più stridenti alle quali assistiamo giorno dopo giorno, che hanno portato all'antipolitica, alla sfiducia totale nelle nostre istituzioni, e dunque nella possibilità di cambiare il nostro futuro.
Per quanto riguarda le tematiche che tratta il nostro giornale, sembrerebbe che questo nuovo governo abbia percepito, pur essendo - come rileva Alessandro Rosina nel suo editoriale di questa mattina - di una generazione anziana rispetto alla fascia di maggiore sofferenza sociale del paese, che la «questione giovani» è assolutamente prioritaria. Prioritaria perché riguarda non solo i giovani stessi, ma è il freno principale allo sviluppo in generale. Prioritaria perché è l'emblema più doloroso dell'iniquità che si è andata formando in questo paese nei ultimi decenni, dove sono stati sempre difesi i diritti acquisiti a scapito di quelli a venire. Prioritaria perché ricomprende tutte le tematiche sociali del momento - anche la natalità tra le più basse del mondo, e il lavoro femminile incredibilmente sottosviluppato. Perché fino a prova contraria sarebbero i giovani a dover fare figli in una società.
E non pensiamo che questa piaga della precarietà delle giovani generazioni sia stato un fattore positivo per le aziende - serie, ovviamente: furbi esclusi. Al contrario: il valore principale di una realtà imprenditoriale che si rispetti sono le risorse umane, e la precarizzazione dilagante ha fortemente indebolito negli anni le aziende italiane. In piena crisi esse non hanno più avuto le risorse economiche per firmare contratti troppo onerosi, ma d'altra parte - in mancanza di leggi adeguate - non hanno potuto disporre di un inquadramento che permettesse loro di investire correttamente sui nuovi assunti, e si sono viste in un certo senso costrette a rendere ancora più instabile il lavoro. E il circolo vizioso persiste.
Dunque l'annuncio di Monti di adottare sostanzialmente un contratto unico per i giovani è una vera rivoluzione. Riuscendo a disegnare un'architettura legislativa che consenta ai giovani di entrare nella società con pari dignità, ovvero con la possibilità di guadagnarsi un salario che li renda indipendenti e che li tuteli nel loro sviluppo professionale fino alla pensione, libereremo finalmente una intera generazione - se non due o tre -. Così si fa crescere un paese. Solo in presenza di regole chiare, condivise, e che tutelino entrambe le parti si potrà innescare un circolo virtuoso.
Lo aspettavamo da anni, ora speriamo che si realizzi. E anche al più presto.
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