Elena Lanzi, 29 anni, è venuta a sapere dell’esistenza della borsa di studio per il notariato sul sito del Consiglio nazionale dell’Ordine. «Ho letto il bando, ho verificato i requisiti di merito, età e reddito e ho visto che ero ancora in tempo per fare domanda», racconta. La richiesta di partecipazione ha dato i suoi frutti: Elena rientra infatti tra i 30 vincitori (su 190 partecipanti) cui spetta una borsa pari a 14.400 euro lordi annui, rinnovabile per tre anni. Si è laureata giovanissima (a soli 23 anni) alla Bocconi di Milano con 110 e lode; per pagarsi gli studi ha lavorato come receptionist presso un albergo ed ha ottenuto per due anni una borsa di studio messa in palio dall'ateneo. Tra studio, lavoro e pratica notarile è riuscita ugualmente a coltivare la sua passione per la letteratura («narrativa tedesca e inglese. Adoro Mann e Dickens, ho letto tutte le loro opere!») e per la pallanuoto.
Ci può raccontare la sua esperienza con il praticantato e con la borsa notarile?
Il mio è un caso particolare: ho già terminato i due anni di praticantato e ho sostenuto l’esame scritto in due distinti concorsi. La borsa di studio mi ha aiutato a pagare la retta della scuola specialistica notarile e mi dà la possibilità di studiare con più serenità. I tempi per accedere alla professione, infatti, sono molto lunghi. Il primo concorso al quale ho potuto partecipare si è svolto nel 2007, due anni dopo la fine della mia pratica. Il secondo, invece, l’ho sostenuto a marzo del 2009, quando i risultati degli scritti precedenti non erano ancora usciti.
Quindi, dopo più di un anno, ha partecipato al secondo concorso senza conoscere i risultati di quello precedente? Sostenendo costi doppi d’iscrizione e senza sapere, eventualmente, cosa avesse sbagliato alla prima occasione per potersi preparare meglio?
Esattamente. I tempi di correzione sono molto lunghi, si tratta di un’anomalia di sistema che a conti fatti presenta questi inconvenienti. Alla fine ho scoperto di avere superato gli scritti del primo esame e mi sto preparando per l’orale.
Come è andata, invece, la sua pratica nello studio notarile?
Bisogna premettere che ci sono due tipi di esperienza: in un caso, i praticanti svolgono a tutti gli effetti un lavoro che si potrebbe quasi definire come impiegatizio ed è spesso retribuito come tale. In altri, si appoggiano allo studio per studiare, vedere come si lavora, esaminare le questioni che vengono poste al notaio, in un’ottica di formazione più teorica generalmente priva di remunerazione. Questo è anche il mio caso e devo dire che ne sono rimasta soddisfatta: il periodo trascorso nello studio mi ha consentito di prepararmi al meglio.
Cosa l’ha spinta a intraprendere questo percorso?
Non ho notai in famiglia, mi appassiona la giurisprudenza e penso che la professione del notaio mi si addica, anche dal punto di vista caratteriale. Ovviamente la prospettiva di guadagni elevati in futuro ha un suo peso, ma in modo molto equilibrato: il notariato non è diverso da altre libere professioni, si può decidere quanto lavorare e di conseguenza quanto guadagnare, ritagliandosi il giusto spazio per la vita privata. Certo, gli anni di studio sono tanti e mettono a dura prova motivazioni, interesse, obiettivi e priorità. Anche per questo, però, ritengo che il praticantato sia un periodo di grande crescita interiore.
Andrea Curiat
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