Peter Pan non per scelta ma per forza: nelle pagine di «Gioventù sprecata» i motivi che impediscono ai giovani di diventare adulti
13 anni, 10 mesi fa di Annalisa Di Palo
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«Mandiamo i bamboccioni fuori di casa», tuonava nell'ottobre 2007 l'ex ministro dell'economia Tommaso Padoa-Schioppa davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato. Definizione discutibile ma concetto valido: arrivata una certa età, bisogna fare un bel passo in avanti e superare la linea che separa i giovani dagli adulti. Ma perché in Italia si fatica a diventare grandi? Se lo chiedono l'economista Marco Iezzi e la giornalista Tonia Mastrobuoni nel sottotitolo del loro libro «Gioventù sprecata» (Laterza, collana Robinson; a destra, …
Annalisa Di Palo
13 anni, 10 mesi fa
Caro James 12390, non capisco bene a cosa ti riferisci parlando dell'uso di "aggettivi senza alcuna cognizione di causa" (e te ne sarei grata se me lo potessi spiegare) ma vengo ai punti principali del tuo intervento. "Analizzare meglio la questione" giovani-lavoro è esattamente ciò che fa il libro, partendo dalla premessa - e rispondo al tuo "si rimane a casa perché lo si vuole" o perché si deve? - che non si tratta più solo di un fenomeno culturale, ma di una concomitanza di fattori, di realtà oggettive, che insieme costituiscono oggi una vera e propria emergenza sociale, come dico nell'articolo. Il fattore culturale è innegabile, sia nell'attaccamento dei ragazzi italiani alle loro famiglie - da cui il famoso "bamboccioni" - sia nella difficoltà dei genitori a lasciar andare i propri figli. Ma in quest'ultimo caso oggi non è raro che si consumi una specie di ricatto, per cui i figli "subiscono" una convivenza prolungata con i genitori "chioccia" in cambio di una vita comoda, non essendoci all'esterno le condizioni per staccarsi dal nucleo familiare. E il libro le analizza una ad una. Se ci fossero, non importa quanto convincenti gli inviti dei genitori a desistere - anche se personalmente mi sento di limitare di molto la portata del fenomeno rispetto a quanto fai tu - le cose girerebbero diversamente. E, per quel che riguarda i giovani, sono convinta che da parte loro ci sia voglia e coraggio sufficienti per iniziare a camminare sul serio sulle proprie gambe. Ciò che manca è una struttura lavorativa e sociale che renda fattibile il cammino.
Annalisa
james12390
13 anni, 10 mesi fa
Piuttosto che utilizzare aggettivi senza alcuna cognizione di causa, bisognerebbe analizzare meglio la questione cercando di capire se si rimane a casa perchè lo si vuole o perchè comunque non vi sono grosse possibilità di trovare un lavoro stabile.
Detto questo mi preme sottolineare un aspetto culturale prettamente italiano, del rimanere in casa con i genitori fino a tardi, al di là delle effettive possibilità lavorative che ci sono o meno. Quindi non è una colpa che hanno totalmente i giovani, ma anche i genitori che cercano di far desistere i figli dall'andare fuori casa (nella mia esperienza non ho mai trovato un genitore che dice al figlio di andare fuori a lavorare, in un altro paese/città ecc)
Concludo dicendo che ciò non giustifica affatto chi rimane a casa anche se non più giovanissimo, ma cerca di spiegare un fenomeno tipico italiano che raramente si presenta in altri paesi europei.
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