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Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero

13 anni, 10 mesi fa di Alessandro Rosina

Link all'articolo originale: Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.In termini di spazi e di opportunità per i giovani, esiste un’Italia di serie B e una di serie C. La prima è sostanzialmente collocata nel Nord, la seconda …

Mvagnoni

13 anni, 10 mesi fa

Io mi chiedo se ci rendiamo conto di quello che sta succedendo. Quasi un'intera generazione tagliata fuori dalle attività vitali del Paese, in quasi tutti i campi; tante energie perse, sprecate...
Io credo che una situazione del genere non si sia mai verificata: tutte le attività lavorative svolte da adulti, vecchi, ormai stanchi e demotivati e ai quali viene addirittura posticipata ancora la pensione (e attività svolte molto spesso male, per via della frustrazione di una vita intera di lavoro non gratificante); e i giovani a spasso, a bruciare i loro anni migliori nell'inattività o quasi, ad abbrutirsi. E un Paese che va in malora, di conseguenza. Una cosa simile è contro natura, è inaudita.
Mi viene da pensare, ma è un pensiero chiaramente non di uno specialista, che per uscire da questa situazione sarebbe realmente utile dare più spazio all'iniziativa personale. Liberalizzare quindi, ma sul serio, poichè i nostri mali derivano dal fatto che tutti gli strumenti e il potere sono concentrati nelle mani di pochissimi. E una liberalizzazione che non significhi anarchia, ma uscita dalle oligarchie attuali.
Saranno pensieri ingenui, ma se nel nostro Paese tantissime cose non funzionano, e dall'altra parte c'è un esercito di persone che vorrebbe spendersi, mettere a frutto la propria preparazione e la propria voglia di fare, perchè non far incontrare le due cose? Perchè dobbiamo sempre dipendere da un padrone che ci conceda di poter lavorare (per lui, e non per la collettività, in sovrappiù)?
Sono questioni delicatissime, e, come sempre, politiche. Me ne rendo conto.

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