Prospettive per i giovani, in Italia si gioca solo in B e C. Per la serie A bisogna andare all'estero
14 anni, 3 mesi fa di Alessandro Rosina
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Il punto di vista di un outsider che invita i giovani a riappropriarsi del loro futuro: con questo nuovo editoriale Alessandro Rosina, 40 anni, docente di Demografia e autore insieme a Elisabetta Ambrosi del bel saggio Non è un paese per giovani (Marsilio) prosegue la sua collaborazione con la Repubblica degli Stagisti.In termini di spazi e di opportunità per i giovani, esiste un’Italia di serie B e una di serie C. La prima è sostanzialmente collocata nel Nord, la seconda …
Mvagnoni
14 anni, 3 mesi fa
Io mi chiedo se ci rendiamo conto di quello che sta succedendo. Quasi un'intera generazione tagliata fuori dalle attività vitali del Paese, in quasi tutti i campi; tante energie perse, sprecate...
Io credo che una situazione del genere non si sia mai verificata: tutte le attività lavorative svolte da adulti, vecchi, ormai stanchi e demotivati e ai quali viene addirittura posticipata ancora la pensione (e attività svolte molto spesso male, per via della frustrazione di una vita intera di lavoro non gratificante); e i giovani a spasso, a bruciare i loro anni migliori nell'inattività o quasi, ad abbrutirsi. E un Paese che va in malora, di conseguenza. Una cosa simile è contro natura, è inaudita.
Mi viene da pensare, ma è un pensiero chiaramente non di uno specialista, che per uscire da questa situazione sarebbe realmente utile dare più spazio all'iniziativa personale. Liberalizzare quindi, ma sul serio, poichè i nostri mali derivano dal fatto che tutti gli strumenti e il potere sono concentrati nelle mani di pochissimi. E una liberalizzazione che non significhi anarchia, ma uscita dalle oligarchie attuali.
Saranno pensieri ingenui, ma se nel nostro Paese tantissime cose non funzionano, e dall'altra parte c'è un esercito di persone che vorrebbe spendersi, mettere a frutto la propria preparazione e la propria voglia di fare, perchè non far incontrare le due cose? Perchè dobbiamo sempre dipendere da un padrone che ci conceda di poter lavorare (per lui, e non per la collettività, in sovrappiù)?
Sono questioni delicatissime, e, come sempre, politiche. Me ne rendo conto.
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