Tutti geni i neolaureati italiani? Nuovi dati Almalaurea: alla specialistica il voto medio è 108, con punte di 111 per le facoltà letterarie
13 anni, 5 mesi fa di Eleonora Voltolina
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Tutti geni gli studenti universitari italiani? La provocazione parte dal Forum della Repubblica degli Stagisti, dove qualche settimana fa il lettore Lucecco ha aperto una discussione dal titolo «28 politico? No grazie!». Puntando il dito contro gli esamifici che sfornano 30 e lode immeritati, col risultato che poi tutti si laureano con 110 e quindi anche i selezionatori del personale non trovano nel voto un valido sistema per scremare i curricula. Una sorta di doping del mercato dei laureati.Qualche giorno …
kalinyxta
13 anni, 5 mesi fa
Ma tutto questo vale poco se per un posto di lavoro ormai viene richiesta una specializzazione estrema, come se uno dovesse già saper fare tutto uscendo dall'universita -che un laureato umanista certamente non ha, o ha ancor meno degli altri. Anzi, se non fai altre esperienze di altro tipo parallele alla laurea vieni visto come un topo di biblioteca, buono solo a studiare ma inadatto a fare alcunchè; per cui laurearsi in tempo diventa difficile.
Quanto al diplom dell'archivio di stato, io non so a quale epoca ti riferisci ma io l'avevo iniziato, quattro anni fa, salvo che ci misero subito in chiaro che non aveva più alcun valore nei concorsi e più o meno la tipologia di corsisti più diffusa erano i pensionati che lo facevano evidentemente per passare il tempo.
tajoli
13 anni, 5 mesi fa
Da ormai andato laureato umanistico, la cosa era già evidente negli anni 90.
Mi sento di suggerire una soluzione, per me ha funzionato:
In pratica alzate il tiro di quanto fate, e se 110 e' scontato allora:
1)puntare al 110 e lode
2)5 anni per triennale + specialistica
3)laurea alla sessione di giugno
4)con prof. pignolo per fare un lavoro serio
5)se siete in ambito storico / filologico fate anche il diploma dell'archivio di stato. Uno dei pochi titoli post-superiori non universitari e per questo si puo' fare un parallelo all'uni. Dal punto di vista dei punteggi e' quasi una seconda laurea.
Poi evidenziate tutto questo nel CV.
584042
13 anni, 5 mesi fa
Credo che il voto di laurea conti solo fino a un certo punto nei criteri di valutazione dei selezionatori anche perchè date le molteplici riforme universitarie non tutti capiscono effettivamente cosa si è studiato o che differenza c'è tra uno studente VO e uno della magistrale.
La mia triennale era a numero chiuso e la specialistica con soglia per voto di laurea ma se si contano più o meno tredici facoltà in Italia, si è comunque in troppi. Aiuterebbe secondo me essere più onesti sulle possibilità occupazionali o magari selezionare di più nella parte finale del percorso formativo. Mi verrebbe da dire anche non di selezionare studenti professionisti ma di inserire la soluzione di casi (con difficoltà in linea con le competenze che si dovrebbero avere a quel punto del percorso) come parametro di valutazione senza aspettare di arrivare agli esami di Stato.
Durante un seminario alla specialistica ho conosciuto una ragazza Erasmus tedesca che stava facendo la mia laurea. Mi ha raccontato che le lezioni frontali come le intendiamo noi sono le eccezioni e che, nella maggior parte dei casi, durante le loro si fa attività di laboratorio, lavori di gruppo e discussioni. Ne ho fatti parecchi anche io ma ce ne vogliono ancora di più.
Premesso poi che ogni facoltà ha diversi livelli di applicazione penso che, dove si lavorerà per le aziende, queste ultime debbano collaborare seriamente con le università per far capire quali sono le competenze che cercano così evitiamo lamentele con il senno di poi.
Se ogni parte in causa si prende la sua parte di responsabiltà il sistema funziona meglio di sicuro.
kalinyxta
13 anni, 5 mesi fa
Non vorrei dire cavolate, ma questi dati mi suggeriscono interpretazioni - da prendere per quello che sono, considerazioni dettate dall'istinto. Medicina è a numero chiuso, il numero è ben calibrato e quindi è verosimile che più o meno tutti potranno trovare posto dopo; e più le votazioni sono alte, più la facoltà sarà prestigiosa (non si possono sfornare medici incompetenti, anche solo per l'apparenza; poi effettivamente è una facoltà complicata, e non tutti riescono a concluderla ma solo chi è più motivato). Al contrario, economia, giurisprudenza e ingegneria sono facoltà dove la competizione in uscita è altissima, e quindi un voto alto va effettivamente sudato. Nel mezzo ci sono le facoltà umanistiche, di cui non frega niente a nessuno perchè già si sa che la laurea sarà un pezzo di carta, e quindi che sia almeno un bel pezzo di carta.
Da laureata in filosofia, chiaramente è questo che mi sta più a cuore. Mi sconforta pensare che la passione che avevo all'inizio è stata avvilita dal vedere un generale disinteresse nei miei stessi colleghi, una noncuranza da parte dei docenti che sembravano aver definitivamente rinunciato al loro ruolo, una complessiva assoluta mancanza di senso nel macinare esamini che ci lasciavano più o meno ignoranti come prima. E' un circolo vizioso: l'università è a pezzi, la motivazione degli studenti crolla, e crolla anche il valore effettivo della laurea.
E non si può soltanto tirae in ballo la spinta e l'iniziativa del singolo, perchè va bene, ma allora l'università come istituzione educativa, come luogo di trasmissione e condivisione del sapere (che avviene sempre attraverso una relazione, non in modo solipsistico) non ha proprio più senso.
lucecco
13 anni, 5 mesi fa
Cara Eleonora, praticamente ho giá espresso il mio pensiero nel topic dal quale hai preso lo spunto per questo articolo. Aggiungo solo una cosa: vedo con profondo dispiacere che i dati del 2010 non vanno nella direzione "sperata". Ripeto, bello uscire tutti con 110 e lode, una super mancia da parte della nonnina é assicurata. Per qualcuno arriva persino una BMW da 30.000 euro. "Che bravo mio figlio, l´ha proprio meritata" direbbe la mammina orgogliosa. Poi a casa fino a 40 anni perché quel pezzo di carta non puó avere nessuno valore reale in mezzo alla moltitudine dei 110 e lode. Unica speranza...i giovani ricercatori di 35 anni che incontro nella mia facoltá dovrebbero aver capito alla perfezione questa distorsione. Siamo nelle loro mani per una seria riforma culturale dell´universitá.
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