Veterinari tirocinanti

10 anni, 9 mesi fa di AllyB

Ciao a tutti, mi chiamo A.B,
Ci terrei ad apportare la mia testimonianza per dar voce alla categoria professionale a cui appartengo ossia quella dei medici veterinari.
Mi sono laureata lo scorso luglio e, subito ho cercato di acquisire un po’ di esperienza nel mio mestiere: il modo migliore mi è sembrato quello di effettuare uno stage in una clinica veterinaria.
La necessità di fare uno stage deriva dal fatto che purtroppo, durante il corso di studi, il tirocinio curriculare non costituisce un’esperienza pratica sufficiente per poter affrontare il mondo del lavoro, una volta laureati: il periodo di tempo è limitato, spesso vi è sovraffollamento di studenti, ma, cosa più grave, non vengono assolutamente fornite le conoscenze PRATICHE utili per affrontare il mondo del lavoro.
Ne consegue che si esce laureati con scarsissima manualità clinica, insufficiente conoscenza dei farmaci più usati e dei loro dosaggi, incapacità di gestire un caso clinico.
Tutto questo è avvilente per un giovane laureato che si sente chiamare “dottore” e tale non si sente perché NON ha una reale competenza pratica in un mestiere dove il SAPER FARE è tutto.
In queste condizioni sono entrata nel mondo delle cliniche veterinarie.
Inizialmente sono partita con molto entusiasmo: finalmente vedevo davanti a me realizzarsi in pratica tutto quello che avevo studiato, potevo visitare gli animali quando erano ricoverati in degenza, seguirli in tutto il loro iter dall’entrata col ricovero fino alle dimissioni.
In generale, dal punto di vista formativo, per me è stata un’esperienza fondamentale; tuttavia ci tengo a far presente anche gli aspetti negativi della gestione dello “strumento del tirocinio offerto ai neolaureati” da parte delle cliniche veterinarie.
Di solito si tratta di un tirocinio di sei mesi, quasi MAI retribuito, al massimo con previsto un rimborso spese, anche se rarissimo.
Il tirocinante deve effettuare un’assicurazione sugli infortuni e firmare una lettera di manleva in cui, in primo luogo, solleva il proprietario della clinica da qualsiasi responsabilità in caso di infortunio, in secondo luogo dichiara che non avrà mai nulla a pretendere come retribuzione.
Da parte sua il proprietario della clinica, dichiara che non avrà mai a pretendere obblighi di orario da parte del tirocinante.
Peccato che queste clausole valgano solo per il tirocinante e mai per il proprietario della clinica: spesso i tirocinanti invece di svolgere le canoniche 8 ore “lavorative” giornaliere ne svolgono almeno il doppio, restando in clinica dalla mattina presto fino alla tarda sera, non contando poi i turni di notte che vengono spesso pretesi e rarissimamente retribuiti.
In tutte queste ore è vero che si apprende, ma è anche vero che molte attività alle quali si è adibiti esulano da quella che è la pratica medica veterinaria: spesso non si viene considerati come “menti pensanti” ma come individui che hanno “due braccia e due gambe” ed il loro unico valore risiede in questo. In altre parole, la scienza medica veterinaria diventa spesso appannaggio solo dei dottori “titolari” della clinica: il tirocinante non viene considerato come una persona che ha studiato per fare il MEDICO, ma come qualcuno che è in grado solo di eseguire delle operazioni meccaniche come tenere gli animali fermi e mantenerli puliti mentre sono in degenza.
Il tirocinante diventa perciò parte del meccanismo di una macchina ben oliata che ha come scopo quello di avere personale utile a costo zero: una volta finiti i sei mesi, il “pezzo di ricambio” verrà sostituito con un altro che durerà altri sei mesi nella rarissima speranza di “entrare nell’organico”.
Ho desiderato apportare la mia testimonianza perché desidero sottolineare, come anche tanti altri hanno già fatto, che si tratta di un problema oltre che economico prima di tutto sociale: la retribuzione di uno stage non è solo una questione materiale di “portare a casa dei soldini utili”, ma significa testimoniare ad un giovane che il suo lavoro e il suo impegno sono utili: è un modo per incentivarlo ad imparare e a migliorarsi facendo in modo che la sua professione sia la massima espressione di sé stesso dal punto di vista personale. Se invece i giovani vengono considerati come “pezzi di ricambio” a costo zero, come nel caso di molte cliniche veterinaria, dove tanto un tirocinante vale l’altro, non ci sarà mai nessun progresso per il futuro di questa professione in

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